Osservatorio sulla Cassazione - Settembre 2019

La Redazione
11 Ottobre 2019

Torna l'appuntamento mensile con l'Osservatorio, una selezione delle più interessanti sentenze di legittimità depositate nel mese di Settembre.

Anche i consiglieri non esecutivi di società bancarie hanno sempre il dovere di agire informati

Cass. Civ. – Sez. I – 26 settembre 2019, n. 24081, sent.

In tema di sanzioni amministrative, il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi delle società bancarie, sancito dagli artt. 2381, commi 3 e 6, e 2392 c.c., non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacchè tutti i consiglieri devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del business bancario e, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intero consiglio, hanno l'obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi, anche ai fini dell'esercizio dei poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione. Nelle società autorizzate alla prestazione di servizi di investimento, è richiesto a tutti gli amministratori di svolgere i compiti loro affidati dalla legge con particolare diligenza e, quindi, anche in presenza di eventuali organi delegati sussiste il dovere dei singoli consiglieri di valutare l'adeguatezza dell'assetto organizzativo e contabile, nonché il generale andamento della gestione della società e l'obbligo, in ipotesi di conoscenza o conoscibilità di fatti pregiudizievoli di irregolarità commesse nella prestazione dei servizi di investimento, di assumere ogni opportuna iniziativa per assicurare che la società si uniformi ad un comportamento diligente, corretto e trasparente.

Il canone percepito da una società commerciale per l'affitto d'azienda è reddito d'impresa

Cass. Civ. – Sez. Trib. – 25 settembre 2019, n. 23851, sent.

Il canone percepito per l'affitto d'azienda da parte di una società commerciale costituisce reddito d'impresa, e non fondiario, e concorre alla formazione del reddito d'impresa e della base imponibile IRAP, come componenti positivi. È qualificabile, come reddito diverso, ex art. 67 d.P.R. n. 917/1986, il canone percepito dall'imprenditore individuale che ha locato la sua unica azienda, perché in tal caso quest'ultimo perde la qualifica di imprenditore, e non può pertanto più avvalersi dei criteri di deducibilità previsti per il reddito d'impresa rispetto ad un reddito costituito dai canoni di affitto d'azienda, i quali, in difetto di qualsiasi atto di residuata gestione, non possono considerarsi come conseguiti nell'esercizio dell'originaria impresa, cessata con il subentro del terzo.

La rilevanza della sentenza di fallimento nei reati di bancarotta

Cass. Pen. – Sez. V – 24 settembre 2019, n. 38884, sent.

Ai fini dell'integrazione dei reati di bancarotta, la dichiarazione di fallimento, al di là della sua qualificazione giuridica (ovvero, sia che la si ritenga condizione obiettiva di punibilità, sia che la si voglia considerare elemento costitutivo della fattispecie, ancorché improprio), consiste in una pronuncia giurisdizionale, risolventesi in un fatto giudizialmente accertato, - il fallimento dichiarato sulla base dell'accertamento dello stato d'insolvenza e degli altri requisiti prescritti dalla legge -, che rileva come dato di fatto di tale intervenuto riconoscimento; essa rimane un dato che nella sua storicità non è ripetibile e non è suscettibile di diversa valutazione in sede penale in quanto deputata ad attestare unicamente l'intervenuto fallimento in un determinato momento storico-giurisdizionale, ed, in quanto tale, può e deve certamente confluire nel fascicolo del dibattimento, di là della sua irrevocabilità, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 216 ss. e 238 l. fall. La sentenza dichiarativa di fallimento può essere, quindi, acquisita al fascicolo del dibattimento, nei reati di bancarotta, ai sensi dell'art. 431 c.p.p. o comunque dell'art. 234 c.p.p.

Gli utili del socio di s.r.l. non sono fonte di contributi previdenziali

Cass. Civ. – Sez. Lav. – 24 settembre 2019, n. 23790, sent.

Gli utili percepiti dal socio di s.r.l. non rientrano nella nozione di reddito di impresa e non fanno sorgere un obbligo contributivo: per i soci di società commerciali la condizione essenziale per far scattare l'obbligo contributivo, nella gestione Artigiani/Commercianti, è quella della partecipazione personale al lavoro aziendale, mentre la sola percezione di utili derivanti da una mera partecipazione (senza lavoro) in società di capitali, non può far scattare il rapporto giuridico previdenziale, atteso che il reddito di capitale non rientra tra quelli costituzionalmente protetti, per il quale la collettività deve farsi carico della libertà dai bisogni.

La società incorporata si estingue e perde la legittimazione processuale

Cass. Civ. – Sez. III – 24 settembre 2019, n. 23641, sent.

La fusione per incorporazione, pur non determinando un fenomeno successorio, correlato alla estinzione della società incorporata e alla creazione di un nuovo soggetto giuridico, la società incorporante, non consente per ciò solo la conservazione della legittimazione processuale da parte della società incorporata, se non nella misura in cui vi sia l'esigenza di tutelare l'affidamento della controparte che ignori l'avvenuta fusione.

Sul decorso della prescrizione di un diritto del socio non incide la trasformazione della società

Cass. Civ. – Sez. I – 16 settembre 2019, n. 22988, ord.

Nei rapporti tra soci e società di persone, il rapporto di sussidiarietà che collega la responsabilità dei soci della società di persone rispetto alla responsabilità della società non esclude la natura solidale della relativa obbligazione e la conseguente applicabilità dell'art. 1310 c.c., per cui l'atto interruttivo della prescrizione nei confronti di un socio ha effetto anche nei confronti della società, e a tali effetti la trasformazione della s.n.c. in s.a.s. non incide sui rapporti sostanziali e processuali che fanno capo alla società, atteso che tale trasformazione comporta soltanto il mutamento formale di un'organizzazione societaria già esistente, senza la creazione di un nuovo soggetto distinto da quello originario.

Nulla la delibera assunta senza previa convocazione del socio

Cass. Civ. – Sez. I – 16 settembre 2019, n. 22987, ord.

La delibera assembleare di una s.r.l. assunta in assenza di previa convocazione del socio è nulla: l'art. 2479-ter, comma 3, c.c., che considera impugnabili le decisioni prese in assenza assoluta di informazioni: tale disposizione, letta anche alla luce dell'art. 2479-bis c.c., pone come cardini per la corretta formazione della volontà sociale deliberativa sia l'informazione preventiva dei soci, in merito all'avvio del procedimento deliberativo, che l'informazione sugli argomenti da trattare.

Intestazione fiduciaria di partecipazioni: le controversie sul pactum fiduciae non rientrano nella competenza arbitrale

Cass. Civ. – Sez. VI – 13 settembre 2019, n. 22903, ord.

Rientrano nella competenza arbitrale, in base ad una clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società di capitali, solo le controversie aventi causa petendi nel contratto di società, con esclusione della controversia relativa ad un patto fiduciario tra i soci, in cui viene richiesto l'accertamento sull'effettiva titolarità della partecipazione. L'intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie, pur prevedendo l'obbligo del fiduciario di trasferirle successivamente al fiduciante, non riguarda il rapporto sociale.

Il curatore fallimentare può impugnare il sequestro preventivo

Cass. Pen. – Sez. V – 11 settembre 2019, n. 37638, sent.

In caso di sequestro preventivo successivo alla dichiarazione di fallimento, il curatore fallimentare è legittimato a impugnare il provvedimento di sequestro penale: egli, infatti, quale soggetto che amministra ed ha la disponibilità dei beni, ha sui beni fallimentare un potere di fatto corrispondente ad una relazione sostanziale, strettamente correlato alla natura ed alle funzioni, di derivazione pubblicistica, riconosciute al curatore medesimo. Tale potere è idoneo a fondare, ai sensi dell'art. 322 c.p.p., il "diritto" dello stesso curatore ad impugnare il provvedimento di sequestro preventivo.

Operazione bancaria di finanziamento e interessi usurari

Cass. Civ. – Sez. I – 6 settembre 2019, n. 22380, sent.

In tema di interessi usurari, in caso di dubbio circa la riconducibilità dell'operazione all'una o all'altra delle categorie, identificate con decreto ministeriale, cui si riferisce la rilevazione dei tassi effettivi globali medi, si devono individuare i profili di omogeneità che l'operazione stessa presenti rispetto alle diverse tipologie prese in considerazione dai detti decreti, attribuendo rilievo ai parametri normativi individuati dall'art. 2, comma 2, L. n. 108/1996, e apprezzando, in particolare, quelli, tra essi, che, sul piano logico, meglio connotino il finanziamento preso in esame ai fini della sua inclusione nell'una o nell'altra classe di operazioni; in conseguenza, tenuto conto dei rischi e della garanzia prestata, deve ritenersi che il tasso soglia fissato per il finanziamento a stato di avanzamento assistito da ipoteca sia quello previsto ratione temporis per i mutui con garanzia reale.

Anche l'amministratore di una s.p.a. può essere qualificato come pubblico ufficiale

Cass. Pen. – Sez. III – 4 settembre 2019, n. 37054, sent.

I soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l'attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica - anche solo con riguardo ad uno specifico oggetto - e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici.

I disegni allegati a una domanda di brevetto industriale non ne determinano il contenuto

Cass. Civ. – Sez. I – 4 settembre 2019, n. 22079, sent.

Ai sensi dell'art. 52, comma 2, c.p.i., la descrizione ed i disegni allegati alla domanda di concessione di un brevetto industriale valgono esclusivamente a chiarire e ad interpretare la rivendicazione, ma non possono in alcun modo determinarne il contenuto, laddove questo sia del tutto generico con riferimento all'indicazione dei limiti della protezione.

Ai fini di chiarire ed interpretare il contenuto di una o più rivendicazioni principali (indipendenti), non può farsi ricorso alla descrizione relativa ad una rivendicazione subordinata, diversa da quelle indipendenti.

È affetta da nullità, ai sensi dell'art. 76, comma 1, c.p.i., la rivendicazione principale il cui contenuto, del tutto generico, non possa essere interpretato neppure mediante il ricorso alla descrizione ed ai disegni allegati alla domanda di concessione del brevetto.

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