La comunicazione dell'approssimarsi del termine di comporto in ossequio ai principi di correttezza e buona fede

Sabrina Apa
14 Ottobre 2019

Se è vero che generalmente non vi è l'obbligo per il datore di comunicare l'appropinquarsi della scadenza del comporto al lavoratore malato, vi sono delle fattispecie particolarmente gravi, in cui la comunicazione datoriale è sicuramente meno gravosa rispetto al dovere di attivarsi per chiedere informazioni da parte del lavoratore gravemente ammalato...

Se è vero che generalmente non vi è l'obbligo per il datore di comunicare l'appropinquarsi della scadenza del comporto al lavoratore malato, vi sono delle fattispecie particolarmente gravi, in cui la comunicazione datoriale è sicuramente meno gravosa rispetto al dovere di attivarsi per chiedere informazioni da parte del lavoratore gravemente ammalato.

Infatti, occorre distinguere i casi in cui vi sia una malattia per così dire “comune”, cioè dalla prognosi sicuramente fausta, facilmente guaribile ed anche in tempi brevi, e dalla convalescenza non invalidante, da quelli di estrema gravità, in cui le condizioni di integrità psico-fisica del lavoratore siano particolarmente critiche – come nel caso di specie, in cui non vi è dubbio che la salute del ricorrente fosse seriamente compromessa -, caratterizzate da una prognosi non sicuramente fausta e da una convalescenza lunga e suscettibile di complicanze molto pericolose.

(Nel caso di specie il Giudice, considerando il caso particolare posto alla sua attenzione e in accordo con gli approdi di maggiore “sensibilità” per il lavoratore malato a cui è giunta la giurisprudenza di merito, ha ritenuto che la società avrebbe dovuto comportarsi in maniera diversa e consona ai principi civilistici di correttezza e buona fede ex art. 1175, c.c., e ai più generali principi di solidarietà sociale ex art. 2, Cost., che impongono di cooperare attivamente al fine del soddisfacimento dell'interesse della propria controparte contrattuale, con il limite dell'apprezzabile sacrificio).

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