L'imprenditore deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi: riflessioni sul riformato art. 2086 c.c.

Eros Ceccherini
18 Ottobre 2019

L'emersione anticipata della crisi e la costituzione di un adeguato sistema di rilevazione della stessa è alla base delle novità introdotte dalla riforma. In particolare la ratio di quest'ultima è quella di fronteggiare tempestivamente la crisi d'impresa e prevenire “patologie” più gravi, a tale scopo sono state introdotte le “procedure di allerta e di composizione assistita della crisi”, ma l'imprenditore potrà captare i segnali di crisi soltanto se si è dotato di un'adeguata organizzazione interna.
Premessa

Nei principi generali del nuovo “Codice della Crisi di Impresa e dell'Insolvenza” (di qui in avanti C.C.I.) l'art. 3, rubricato “Doveri del debitore” precisa:

“1. L'imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte.

2. L'imprenditore collettivo deve adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell'articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative”.

L'emersione anticipata della crisi e la costituzione di un adeguato sistema di rilevazione della stessa è alla base delle novità introdotte dalla riforma.

In particolare la ratio di quest'ultima è quella di fronteggiare tempestivamente la crisi d'impresa e prevenire “patologie” più gravi, a tale scopo sono state introdotte le “procedure di allerta e di composizione assistita della crisi”, ma l'imprenditore potrà captare i segnali di crisi soltanto se si è dotato di un'adeguata organizzazione interna.

L'art. 14 della Legge delega alla lettera b) richiama il dovere dell'imprenditore e degli organi sociali “di istituire assetti organizzativi adeguati per la rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi per l'adozione tempestiva di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale”. Nella relazione di accompagnamento della bozza di riforma elaborata dalla “Commissione Rordorf” si puntualizza che “le possibilità di salvaguardare i valori di un'impresa in difficoltà sono direttamente proporzionali alla tempestività dell'intervento risanatore e che, viceversa, il ritardo nel percepire i prodromi di una crisi fa sì che, nella maggior parte dei casi, questa degeneri in vera e propria insolvenza sino a divenire irreversibile ed a rendere perciò velleitari – e non di rado addirittura ulteriormente dannosi – i postumi tentativi di risanamento”.

La Commissione scrive ancora che “l'urgenza di un intervento in questa direzione è attestata da recenti studi empirici, dai quali emerge un quadro allarmante sull'incapacità delle imprese italiane – per lo più medie o piccole imprese – di promuovere autonomamente processi di ristrutturazione precoce, per una serie di fattori che ne riducono la competitività (sottodimensionamento, capitalismo a conduzione familiare, personalismo autoreferenziale dell'imprenditore, debolezza degli assetti di corporate governance, carenze nei sistemi operativi, assenza di monitoraggio e di pianificazione, anche a breve termine). Se a ciò si aggiunge che nel nostro Paese le procedure concorsuali sono ancora vissute dagli imprenditori come un male in sé, da allontanare nel tempo ad ogni costo, si comprende perché le imprese ammesse a concordato preventivo risultino per lo più in condizione di oramai irreversibile decozione”. Questa nuova organizzazione alla quale saranno obbligati gli imprenditori, invece, “aiuterà a supplire al deficit di competenza ed organizzazione interna da cui spesso le imprese sono afflitte, consentendo una tempestiva rilevazione delle difficoltà finanziarie che preludono alla crisi e rendono probabile l'insolvenza …”.

La Commissione è dell'avviso che il successo di una delle procedure previste dal C.C.I. dipenda dalla tempestività dell'imprenditore di accorgersi della gravità della situazione economica, finanziaria, gestionale in cui versa la propria azienda. La consapevolezza della propria organizzazione e la capacità di captare con tempestività i segnali che l'impresa emana permetterà all'imprenditore di anticipare la decozione e l'irreversibilità della crisi.

Se l'imprenditore non sarà capace di anticipare l'irreversibilità della crisi, anche per non avere creato un'adeguata struttura amministrativa, incorrerà in gravi responsabilità personali tanto da compromettere anche il proprio patrimonio, diversamente potrà beneficiare, se ne ricorreranno i presupposti, di misure premiali.

Imprenditori collettivi

Il punto n. 2 dell'art. 3 del C.C.I. si occupa dell'imprenditore collettivo e specifica che lo stesso dovrà adottare un assetto organizzativo adeguato secondo le disposizioni di cui all'art. 2086 del cod. civ. ai “fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative”. L'art. 2086, così come l'art. 375 del C.C.I., è stato modificato, anche nella rubrica, “Gestione dell'impresa” introducendo dopo il primo comma un secondo comma che recita “L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

L'art. 377 C.C.I., rubricato “Assetti organizzativi societari”, riporta alcune modifiche al Codice Civile che permetteranno di rendere compatibili con tutti i tipi di società le disposizioni di cui all'art. 2086 cod. civ.

Più precisamente: a) il primo comma dell'art. 2257 (società di persone) è stato così sostituito: “La gestione dell'impresa si svolge nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri”; b) il primo comma dell'art. 2380-bis (società per azioni) è stato così sostituito: “La gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale”; c) Il primo comma dell'art. 2409 novies (Consiglio di gestione) è stato così integrato: “La gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente al consiglio di gestione, il quale compie le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale”; d) Il primo comma dell'art. 2475 (società a responsabilità limitata) è stato così sostituito: “La gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell'articolo 2479”; al quinto comma dell'art. 2475 (Amministrazione della società) è aggiunto il seguente comma: “Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 2381”.

La modifica dell'art. 2086, in vigore dal 16 marzo 2019, ha coinvolto tutti i soggetti collettivi ivi comprese le società cooperative.

Obblighi in parte già previsti

L'art. 2403 in tema di controlli da parte del Collegio Sindacale indicava già che lo stesso “vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”, così come l'art. 2381 in tema di amministratori, nel terzo comma, precisa che “Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione” ed ancora al quinto comma si indica che “Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate”.

Oggi il legislatore, con le modifiche dell'art. 2086, ha evidenziato ulteriormente l'importanza di una adeguata organizzazione anche al fine di far emergere con tempestività le criticità che potrebbero compromettere non soltanto l'impresa interessata, ma anche i soggetti con i quali intrattiene rapporti. Una simile disposizione non lascia spazio a nessun imprenditore di gestire la propria azienda con superficialità o con vecchie metodologie basate sull'intuitività o sulla sensibilità del singolo. L'impresa individuale o collettiva è un bene comune, seppur appartenente ad uno o più soggetti che ne sono proprietari, e come tale non può compromettere l'economia generale del Paese. L'impresa non può creare danni ma deve, o perlomeno è auspicabile che debba, creare valore aggiunto.

In quest'ottica il legislatore del C.C.I., con le modifiche apportate al codice civile, ha cercato di stabilire dei principi generali, validi per tutte le imprese, che impongono degli assetti organizzativi adeguati, secondo le dimensioni dell'impresa, rispondenti maggiormente a queste nuove esigenze.

Le novità sopra evidenziate, introdotte con il nuovo protocollo organizzativo chiesto dall'art. 2086, assumono maggiore rilievo nell'imprenditore individuale in quanto, come già detto in precedenza, l'imprenditore collettivo per mano degli amministratori (spesso anche soci) e dei sistemi di controllo (se obbligatori) ha già l'obbligo di “valutare” se vi sia o meno un adeguato assetto organizzativo.

Un modello organizzativo sulla falsa riga di quanto previsto dal d.lgs n. 231/2001

Il Modello di organizzazione, gestione e controllo, previsto dal d.lgs. n. 231/2001, nasce per salvaguardare le Società e gli Enti da eventuali reati, citati nella norma stessa, commessi dai propri dipendenti. La legge non prevede alcuna obbligatorietà riguardo alla sua adozione, sebbene l'approvazione di un Modello idoneo a prevenire i reati costituisca causa di esclusione o limitazione della responsabilità dell'ente ai sensi del d.lgs. n. 231/2001. Il modello, per produrre gli effetti sperati, deve essere costruito tenendo a riferimento l'organizzazione aziendale e le responsabilità correlate per poter identificare le aree di rischio dei possibili reati. Tale analisi è molto simile a quella che l'imprenditore dovrà porre in essere per valutare l'adeguato assetto organizzativo; soltanto dopo che l'indagine è stata effettuata si avrà l'esatta percezione dell'organizzazione, delle criticità e del conseguente Modello da adottare.

A tal fine è necessario che sia istituito un organo analogo all'Organismo di Vigilanza (OdV), incaricato di vigilare in maniera indipendente sul corretto funzionamento e sull'osservanza del Modello: per le disposizioni dettate dall'art. 2086 sono chiamati a vigilare sull'adeguatezza della struttura l'imprenditore, gli amministratori e i soggetti addetti ai controlli (collegio sindacale, revisore e società di revisione).

Il dovere dell'imprenditore collettivo

È il nuovo art. 2086 a precisare che l'imprenditore “che operi in forma societaria o collettiva ha il dovere di istituire un assetto organizzativo … adeguato alla natura ed alle dimensioni dell'impresa”, mentre per l'imprenditore individuale l'art. 3 del C.C.I. si limita ad indicare che “deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte” senza fornire ulteriori informazioni circa le modalità da adottare per captare tempestivamente lo stato di crisi.

Vista la formulazione dell'art. 2086, l'imprenditore societario o collettivo non ha altra chance, rectius dovere, che porre in essere una adeguata struttura organizzativa, amministrativa e contabile corrispondente alla natura ed alle dimensioni dell'impresa. Questo dovere si dettaglia, almeno in parte, prevedendo che tale assetto sia volto, inter alia, alla "rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale"; la tematica – che volge verso il campo della compliance (i.e., conformità) aziendale alla nuova disposizione – diventa dunque quella di predisporre un assetto aziendale che quantomeno preveda: a) la rilevazione dello stato di crisi (cfr. artt. 12 e 13 del Codice); b) la gestione delle relative segnalazioni (cfr. artt. 14 e 15 del Codice).

Gli amministratori “devono” provvedere ad adeguare l'organizzazione della propria impresa, assicurando la procedimentalizzazione degli adempimenti di cui alle previsioni normative in modo da scongiurare (o, comunque, minimizzare) i rischi connessi ad eventuali difficoltà dell'azienda.

Integrare l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società significa porre in essere attività specialistiche che possono facilmente tradursi in tempestivi indicatori della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale (OIC 11). L'impresa dovrà non solo tenere conto delle indicazioni contenute nel C.C.I. (artt. 12, 13, 14 e 15), ma anche elaborare il profilo dei flussi informativi tra l'organo di amministrazione ed i soggetti tenuti ad effettuare le segnalazioni in merito a eventuali sintomi della crisi d'impresa. Per verificare l'adeguatezza dell'assetto occorre prendere in considerazione sia l'operatività aziendale sia il contesto economico in cui la società opera. Occorre monitorare efficacemente la continuità aziendale – anche a prescindere da quanto possa emergere dall'assetto adottato per rilevare eventuali crisi d'impresa – per adempiere tempestivamente all'obbligo di adottare e attuare "uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale".

“Senza indugio”: termine noto

L'imprenditore deve aver organizzato l'impresa, sotto tutti gli aspetti già evidenziati, per poter intervenire, qualora vi siano segnali di criticità, “senza indugio”, vale a dire “senza tardare, subito, immediatamente”. È assolutamente chiaro che l'assenza di una adeguata struttura organizzativa, amministrativa e contabile o anche l'assenza di uno soltanto degli assetti richiamati non permetterà all'imprenditore (o agli amministratori) di attivarsi con la celerità che la normativa gli impone.

L'imprenditore deve "attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale". È opportuno evidenziare la portata innovativa della norma: in passato l'amministratore era tenuto a scongiurare la prosecuzione dell'attività aziendale a fronte di uno stato di dissesto dell'impresa (il suo operato, tuttavia, non era censurabile in sé, né per la mancata adozione di strumenti per il superamento della crisi e per il recupero della continuità aziendale, né per il dissesto dell'impresa stessa, ove non connesso alla violazione di obblighi facenti capo all'amministratore medesimo), mentre oggi l'imprenditore ( o l'amministratore) è tenuto ad attivarsi per superare la crisi e per recuperare la continuità aziendale, il che implica una sua responsabilità per la mera mancata attivazione nel senso indicato.

Oggi più che ieri appare evidente che le modifiche apportate al codice civile dal 16 marzo 2019 si inseriscono in un quadro più preciso per poter attivare eventuali azioni di responsabilità nei confronti degli imprenditori (amministratori).

Adeguato assetto organizzativo

L'adeguato assetto organizzativo coinvolge il settore delle risorse umane di un'impresa ed è per questo che l'imprenditore deve porre molta attenzione a tutti i tasselli del complicato puzzle che costituisce l'organizzazione del lavoro. Possiamo sintetizzare che per assetto organizzativo si intende l'organizzazione del lavoro. Dall'organigramma si dovrà individuare con facilità e coerenza la distribuzione dei compiti e delle mansioni, per poi indirizzarci verso i sistemi operativi che guidano il comportamento dei singoli dipendenti all'interno del proprio nucleo operativo. L'imprenditore, se vuole ottenere un'organizzazione adeguata, dovrà pianificare le attività e controllare se le stesse si muovono secondo la direzione programmata.

Adeguato assetto amministrativo e contabile

Come per l'assetto organizzativo anche l'assetto amministrativo e contabile (comunque con la dovuta regola della proporzionalità rispetto alla natura ed alla dimensione dell'impresa) deve essere corrispondente alle esigenze contenute nell'art. 2086 inerenti la tempestività della rilevazione della crisi. Il sistema amministrativo deve adeguatamente corrispondere alle esigenze della struttura aziendale e deve essere capace di fornire le informazioni in tempi relativamente brevi. “Gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell'ambito delle proprie funzioni, hanno l'obbligo di verificare che l'organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l'assetto organizzativo dell'impresa è adeguato, se sussiste l'equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l'esistenza di fondati indizi della crisi”. È apparentemente più semplice per un imprenditore collettivo, tenuto al controllo da parte di uno dei soggetti sopra richiamati, organizzare la propria impresa secondo standard condivisi, mentre l'imprenditore collettivo non obbligato ai richiamati controlli, o addirittura l'imprenditore singolo, dovranno organizzare l'impresa seguendo regole e percorsi adeguati alla propria organizzazione ponendosi comunque l'obiettivo, oltre che di massimizzare i profitti, della tempestività dei sistemi interni di segnalazioni di criticità.

L'imprenditore individuale

Quanti si saranno domandati come faranno il piccolo artigiano, il piccolo commerciante ad “adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte”? Come faranno, anche se non vi è alcun rinvio all'art. 2086 nel primo comma dell'art. 3 del C.C.I., ad adeguare il proprio sistema organizzativo, amministrativo e contabile? Ed ancora, come faranno gli imprenditori di piccole dimensioni, che non sono dotati neppure di un sistema contabile economico-patrimoniale (avendo, magari, contabilità di tipo semplificato) a estrapolare informazioni adeguate a suggerire all'imprenditore che si sta indirizzando verso una crisi da dover attenzionare con gli strumenti introdotti dal C.C.I.?

Nonostante l'imprenditore individuale sia responsabile per non aver adottato idonee misure segnalatrici di crisi, nella maggior parte delle situazioni si assisterà all'imprenditore individuale che protrarrà il suo stato di crisi sin tanto che qualcuno (erario, creditori, ecc.) lo fermerà nel percorso folle dell'indebitamento senza misura.

Conclusioni

Il C.C.I., la maggior parte delle cui disposizioni entreranno in vigore il 16 agosto 2020, sarà sicuramente oggetto di modifiche e di aggiustamenti (l'art. 1 della Legge 8 marzo 2019, n. 20 prevede infatti che il Governo entro due anni dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui alla Legge 19 ottobre 2017, n. 155 e nel rispetto dei principi e criteri direttivi da essa fissati può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi).

Ancora non sappiamo quali saranno le modifiche e se queste andranno ad impattare pesantemente su alcuni istituti (si pensi ai sistemi di allerta), l'unica cosa certa è che alcune novità del C.C.I. sono già state recepite dall'ordinamento (dal 16 marzo 2019) e queste, molto probabilmente, non subiranno modificazioni.

Possiamo affermare che il C.C.I. potrà essere modificato, ma le disposizioni che hanno formato oggetto di questa riflessione resteranno, e quindi è opportuno che tutti gli imprenditori (al momento quelli collettivi e societari) istituiscano adeguati sistemi organizzativi, amministrativi e contabili se non vogliono incorrere, qualora la loro azione non sia all'insegna dell'immediatezza nel rilevare la crisi dell'impresa e/o la

perdita della continuità aziendale, nella responsabilità per la mancata adozione ed attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Strumenti che, quanto meno sino alla data del 16 agosto 2020, non possono che essere quelli previsti dall'ordinamento vigente.

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