Tettoia costruita in violazione delle distanze legali: è molestia nel possesso del fondo finitimo

Redazione scientifica
21 Ottobre 2019

L'animus turbandi, per l'esperibilità dell'azione di manutenzione del possesso di un edificio molestato dalla violazione delle distanze legali deve presumersi ogni volta che si dimostrino gli estremi della turbativa, restando irrilevante anche l'eventuale convincimento dell'autore del fatto di esercitare un proprio diritto.

La Corte di appello - riformando integralmente la sentenza del Tribunale ed accogliendo la domanda di manutenzione del possesso promossa dal Condominio “A” – condannava la società Beta, insieme con il Condominio “B” e con alcuni dei condomini di quest'ultimo, a rimuovere una tettoia realizzata su un'area di proprietà del Condominio “B” in violazione delle distanze legali e convenzionali dalla proprietà del Condominio “A”. In particolare, secondo la Corte territoriale, la tettoia in questione comprometteva l'integrità del possesso dell'area appartenente all'appellante e costituiva una molestia del possesso del fondo finitimo. Avverso tale decisione, la società Beta ha proposto ricorso in Cassazione eccependo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1170, 2043, 2697 c.c., lamentando che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che l'animus turbandi della società Beta fosse insito nella violazione delle distanze legali.

Nel giudizio di legittimità, la S.C. conferma il ragionamento espresso nel provvedimento impugnato. Difatti, l'animus turbandi deve presumersi ogni volta che si dimostrino gli estremi della turbativa, restando irrilevante l'eventuale convincimento dell'autore del fatto di esercitare un proprio diritto; in particolare, esso si risolve nella volontarietà del fatto che determina la diminuzione del godimento del bene da parte del possessore e nella consapevolezza che esso è oggettivamente idoneo a modificarne o limitarne l'esercizio, senza che rilevi, in senso contrario, il mancato perseguimento, da parte dell'agente, del fine specifico di molestare il soggetto passivo ovvero la mancata previsione delle concrete ed ulteriori conseguenze della sua azione. Dunque, come correttamente sostenuto dalla Corte di merito, è sufficiente la coscienza e la volontarietà del fatto compiuto a detrimento dell'altrui possesso, che peraltro si presume ove la turbativa sia oggettivamente dimostrata. Per le suesposte ragioni, il ricorso è stato rigettato.

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