Il nudo proprietario che subentra nel contratto di locazione non risponde per il debito del de cuius
25 Ottobre 2019
Tizio (conduttore) adiva il Tribunale perché fosse accertata la condanna nei confronti di Caio, in proprio e/o quale erede di Sempronio (usufruttuario locatore), del pagamento di somme versate superiori all'importo del canone determinato nel contratto non registrato. Costituendosi in giudizio, Caio eccepiva il difetto di legittimazione passiva e con domanda riconvenzionale chiedeva altresì la condanna di Tizio al pagamento di alcune debenze contrattuali. In primo grado, il Tribunale adito accoglieva la domanda di Tizio. In secondo grado, la Corte d'Appello accoglieva parzialmente entrambi i ricorsi. Avverso tale decisione, Caio ha proposto ricorso in Cassazione eccependo che la Corte d'appello avrebbe applicato l'art. 999 c.c. distorcendone il contenuto e così pervenendo al rigetto del primo motivo d'appello relativo al difetto di legittimazione passiva dell'attuale ricorrente. Difatti, l'art. 999 c.c. si limiterebbe a stabilire che le locazioni concluse dall'usufruttuario, in corso al tempo della cessazione dell'usufrutto, continuano per la durata stabilita. In tal senso il contratto locatizio sarebbe opponibile al nudo proprietario: vale a dire che, cessato l'usufrutto, il conduttore manterrebbe il diritto di godimento anche nei confronti del proprietario, benché questi rispetto al contratto sia un terzo. La Corte territoriale, invece, ha ritenuto che il ricorrente, in quanto nudo proprietario e per avere manifestato volontà di subentro nel contratto, sarebbe pure subentrato nella responsabilità per il debito del de cuius. Dunque, secondo Caio, Tizio avrebbe dovuto agire, in relazione all'art. 100 c.p.c., nei confronti degli eredi e non nei confronti del ricorrente in proprio quale nudo proprietario dell'immobile. Nel giudizio di legittimità, la S.C. contesta il ragionamento espresso nel provvedimento impugnato. Invero, la Corte territoriale, erroneamente, aveva attribuito ad una condotta, attiva e per così dire rivendicante, del pieno proprietario il suo subentro, in toto e appunto in quanto proprietario, all'usufruttuario deceduto, pretermettendo le conseguenze successorie che dal decesso dell'usufruttuario trae il legislatore. Per meglio dire, la successione nei debiti assunti dal de cuius quando era giuridicamente esistente - ovvero investito della capacità giuridica -, anche qualora sia stata limitata alla valenza dei beni ereditati ai sensi degli artt. 484 ss. c.c., costituisce un effetto ex lege dell'accettazione dell'eredità, per cui non può essere espunta dalla condotta di un soggetto che non sia erede, ma neppure dalla condotta di un soggetto erede che possa far venir meno il fenomeno successorio per gli altri eredi ponendo in essere una sorta di rivendicazione di eredità esclusiva. La giurisprudenza in materia, a differenza di quella prospettata dalla Corte territoriale, non si è mai espressa in tal senso. Il fenomeno successorio, in conclusione, costituisce il nucleo giuridico di vicende come quella in esame, e non può - si ripete - essere pretermesso, né dagli eredi nel caso di successione a titolo universale né dal proprietario che da nudo diventa pieno o dall'acquirente nel caso di successione a titolo particolare, rimanendo insormontabile in entrambi i casi la barriera cronologica, che è parimenti giuridica, rappresentata proprio dalla sostituzione, nel rapporto locatizio, del soggetto che rivestiva il ruolo di locatore con un altro soggetto. Per le suesposte ragioni, il ricorso è stato accolto; per l'effetto, la pronuncia è stata cassata con rinvio. |