Definibile in via agevolata la cartella emessa dopo la liquidazione

La Redazione
25 Ottobre 2019

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27271 depositata il 24 ottobre 2019, ha ricordato che in caso di cartella di pagamento emessa dopo la liquidazione ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973, l'atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo.

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27271 depositata il 24 ottobre 2019, ha ricordato che in caso di cartella di pagamento emessa ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973, l'atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto mediante il quale la pretesa fiscale è esercitata nei confronti del dichiarante, conseguendone la sua impugnabilità, ex art. 19 del d.P.R. n. 546/1992, anche per contestare il merito della pretesa tributaria.

L'impugnazione della cartella di pagamento, con cui l'Amministrazione liquida le imposte calcolate sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente origina una controversia definibile in forma agevolata, in quanto detta cartella essendo l'unico atto portato a conoscenza del contribuente con cui si rende nota la pretesa fiscale e non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa, ma anche per questioni che attengono al merito della stessa, ed ha quindi natura di atto impositivo.

L'atto, spiegano i giudici, non rappresenta una mera richiesta di pagamento, ma riveste anche la natura di atto impositivo, in quanto si tratta del primo ed unico atto mediante il quale la pretesa fiscale è esercitata nei confronti del dichiarante.

La Corte di Cassazione ha fornito questo chiarimento riferendosi alla precedente definizione delle liti pendenti (2011) che può dunque estendersi anche a quella in vigore fino al 31 maggio scorso, in quanto il contenuto delle disposizioni era analogo.

A tal proposito i giudici di legittimità ricordano che dall'art. 39, comma 12 del D.L. n. 98/2011 ha l'obiettivo di ridurre il numero delle pendenze giudiziarie, in particolare consentendo una rapida definizione di quelle pendenti al 31 dicembre 2011 in qualsiasi grado di giudizio avente ad oggetto avvisi di accertamento od ogni altro atto di imposizione;ed inoltre è necessario che le liti fiscali abbiano un valore non superiore a 20.000 euro.

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