Domanda di patrocinio a spese dello Stato pretestuosa e manifestamente infondata: legittima la sentenza di rigetto
06 Novembre 2019
Massima
L'art. 119 del d.P.R. n. 115/2002 va interpretato nel senso di ritenere ammissibile al patrocinio gratuito a spese dello Stato non solo lo straniero regolarmente soggiornante, come richiesto dalla norma, ma anche lo straniero che abbia in corso un procedimento - amministrativo o giurisdizionale - dal quale possa derivare il rilascio del permesso di soggiorno. Tuttavia, qualora la peculiare e volontaria condizione del richiedente evidenzi il carattere manifestamente infondato e pretestuoso della domanda d'ammissione al gratuito patrocinio avanzata, quest'ultima deve essere rigettata. Il caso
La vicenda in analisi trae origine dal decreto, datato 20 settembre 2017, con cui la Corte d'appello di Roma respingeva la richiesta d'ammissione al patrocinio a spese dello Stato avanzata da Mohammad Mosharof. Quest'ultimo esperiva detta istanza relativamente ad un giudizio dallo stesso incoato - in qualità di genitore di un minore - per ottenere l'autorizzazione alla permanenza in Italia ai sensi dell'art. 31 del d.lgs. n. 286/1998. La Corte d'appello romana respingeva l'opposizione proposta ex art. 170, comma 2, del d.P.R. n. 115/2002 avverso tale provvedimento, in quanto la condizione dell'istante non poteva equipararsi a quella dello straniero in attesa di permesso di soggiorno indicata dalla normativa di riferimento. Invero, il Mosharof si era volontariamente posto in una condizione che non consentiva il rilascio del permesso di soggiorno, al fine di tentare di rimanere nel territorio nazionale e, così, di evitare l'espulsione. Pertanto, la Corte d'appello di Roma - nel bilanciamento tra il diritto alla difesa ed al rispetto della vita familiare dell'istante e la tutela degli interessi dello Stato (anche penalmente protetti) - ha ritenuto prevalente quest'ultima. La questione
Il ricorrente prospettava due motivi di doglianza: 1) l'illegittimità costituzionale dell'art. 119 del d.P.R. n. 115/2002, in relazione agli artt. 2, 3, 10 e 24 Cost., asserendo che tale norma - nel consentire l'accesso al patrocinio a spese dello Stato soltanto allo straniero regolarmente soggiornante - violerebbe il diritto di difesa, costituzionalmente garantito ai sensi dell'art. 24 della Carta fondamentale a tutti e non solo ai cittadini. 2) la violazione e la falsa applicazione - ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - degli artt. 7 ed 8 della dichiarazione dei diritti universali dell'uomo, 47 dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, 2, 3, 4, 24 e 117 Cost., 119 d.P.R. n. 115/2002, poiché il decreto impugnato avrebbe rigettato il ricorso fondando il giudizio sull'ammissibilità del medesimo sullo status d'irregolarità del soggiorno dello straniero. Invero, la Corte territoriale avrebbe - secondo il ricorrente- erroneamente rigettato la richiesta d'ammissione al patrocinio a spese dello Stato a causa della mancata regolarizzazione della posizione dell'istante, quantunque il Mosharof avesse già usufruito di altri permessi di soggiorno, rilasciati ai sensi dell'art. 31, comma 3 del d.lgs. n. 286/1998, non valutando l'impossibilità di convertire detto permesso di soggiorno in uno di lavoro subordinato, nonché operando un bilanciamento utile al più per la decisione nel merito del giudizio, e non anche per vagliare la fondatezza della richiesta d'ammissione al patrocinio gratuito e, infine, fornendo valenza cruciale ai precedenti penali da cui risultano gravati l'istante e la di lui moglie, sebbene gli stessi non dovrebbero incidere sul diritto all'accoglimento della domanda d'ammissione al gratuito patrocinio. Le soluzioni giuridiche
Relativamente al primo motivo di ricorso, il Collegio della prima Sezione Civile della Corte di cassazione rileva la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente. Invero, secondo costante orientamento della Suprema Corte, il requisito della regolarità dello status dello straniero soggiornante di cui all'art. 119 del d.P.R. n. 115/2002, va interpretato in senso estensivo, comprendendovi - dunque - anche gli stranieri che abbiano in corso un procedimento giurisdizionale o amministrativo dal quale possa derivare il rilascio del permesso di soggiorno. Un tipico esempio è l'azione di cui all'art. 31, comma 3 del d.lgs. n. 286/1998, in cui il requisito previsto in via generale per l'accesso degli stranieri al patrocinio gratuito a spese dello Stato rappresenta il bene della vita per il quale si propone la domanda. Richiedere il medesimo come presupposto all'ammissione al gratuito patrocinio implicherebbe una lesione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, posto che tale diritto rappresenta una delle logiche estrinsecazioni di quello alla difesa, di cui all'art. 24 Cost. Pertanto, la possibilità di fornire un'interpretazione dell'art. 119 del d.P.R. n. 115/2002 costituzionalmente orientata agli stessi articoli e principi posti dal remittente a fondamento della propria doglianza, ha fatto propendere la Corte per dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata. Per quanto concerne il secondo motivo di gravame, la prima Sezione Civile della Corte di cassazione lo ritiene inammissibile. Invero, il giudice di merito - pur riconoscendo che l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato possa avvenire anche a beneficio dello straniero relativamente al quale è in corso un procedimento per ottenere la regolarizzazione del proprio status - ha ritenuto che la condizione dell'istante fosse diversa, poiché il Mosharof tentava di evitare l'espulsione pur essendosi collocato in una posizione che non consentiva il rilascio del permesso di soggiorno in base all'art. 119 del d.P.R. n. 115/2002. In breve, il rigetto della domanda non ha trovato fondamento nella condizione d'irregolarità dell'istante, quanto piuttosto nella peculiare condizione di quest'ultimo, la quale evidenziava il carattere pretestuoso e manifestamente infondato della domanda presentata. Tali caratteri (manifesta infondatezza e pretestuosità) emergono dal bilanciamento - operato dal giudice di prime cure - tra l'interesse pubblico ed il diritto dell'istante di difesa ed alla vita familiare. Pertanto, a mente dei motivi sopra indicati, la prima Sezione Civile della Corte di cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Osservazioni
La pronuncia in commento pone un interessante profilo di riflessione relativamente al presupposto per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e, nello specifico, alla condizione dello straniero che lo richieda. Invero, l'art. 119, d.P.R. n. 115/2002 dispone che «Il trattamento previsto per il cittadino italiano è assicurato, altresì, allo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare e all'apolide…». Quantunque la norma richieda che lo straniero sia “regolarmente soggiornante” affinché possa richiedere l'ammissione al gratuito patrocinio, onde fornire all'articolo testé citato una lettura costituzionalmente orientata, non lesiva del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., nonché del principio di uguaglianza formale e sostanziale ex art. 3 Cost., la giurisprudenza della Corte di cassazione ha interpretato il disposto legislativo comprendendovi - altresì - lo straniero che abbia in corso un procedimento amministrativo o giurisdizionale dal quale possa derivare il rilascio del permesso di soggiorno (ex plurimis, Corte di cassazione, sent., n. 30069/2017 e n. 164/2018). Tuttavia, nonostante il Mosharof avesse già usufruito di permessi di soggiorno, nel caso portato alla cognizione del giudice di merito, l'istante stava tentando di restare sul territorio italiano - evitando l'espulsione, pur essendosi posto volontariamente in una situazione che non consentiva il rilascio del permesso di soggiorno. Pertanto, il motivo per il quale il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte non è l'astratta impossibilità per il ricorrente di accedere all'istituto invocato, quanto piuttosto la condizione fattuale nella quale il medesimo si è posto che, nel bilanciamento tra l'interesse statale e quello al diritto di difesa ed alla vita familiare, per le specificità del caso concreto oggetto di cognizione dei Supremi Giudici, ha visto soccombenti questi ultimi e prevalente il primo. Riferimenti
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