Infortuni sul lavoro: istruttoria penale e civile a confronto

Martina Tonetti
06 Novembre 2019

In tema di responsabilità aquiliana per violazione dell'obbligo di tutela della salute ex art. 2087 c.c., un evento è da considerarsi causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo...

Massima. In tema di responsabilità aquiliana per violazione dell'obbligo di tutela della salute ex art. 2087 c.c., un evento è da considerarsi causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo; a ciò si aggiunga il principio della c.d. causalità adeguata per cui, all'interno della serie causale di eventi, occorre dare rilievo solo a quelli che non appaiano ex ante inverosimili.

Un incidente imprevisto… La controversia origina da un incidente stradale in cui ha perso la vita un lavoratore dipendente, impegnato nel trasporto di merci con un mezzo aziendale. Venivano quindi instaurati un procedimento penale e un giudizio giuslavoristico per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno ex art. 2087 c.c. Nell'ambito di quest'ultimo giudizio la dinamica dell'incidente veniva fatta oggetto di una consulenza tecnica d'ufficio che, in linea con l'istruttoria penale, faceva emergere come il mezzo stesse procedendo ad una velocità irregolare (oltre i limiti), sovraccarico di merce e con pneumatici lisci. Tali ultime circostanze erano circostanze tuttavia risultavano irrilevanti nella causazione dell'incidente (evento dannoso) con conseguente esclusione della responsabilità datoriale.


Gli eredi del lavoratore, quindi, impugnavano la sentenza d'appello onde ottenerne la cassazione per violazione e falsa interpretazione dell'art. 2087 c.c., non avendo i giudici di merito ben considerato la cornice di responsabilità datoriale tratteggiata dall'art 2087 c.c. e comunque avendo errato nella valutazione del nesso causale, eseguita sulla base del principio dell' “oltre ogni ragionevole dubbio” e non di quello del “più probabile che non”.

L'obbligo di prevenzione ex art 2087 c.c. La motivazione della sentenza in commento si apre con una summa dei principi di diritto espressi in tema di obbligo di tutela della salute dei lavoratori.

In primo luogo, la Corte di Cassazione precisa che ai sensi dell'art 2087 c.c., il datore di lavoro è responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore anche quando l'incidente è causato da disattenzione, imprudenza , negligenza e imperizia del lavoratore medesimo, pertanto il datore di lavoro è totalmente esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore assuma caratteri abnormi, inopinabili o comunque esorbitanti rispetto al procedimento lavorativo “tipico” e alle istruzioni ricevute; in questo caso, infatti, il comportamento del lavoratore rappresenta causa esclusiva dell'evento.

Qualora invece non sia riscontrabile il carattere di abnormità del comportamento del lavoratore, il datore è totalmente responsabile dell'infortunio quando questo occorre per inosservanza di norme antinfortunistiche, poiché la violazione dell'obbligo di sicurezza integra l'unico fattore causale dell'evento, non rilevando in alcun grado il concorso di colpa del lavoratore posto che il datore è tenuto a proteggere la sua incolumità nonostante l'imperizia e la negligenza.

Da tale principio nasce l'obbligo di prevenzione che impone al datore di adottare non solo le misure tassativamente necessarie secondo la legge e la prudenza, ma anche tutte quelle misure che in concreto si rendono necessarie per la tutela del lavoro on base all'esperienza ed alla tecnica.

Il “più probabile che non”… Ciò considerato, la Corte di cassazione ribadisce la classica ripartizione dell'onere della prova: al lavoratore spetta la prova della sussistenza del danno, della nocività dell'ambiente di lavoro e, quindi, della mancata adozione di misure protettive, nonché del nesso causale tra questi due elementi; al datore di lavoro spetta invece l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie alla protezione del lavoratore, da quelle previste ex lege, a quelle suggeriste dalle buone pratiche a quelle più generali di buonsenso e prudenza.

Trattandosi poi di responsabilità aquiliana, vige il principio ex artt. 40 e 41 c.p., per il quale un evento è da considerarsi causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo. Ciò fermo restando che, per le prove del processo penale, vige la regola dell' “oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre in materia civile occorre considerare la preponderanza dell'evidenza o del “più probabile che non”. La valutazione va quindi sconnessa dalla probabilità quantitativa di un evento (che potrebbe essere inconferente) dovendo piuttosto essere considerata la probabilità logica, che si concretizzata nel confronto tra “elementi di conferma” ed “elementi alternativi” disponibili in relazione al caso concreto.

Nel caso de quo, i Giudici di merito si erano adeguati a tali linee valutative, ben motivando la decisione che quindi risulta resa in conformità all'art. 116 c.p.c. Il ricorso è stato quindi dichiarato infondato.

(Fonte: Diritto e Giustizia)