L'impatto della mini-IRES nella determinazione delle imposte anticipate e differite
08 Novembre 2019
Premessa
Il D.L. 30 aprile 2019 n. 34, cosiddetto "Decreto Crescita", all'art. 2, in vigore dal 30 giugno 2019, stabilisce che «A decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022, il reddito d'impresa dichiarato dalle società e dagli enti di cui all'articolo 73, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, [in particolare le società di capitali] fino a concorrenza dell'importo corrispondente agli utili di esercizio accantonati a riserve diverse da quelle di utili non disponibili, nei limiti dell'incremento di patrimonio netto, è assoggettato all'aliquota di cui all'art. 77 del predetto testo unico [24%] ridotta di 4 punti percentuali; per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 e per i tre successivi la stessa aliquota è ridotta, rispettivamente, di 1,5 punti percentuali, di 2,5 punti percentuali, di 3 punti percentuali e di 3,5 punti percentuali».
Pertanto, dal periodo di imposta 2019 e fino al 2022 sugli utili accantonati a riserve disponibili, l'aliquota IRES è ridotta e applicata nel 2019 nella misura del 22,50%, 21,50% nel 2020, 21,00% nel 2021, 20,50% nel 2022 e 20% dal 2023 in poi. Il comma 2, dell'art. 2 del D.L. 30/04/2019 n. 34, precisa che a) si considerano riserve di utili non disponibili le riserve formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell'art. 2433 del c.c. in quanto derivanti da processi di valutazione. Rilevano gli utili realizzati a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018 e accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili; b) l'incremento di patrimonio netto è dato dalla differenza tra il patrimonio netto risultante dal bilancio d'esercizio del periodo d'imposta di riferimento, senza considerare il risultato del medesimo esercizio, al netto degli utili accantonati a riserva, agevolati nei periodi di imposta precedenti, e il patrimonio netto risultante dal bilancio d'esercizio del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, senza considerare il risultato del medesimo esercizio.
La mini-IRES, quindi, si distingue dalle agevolazioni in precedenza emanate dal legislatore per il fatto che separa la base imponibile delle società di capitali in due parti, una soggetta ad IRES ordinaria ed una soggetta a mini-IRES. Le agevolazioni fiscali, di solito, costituiscono deduzioni della base imponibile, per cui la riduzione di imposta si ottiene moltiplicando l'aliquota ordinaria per la base ridotta. La mini-IRES, invece, suddivide la base imponibile in due. Si vuole comprendere come viene suddivisa la base e qual è l'impatto di tale divisione ai fini della determinazione delle imposte differite.
Il calcolo della base imponibile da assoggettare a mini-IRES viene effettuato in tre passaggi. Il primo passaggio consiste nel determinare la quota di utili destinata a riserva disponibile. La disponibilità riguarda la possibilità di utilizzazione della riserva (ad esempio per aumenti gratuiti di capitale). Il concetto di disponibilità si distingue da quello di "distribuibilità" che attiene la possibilità di erogazione ai soci (ad esempio sotto forma di dividendo) di somme prelevabili in tutto o in parte dalla relativa riserva. Pertanto, disponibilità e distribuibilità possono coesistere o meno; infatti una riserva può essere disponibile per l'aumento di capitale, ma non distribuibile (ad esempio la riserva da soprapprezzo azioni finché la riserva legale non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale). Le riserve disponibili possono, pertanto, a loro volta distinguersi in riserve distribuibili o non distribuibili mentre le riserve indisponibili sono, in quanto tali, indistribuibili. Ai fini della mini-IRES, non è importante che la riserva sia distribuibile o meno, purché sia disponibile. Ma quali sono le riserve disponibili che possono essere prese in considerazione ai fini della mini-IRES?
In base alla normativa civilistica, le riserve non sono tutte disponibili; se ne elencano alcune, con le caratteristiche di disponibilità, a titolo esemplificativo:
Ai fini fiscali, siamo ancora in attesa di chiarimenti da parte dell'Agenzia delle Entrate sul dettaglio delle riserve da prendere in considerazione ai fini della mini-IRES; per completezza, può essere utile ripercorrere alcune considerazioni effettuate per l'ACE. Il D.M.F del 3 agosto 2017, all'art. 5, commi 6, 8, in riferimento all'ACE (Aiuto alla Crescita Economica) ha precisato che costituiscono riserve di utili non disponibili quelle formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell'art. 2433 del c.c. in quanto derivanti da processi di valutazione, nonché quelle formate con utili realmente conseguiti che, per obbligo di legge, non sono distribuibili né utilizzabili ad altri fini (copertura perdite e aumenti gratuiti di capitale). Tale previsione si è resa necessaria sulla base delle peculiari regole previste dal Codice civile in ordine alle riserve di questo tipo.
In particolare:
Ciò premesso, in considerazione che gli utili derivanti dalla valutazione al fair value di strumenti finanziari derivati sono influenzati da fenomeni meramente valutativi, si è ritenuto necessario sterilizzare gli effetti di tali valutazioni, a prescindere dalle modalità di contabilizzazione adottate in bilancio, dall'attivazione delle tecniche contabili di copertura e dal regime di disponibilità ACE delle riserve stesse.
Da ultimo, la lettera b) del comma 8 dell'art. 5 disciplina gli effetti sul calcolo della variazione del capitale proprio nell'ipotesi di conferimento di azienda. Ferma la neutralità fiscale dell'operazione di cui all'art. 176 del TUIR, si è ritenuto necessario considerare non rilevanti, ai fini dell'agevolazione ACE, gli utili derivati da tale operazione. Il limite del patrimonio netto
Il secondo passaggio ha l'obiettivo di determinare il limite alla quota di utili agevolabili; tale limite è pari all' “incremento di patrimonio netto” registrato al termine dell'esercizio rispetto al patrimonio netto esistente al termine del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018.
Il limite è, quindi, risultante dalla differenza tra un parametro “mobile” corrispondente al valore del patrimonio netto risultante dal bilancio d'esercizio del periodo d'imposta in cui si intende beneficiare dell'agevolazione, da computare senza considerare il risultato (positivo o negativo) del medesimo esercizio e l'importo degli utili già agevolati nei periodi di imposta precedenti ed un parametro fisso pari al patrimonio netto risultante dal bilancio d'esercizio del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, senza considerare - anche in tale caso - il risultato (positivo o negativo) del medesimo esercizio. Tale limitazione mira a ridurre la base agevolata nel caso in cui si proceda a diminuire il patrimonio netto, a seguito di distribuzione di utili o di riserve di capitale, a seguito di copertura di perdite o di operazioni straordinarie, in modo che gli utili destinati a riserva, siano tali da incrementare effettivamente il patrimonio netto. Si evitano così operazioni volte a ridurre il patrimonio netto dopo aver accantonato gli utili ai fini di godere del beneficio della riduzione dell'aliquota.
Effetto sulle imposte differite
Il terzo passaggio è quello di calcolare la differenza tra il reddito imponibile, determinato secondo i criteri del TUIR, e la base agevolata costituita dagli utili accantonati a riserva disponibile, nel limite dell'incremento del patrimonio netto. La base agevolata viene assoggettata a mini-IRES.
L'esempio mostra come eventuali aumenti di capitale hanno un beneficio agevolativo ma nel limite degli utili accantonati. Ipotesi di distribuzione di utili o di recesso del socio o di distribuzione di riserve possono azzerare o limitare l'incremento del patrimonio netto, con conseguente riduzione della base agevolata. Nel caso, invece, in cui il reddito imponibile 2019 fosse pari o inferiore agli utili accantonati nel 2018, la base imponibile sarebbe completamente assoggettata a mini-IRES. I conteggi sopra esposti portano a determinare l'aliquota media nella misura del 23,18%, pari alla somma di € 135 (pari al 22,50% di € 600) e di € 120 (pari al 24% di € 500), diviso per la base di € 1.100. Si potrebbe pensare di applicare un'aliquota media tra la percentuale nominale del 24% e quella agevolata del 22,50%, ma tale soluzione non pare corretto. Occorre analizzare come tale conteggio influisce nelle variazioni fiscali temporanee.
Le imposte differite e anticipate sono calcolate sulle differenze temporanee, tra il valore attribuito ad una attività o ad una passività secondo criteri civilistici ed il valore attribuito a quell'attività o a quella passività ai fini fiscali; relativamente all'aliquota applicata il principio OIC 25 chiarisce, al par. 88, che le imposte differite e anticipate vanno calcolate applicando le aliquote fiscali in vigore nell'esercizio nel quale le differenze temporanee si riverseranno, previste dalla normativa fiscale vigente alla data di riferimento del bilancio.
Ma qual è l'aliquota che sarà in vigore quando una differenza temporanea si riverserà, considerando la mini-IRES? Si consideri, ad esempio, una variazione come quella delle plusvalenze da rateizzare, ovvero quelle plusvalenze che derivano dalla cessione di beni patrimoniali e strumentali, che concorrono a formare il reddito, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, a scelta del contribuente, in quote costanti nell'esercizio di realizzo e nei successivi, ma non oltre il quarto (art. 86, comma 4, del TUIR).
Si ipotizzi una plusvalenza maturata nel 2019 per € 150, il cui importo concorre per l'esercizio corrente e per quelli successivi per l'importo di € 30. Nel 2019 si potrebbe considerare l'aliquota media del 23,18%, da applicare all'importo della differenza temporanea di € 120, ma non è l'aliquota che presumibilmente si avrà nei futuri esercizi, dal momento che l'aliquota agevolata si riduce fino ad arrivare al 20,00%. Si potrebbe, allora, calcolare la differenza temporanea di ogni esercizio, per un'aliquota media diversa, al fine di tenere conto della riduzione della mini-IRES, per cui per il 2019, si utilizzerebbe l'aliquota del 23,18%, per il 2020 del 22,64%, per il 2021 del 22,36%, per il 2022 del 22,09% ed infine, a regime, del 21,82%.
Tuttavia, anche questo metodo non garantisce un calcolo corretto, poiché, se il reddito imponibile variasse, a parità di base agevolata, varierebbe anche l'aliquota media. Non solo, se variasse la base agevolata, a parità di reddito imponibile, si avrebbe una mutazione del reddito soggetto a mini-IRES, per cui anche in questo caso l'aliquota media varierebbe. Nel senso di quanto sopra esposto, non è influente il fatto che anche a parità di condizioni, ovvero se, per pura ipotesi, nei quattro anni successivi al 2019, si avesse il medesimo reddito imponibile e il medesimo reddito agevolato, la scelta di distribuire tutto o parte dei dividendi ad esempio nel 2021, determinerebbe, inevitabilmente, una mutazione dell'aliquota media.
La determinazione dell'aliquota da utilizzare per le imposte anticipate e differite è soggetta ad un continuo dinamismo, che porterà, inevitabilmente, a prescindere dal metodo adottato, ad un costante adeguamento delle imposte per variazione di aliquota media. In conclusione
L'OIC, nel documento n. 25 che attiene alle imposte sui redditi, definisce l'aliquota media effettiva come quella che rappresenta l'incidenza dell'onere fiscale corrente sul risultato civilistico, mentre l'onere fiscale teorico rappresenta il prodotto tra il risultato civilistico per l'aliquota fiscale applicabile (o aliquota ordinaria). Al par. 88, si precisa «La società apporta adeguate rettifiche in caso di variazione dell'aliquota fiscale rispetto agli esercizi precedenti, se la norma di legge che varia l'aliquota è già stata emanata alla data di riferimento del bilancio. In tal caso le rettifiche alle attività per imposte anticipate e alle passività per imposte differite sono rilevate a conto economico a meno che tali attività e passività non si riferiscano a operazioni che in sede di rilevazione iniziale non hanno avuto effetto sul conto economico».
Nelle ipotesi precedentemente esposte, si è cercato di applicare quanto indicato al par. 88, ma senza trovare una soluzione che sia in grado di determinare quell'aliquota che sarà applicata, al momento in cui la quota di plusvalenza, nel futuro, sarà assoggettata a tassazione. Al successivo par. 89 «Qualora fossero previste differenti aliquote fiscali da applicarsi in base al livello del reddito imponibile, la valutazione delle attività per imposte anticipate e delle passività per imposte differite è effettuata utilizzando le aliquote medie nei periodi in cui le differenze temporanee si riverseranno. Nel caso in cui risultasse particolarmente difficoltoso determinare l'aliquota media per gli esercizi futuri, è accettabile utilizzare l'aliquota media dell'ultimo esercizio». Alla luce di quanto sopra, si può ritenere, pertanto, che l'aliquota del 23,18% sia quella più appropriata, in considerazioni delle difficoltà che si riscontrano nello stabilire l'aliquota media. |