Le condizioni per escutere la fideiussione in caso di crisi del costruttore: i chiarimenti della Cassazione

11 Novembre 2019

L'escussione della garanzia fideiussoria di cui al d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, presuppone che il contratto preliminare di compravendita sia ancora in vigore tra le parti.
Massima

L'escussione della garanzia fideiussoria di cui al d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, presuppone che il contratto preliminare di compravendita sia ancora in vigore tra le parti.

Il caso

Il promissario acquirente di un immobile da costruire agiva per ottenere dalla compagnia di assicurazioni con cui la società costruttrice aveva stipulato una polizza fideiussoria ai sensi del d.lgs. 122/2005 le somme corrisposte in esecuzione di un contratto preliminare dal quale era receduto ai sensi dell'art. 1385 c.c. e che era stato, quindi, dichiarato risolto per inadempimento del promittente venditore, con conseguente condanna di quest'ultimo a corrispondere il doppio della caparra e a restituire gli acconti percepiti.

La domanda veniva proposta nei confronti del fideiussore in quanto la società costruttrice aveva, nel frattempo, presentato domanda di ammissione al concordato preventivo ed essendosi, dunque, verificata una situazione di crisi ai sensi dell'art. 3 d.lgs. 122/2005.

Il Tribunale di Arezzo respingeva la domanda, ma la Corte di Appello di Firenze, accogliendo il gravame interposto dal promissario acquirente, ribaltava la decisione e condannava la compagnia assicuratrice a corrispondere quanto dovuto in forza della polizza fideiussoria.

Contro la sentenza di secondo grado insorgeva la compagnia di assicurazioni, sostenendo che la fideiussione non può essere escussa se il contratto preliminare si è risolto prima che si verifichi la situazione di crisi del costruttore.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La Corte di cassazione ha accolto la tesi propugnata dalla compagnia assicuratrice, affermando che, sulla base di un'interpretazione letterale e sistematica del dettato normativo, l'escussione della garanzia quando il contratto cui accede è già sciolto è incompatibile con la ratio e con le finalità della legislazione a tutela degli acquirenti di immobili da costruire.

Nel sostenere ciò, i giudici di legittimità si sono posti in consapevole contrasto con altro precedente della Corte di Cassazione, intervenuto nel 2018 in relazione a una vicenda che – per quanto è dato comprendere dalla pronuncia – presentava notevoli affinità con quella scrutinata dalla sentenza che si annota (trattandosi di polizza fideiussoria rilasciata dalla medesima impresa assicuratrice e in relazione a contratto preliminare di compravendita stipulato con la stessa società costruttrice).

Andando di contrario avviso rispetto a quanto affermato nella sentenza del 2018, i giudici di legittimità hanno cassato la pronuncia della Corte di Appello di Firenze, cui è stato demandato il riesame della domanda del promissario acquirente sulla base del principio di diritto per cui l'escussione della garanzia fideiussoria prevista dal d.lgs. 122/2005 presuppone che il contratto preliminare sia ancora in vigore tra le parti.

Osservazioni

La sentenza in commento contiene un'interessante ricostruzione dei presupposti per l'escussione della garanzia fideiussoria procurata dal costruttore in virtù di quanto previsto dal d.lgs. 122/2005, che – come noto – ha introdotto una serie di tutele e di garanzie in favore degli acquirenti di immobili da costruire.

La normativa in questione, peraltro, è stata recentemente riformata dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (recante il nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), che è intervenuto anche sul testo dell'art. 3 d.lgs. 122/2005 esaminato e interpretato dalla Corte di cassazione.

Tale disposizione, secondo quanto aveva affermato il giudice d'appello, non impedisce l'escussione della polizza qualora il contratto preliminare sia stato risolto prima del verificarsi della situazione di crisi, essendo subordinata solo ed esclusivamente alla mancata stipulazione del contratto definitivo di compravendita.

In questo senso si era espressa anche Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2018, n. 11761, che aveva motivato il proprio convincimento evidenziando che, nel momento in cui viene escussa la fideiussione, il contratto preliminare, secondo quanto stabilito dal comma 3 dell'art. 3, non deve esistere più, vuoi perché il promissario acquirente deve avere comunicato la propria volontà di recedere, vuoi perché l'organo della procedura concorsuale non deve avere comunicato la volontà di subentrarvi; in altre parole, poiché la giustificazione della restituzione delle somme anticipatamente versate dal promissario acquirente riposa sul venire meno delle obbligazioni nascenti dal preliminare (in particolare, quella di trasferire la proprietà dell'immobile), non vi è motivo di escludere che l'escussione possa avvenire anche quando l'efficacia del contratto sia stata rimossa prima dell'insorgere della situazione di crisi.

Simile conclusione – si afferma nel precedente sopra menzionato – risulta necessitata tenuto conto, da un lato, del contenuto della fideiussione prescritto dal comma 1 dell'art. 3 (dovendo la fideiussione garantire la restituzione delle somme e del valore di ogni altro eventuale corrispettivo effettivamente riscossi e dei relativi interessi legali maturati fino al momento in cui la situazione di crisi si è verificata) e, dall'altro lato, dei limiti temporali di efficacia della fideiussione risultanti dal comma 7 del medesimo art. 3 (che, facendo riferimento al “momento del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento sull'immobile o dell'atto definitivo di assegnazione”, identifica la causa concreta della garanzia nel consentire ai promissari acquirenti di tornare in possesso delle somme anticipate nel caso in cui si verifichi una situazione di crisi del costruttore che impedisca il perfezionamento dell'operazione negoziale, a nulla rilevando, quindi, che la rimozione dell'efficacia delle obbligazioni discendenti dal preliminare sia avvenuta prima dell'insorgenza dello stato di crisi o successivamente).

Nella sentenza che si annota, la Corte di Cassazione giunge alla conclusione opposta, ricostruendo e interpretando il fondamento normativo dell'istituto introdotto a presidio degli interessi degli acquirenti di immobili da costruire in modo radicalmente diverso da quanto fatto dai giudici della stessa sezione solamente un anno prima.

In particolare, vengono presi in considerazione:

  • l'art. 2, comma 1 (non modificato dal d.lgs. 14/2019), che prevede l'obbligo per il costruttore di procurare il rilascio della garanzia fideiussoria;
  • l'art. 3, comma 1 (modificato dal d.lgs. 14/2019, limitatamente all'individuazione dei soggetti legittimati a rilasciare la fideiussione), che stabilisce l'oggetto della garanzia;
  • l'art. 3, comma 2 (non modificato dal d.lgs. 14/2019), che descrive quando può dirsi integrata una situazione di crisi rilevante ai fini dell'escussione della fideiussione;
  • l'art. 3, comma 3 (non modificato dal d.lgs. 14/2019), che indica le condizioni necessarie affinché, in presenza di una situazione di crisi, la garanzia fideiussoria possa essere escussa;
  • l'art. 3, comma 7 (modificato dal d.lgs. 14/2019), che fissa il termine di efficacia della fideiussione.

Va aggiunto, inoltre, che il d.lgs. 14/2019 ha inserito nel corpo dell'art. 3, il nuovo comma 7-bis, il quale prevede l'emanazione di un decreto ministeriale che determini il modello standard della fideiussione.

Sulla scorta dei referenti normativi sopra elencati (che, ovviamente, sono stati considerati dalla Corte di cassazione nella versione originaria applicabile ratione temporis, ossia antecedente alle modifiche introdotte dal d.lgs. 14/2019), viene evidenziato che l'art. 3, comma 3, anziché legittimare la tesi per cui l'escussione della garanzia fideiussoria presuppone lo scioglimento del contratto preliminare (in virtù di quanto previsto dalla lett. a), a mente della quale l'acquirente, nel caso di pignoramento dell'immobile da trasferire, deve avere previamente comunicato al promittente venditore la volontà di recedere), impone la conclusione opposta, visto che, in tale evenienza, la comunicazione alla controparte della volontà di recedere dal contratto presuppone che quest'ultimo sia ancora in essere e non ne comporta il venire meno (come si evince dal fatto che il soggetto legittimato all'escussione viene sempre individuato quale “acquirente”, nel senso di promissario acquirente).

A conferma di ciò, pure nelle ulteriori situazioni di crisi (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, presentazione della domanda ammissione al concordato preventivo, pubblicazione della sentenza che dichiara lo stato di insolvenza o del provvedimento che dispone la liquidazione coatta amministrativa o l'amministrazione straordinaria) l'escussione della fideiussione presuppone che il contratto non sia sciolto, laddove è condizionata alla mancata comunicazione, da parte del competente organo della procedura concorsuale, della volontà di subentrarvi (eventualità che, chiaramente, non sussisterebbe nel caso in cui l'efficacia del contratto fosse, per qualsiasi ragione, già venuta meno).

Ne derivano, secondo la Corte di cassazione, due conseguenze:

  • da un lato, il legislatore, con la regola dettata dal comma 3 dell'art. 3, ha inteso contemperare i contrapposti interessi, salvaguardando quello del promissario acquirente all'escussione della fideiussione a patto che egli non abbia optato per lo scioglimento anticipato del contratto e preservando, così, l'interesse e la possibilità del costruttore (ovvero dell'organo della procedura concorsuale) di proseguire nel rapporto anche in presenza di una situazione di crisi;
  • dall'altro lato, la regola di cui al comma 7 dell'art. 3 si pone in perfetta coerenza con tale ratio, dal momento che, ricollegando la cessazione dell'efficacia della fideiussione all'adempimento del contratto preliminare (per inciso, sia nella versione precedente alla modifica introdotta dal d.lgs. 14/2019, ove era previsto che “L'efficacia della fideiussione cessa al momento del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento sull'immobile o dell'atto definitivo di assegnazione”, sia in quella successiva, essendo ora stabilito che “L'efficacia della fideiussione cessa nel momento in cui il fideiussore riceve dal costruttore o da un altro dei contrenti copia dell'atto di trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento sull'immobile o dell'atto definitivo di assegnazione il quale contenga la menzione di cui all'articolo 4, comma 1-quater”), presuppone la vigenza di quest'ultimo per tutta la durata della garanzia (e, dunque, anche allorquando si verificano le condizioni per la sua escussione).
Conclusioni

La sentenza che si annota pare condivisibile: non solo, infatti, la diversa interpretazione patrocinata dalla pronuncia n. 11761 del 2018 risulta ancorata a un elemento troppo debole (la dichiarazione del promissario acquirente di volere recedere dal contratto), perché riferito al solo caso del pignoramento dell'immobile, ma trascura anche di considerare che quanto ulteriormente stabilito dal medesimo comma 3 dell'art. 3 con riguardo alle altre situazioni di crisi del costruttore supporta una lettura della previsione di cui alla lett. a) esattamente opposta a quella prospettata, atteso che il mancato esercizio della facoltà per l'organo della procedura concorsuale di subentrare nel contratto preliminare implica, all'evidenza, la sua permanente vigenza (per inciso, nel caso di specie il promissario acquirente aveva agito proprio in conseguenza di una situazione di crisi identificabile con l'avvio di una procedura concorsuale e non a seguito del pignoramento dell'immobile).

Un ulteriore indice confermativo della lettura restrittiva delle condizioni di escussione della fideiussione (in attesa che il decreto ministeriale deputato a definire il contenuto standard della garanzia possa eventualmente contribuire a chiarificare meglio il punto) si ricava dalle modifiche apportate dal d.lgs. 14/2019: in particolare, l'introduzione, all'art. 4, di un'ulteriore ipotesi legittimante l'escussione, identificata nell'inadempimento, da parte del costruttore, dell'obbligo di consegnare la polizza assicurativa indennitaria decennale, testimonia come il mancato scioglimento del preliminare (da cui il promissario acquirente deve nondimeno dichiarare di volere recedere) integri effettivamente un presupposto per l'azionamento della fideiussione, se è vero che tale fattispecie rimanda proprio al momento in cui le parti addivengono alla stipula del contratto definitivo in esecuzione del preliminare (la cui efficacia, dunque, non può essere medio tempore venuta meno).

D'altro canto, non può nemmeno escludersi che una precisa ed esplicita delimitazione nel senso prospettato dalla Corte di cassazione dell'operatività della fideiussione trovi fondamento nelle clausole della stessa (in effetti, anche nella fattispecie esaminata dalla sentenza annotata la compagnia assicuratrice aveva sostenuto che le clausole della polizza facevano riferimento alla restituzione degli acconti laddove la contraente fosse incorsa in una situazione di crisi che avesse impedito il trasferimento della proprietà in esecuzione del preliminare, presupponendo dunque che questo non fosse stato risolto prima dell'insorgenza della situazione di crisi). Posto che, in tale caso, il promissario acquirente subirebbe le conseguenze di pattuizioni alla negoziazione delle quali non ha partecipato (la fideiussione, infatti, è procurata nel suo interesse ma pur sempre dal costruttore, che ne avrà stabilito il contenuto in accordo con l'istituto garante), resta da vedere se clausole di questo tipo non si porranno in contrasto con il contenuto standard che la fideiussione dovrà d'ora in avanti possedere in virtù di quanto verrà stabilito con l'emanando decreto ministeriale di cui al comma 7-bis dell'art. 3 d.lgs. 122/2005.

In conclusione, va osservato che la pronuncia in commento pone un altro tassello nella perimetrazione e delimitazione dei diritti e delle tutele del promissario acquirente di immobili da costruire: si ricorderà, infatti, che con la sentenza n. 5749 del 10 marzo 2011, la Corte di cassazione aveva escluso che nell'ambito di applicazione del d.lgs. 122/2005 potessero rientrare anche i contratti aventi per oggetto immobili (da costruire) per i quali non fosse ancora stata presentata domanda volta al rilascio del permesso di costruire, mentre i dubbi di costituzionalità che pure tale pronuncia aveva, in qualche modo, evocato (e che erano stati colti nell'ordinanza del 23 giugno 2016 del Tribunale di Siena, con cui la relativa questione era stata rimessa alla Consulta) sono stati superati dalla Corte costituzionale, che, con la sentenza n. 32 del 19 febbraio 2018, ha definitivamente avallato l'interpretazione prospettata dai giudici di legittimità.

Se, in quel caso, la ragionevolezza della limitazione è stata individuata nella maggiore aleatorietà insita nell'acquisto di un immobile sulla carta (propositiva di una propensione al rischio dell'acquirente tale da escludere la necessità che vengano apprestati, nei suoi confronti, quei presidi che, al contrario, si giustificano in favore di chi possa confidare nell'utile perfezionamento dell'operazione negoziale, in ragione del fatto che la presentazione della domanda di rilascio del titolo abilitativo dimostra l'effettiva intenzione del promittente venditore di dare corso all'intervento edilizio), nell'odierna pronuncia la Corte di cassazione ha fatto leva sull'eccesso di tutela di cui beneficerebbe il promissario acquirente che si sia già avvalso del diritto di provocare lo scioglimento del contratto, qualora, in un momento successivo e magari a distanza di tempo, andasse anche ad escutere la fideiussione.

Al di là, dunque, di una doverosa attenzione alla posizione degli acquirenti di immobili da costruire, il messaggio che si ricava dalla sentenza annotata è che la tutela agli stessi accordata non deve reputarsi incondizionata, in ragione della tendenziale posizione di maggiore debolezza ed esposizione al rischio in cui versano rispetto al promittente venditore, non dovendosi comunque prescindere da un equo contemperamento degli interessi di entrambe le parti negoziali.

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