Notifica di atti amministrativi con spedizione diretta di lettera raccomandata: norme applicabili e requisiti formali
18 Novembre 2019
Massima
La notificazione di un atto della P.A. eseguita nella forma diretta della spedizione con raccomandata con avviso di ricevimento è disciplinata dalle norme dettate in proposito dal regolamento postale e non dalle disposizioni dell'art. 139 c.p.c. e della l. n. 890/1982 sulle notifiche a mezzo posta (fattispecie in tema di notifica di ordinanza ingiunzione per violazione amministrativa di natura finanziaria). Il caso
In un giudizio di opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione amministrativa emessa per una violazione finanziaria il giudice di primo grado accolse la richiesta della società opponente di dichiarare la nullità della notificazione a suo tempo ricevuta del verbale di contestazione dell'illecito. La notifica, eseguita per raccomandata con consegna nel domicilio a soggetto diverso dal destinatario, fu ritenuta irritualmente effettuata perché nell'avviso di ricevimento dell'atto non erano menzionati gli elementi occorrenti a individuare le qualità personali del consegnatario e le sue relazioni con il destinatario della comunicazione. A seguito di appello la decisione fu riformata. La notifica in questione risultava, in realtà, avvenuta per spedizione diretta di una raccomandata e non già con l'osservanza delle procedure della notifica per posta disciplinate dalle disposizioni dell'art. 139 c.p.c. e della legge n. 890/1982. Ne seguivano dunque l'inapplicabilità nella specie di tali disposizioni, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, e la necessità di reperire altrove le norme cui riferire le modalità di comunicazione utilizzate nel caso in esame. Il giudice di appello ha individuato queste norme nelle disposizioni dettate dal regolamento postale per il servizio delle raccomandate ordinarie. Il detto regolamento, in particolare, considera avvenuta la comunicazione per raccomandata nella data in cui la stessa è consegnata nel domicilio del destinatario, essendo irrilevante la compiuta identificazione del soggetto ricevente se diverso da esso. Il generale disposto di cui all'art. 1335 c.c. ammette, in fattispecie come questa, il destinatario finale a provare di non avere avuto notizia dell'atto per impossibilità non dovuta a sua colpa: nella specie siffatta prova non era stata fornita e pertanto la dedotta nullità della notifica non si era verificata. Il ricorso per cassazione della società soccombente ha assunto come motivo di gravame l'asserita violazione o falsa applicazione dell'art. 1335 c.c. in relazione agli artt. 24 e 111 Costituzione. Sosteneva la ricorrente che la mancata indicazione nell'avviso di ricevimento della qualità della persona cui era stato consegnato l'atto e del suo rapporto con il destinatario della raccomandata impediva di reputare operante la presunzione di presa conoscenza prevista dalla norma codicistica; ogni diversa interpretazione risultando inosservante dei principi costituzionali del rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa.
La questione
L'inapplicabilità affermata dal giudice di merito delle norme del codice di rito e della l. n. 890/1982 sulle notifiche a mezzo posta lasciava da stabilire se la consegna dell'atto in comunicazione con raccomandata consegnata nel domicilio del destinatario a soggetto diverso da costui fosse stata validamente eseguita nonostante l'insufficienza nell'avviso di ricevimento delle indicazioni occorrenti a chiarire le qualità del consegnatario e il suo rapporto con il destinatario finale. Una risposta in senso positivo avrebbe condotto a riportare la situazione fattuale al disposto dell'art. 1335 c.c., per il quale la dichiarazione diretta a una determinata persona si reputa da essa conosciuta nel momento in cui giunge al suo indirizzo, se la stessa non prova di essere stata, senza colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Nel caso di specie la notifica del verbale di contestazione all'obbligato sarebbe risultata del tutto valida per essere stato soddisfatto l'unico requisito richiesto: la consegna dell'atto al domicilio del destinatario, in assenza della prova liberatoria. Una soluzione nel contrario senso della necessaria osservanza di formalità quali la completezza dei dati da riportare nell'avviso di ricevimento, pur nell'ipotesi di consegna avvenuta nel domicilio del destinatario, avrebbe portato a dichiarare insussistenti i presupposti occorrenti a fondare la presunzione di cui alla norma citata: con conseguente pronuncia di nullità della notifica del verbale di contestazione nei confronti del ricorrente. Le soluzioni giuridiche
La Corte di legittimità ha considerato acquisito al processo il dato di fatto accertato con la pronuncia di riforma del giudice di appello: la notifica del verbale di contestazione era avvenuta nelle semplici forme dell'invio diretto di una raccomandata con ricevuta di ritorno. Questo dato di fatto non era stato esplicitamente contestato dal ricorrente e dunque la particolare modalità con la quale quella comunicazione era stata eseguita doveva ritenersi provata e definitivamente acquisita al processo. Da questo assunto sono discese le affermazioni oggetto della pronuncia. La prima di esse è consistita nella condivisione della valutazione di inapplicabilità delle norme concernenti la notifica a mezzo posta dettate dall'art. 139 c.p.c. e dalla l. n. 890/1982, le quali prevedono formalità articolate che fanno della notificazione una consecuzione di adempimenti. Come ritenuto dal giudice di appello, la disciplina cui riferirsi doveva allora essere individuata in quella disposta dal regolamento ordinario postale che non richiede modalità particolari e ritiene sufficiente la consegna dell'atto in comunicazione all'indirizzo del destinatario. Infine, si è affermato, risultava corretto il riferimento al disposto di cui all'art. 1335 c.c. Tale norma pone per le dichiarazioni ricettizie giunte all'indirizzo del destinatario una vera e propria presunzione di avvenuta conoscenza, a smentita della quale al destinatario è consentita la prova contraria. La facoltà così attribuitagli esclude ogni dubbio di contrasto con i principi costituzionali. Osservazioni
La Corte di cassazione ha ascritto ad omissione del ricorrente gli effetti della mancata contestazione di un fatto in ordine al quale il giudice di appello aveva riformato la decisione del tribunale. Con il ricorso non si era negato, infatti, che la notifica del verbale di contestazione fosse avvenuta nella semplice modalità della spedizione di una raccomandata, così come ricostruito dal detto giudice di merito: e la circostanza era da ritenersi ormai acquisita al processo e non più controvertibile. Da essa conseguivano logicamente le conclusioni raggiunte dalla Corte di merito, portate all'esame del giudice di legittimità. Per verità, la contestazione omessa dal ricorrente sarebbe stata di scarsa efficacia per le sorti del processo, dato che le modalità della comunicazione emergevano come fatto oggettivo dal solo esame degli atti. L'accertamento non avrebbe richiesto alla Corte una indagine fattuale ad essa preclusa, risolvendosi in una mera constatazione, per di più già effettuata senza plausibili vizi di motivazione dal giudice del merito. In ogni caso, l'evidente insufficienza difensiva ha consentito alla Corte di avere un punto certo di partenza, per argomentare la decisione, nel riferimento ad un rilevante principio di diritto: quello di contestazione dei fatti costitutivi della pretesa altrui come onere da assolvere per esigere dalla controparte la prova del fondamento della sua pretesa. Tanto stabilito, sorgeva per il Supremo Collegio il problema di accertare l'esattezza dell'assunto del giudice d'appello secondo cui nella specie non risultavano applicabili le norme sulle notifiche a mezzo posta e dovevasi fare riferimento a quelle contenute nel regolamento di esecuzione del codice postale (art. 37). In tal senso si è pronunciato, a conferma della decisione di merito. L'affermazione risultante non ha costituito una assoluta novità, come espressamente ha riconosciuto nell'ordinanza la Corte, pur non sussistendo precedenti per lo specifico caso della notifica di un verbale di contestazione ad opera del Ministero dell'Economia e Finanze. La decisione in oggetto ha operato una interpretazione estensiva dei principi affermati dalla stessa giurisprudenza di legittimità in materia di notifiche a mezzo raccomandata di atti impositivi di tributi. A questo proposito si era affermato, ad esempio, da Cass. civ.,sez. VI, ord. n. 29022/2017 che, nel caso di notifica della cartella di pagamento mediante invio diretto di una raccomandata con avviso di ricevimento, come consentito dall'art. 26 d. P.R. n. 602/1973, dovevano trovare applicazione le norme del regolamento postale per il servizio delle raccomandate ordinarie. Nello stesso senso si erano successivamente espresse: Cass. civ.,sez. V, n. 8293/2018, anch'essa riferita alla notifica di atti dell'Amministrazione finanziaria; Cass. civ.,sez. VI, n. 24780/2018, riguardante la notifica della cartella esattoriale per il recupero di contributi previdenziali (art. 60 d.P.R. n. 600/1973); Cass. civ.,sez. VI, ord., n. 8086/2018 a proposito della notifica del preavviso di fermo amministrativo. Queste pronunce, relative a provvedimenti di contenuto diverso, giustificavano l'estensione in via interpretativa della regola da esse enucleata alla fattispecie della notifica di un'ordinanza ingiunzione per una violazione sanzionata in via amministrativa, anche in considerazione della sua sostanziale natura finanziaria (emessa per operazioni finanziarie eseguite senza le formalità di legge). L'identità di ratio fondava una siffatta applicazione per analogia. Il ricordato regolamento postale non impone regole rigorose per la validità della notifica a mezzo di raccomandata spedita in via diretta. Questa circostanza ha giustificato nella vicenda di specie l'affermazione della irrilevanza del contenuto dell'avviso di ricevimento, una volta assodato che la comunicazione contestata dal ricorrente era comunque arrivata all'indirizzo del destinatario. Un precedente nel senso di tale irrilevanza era costituito da Cass. civ.,sez. V, n. 15793/2014 che aveva affermato potersi presuntivamente desumere la qualità di convivente del destinatario in colui che nella di lui abitazione materialmente aveva ricevuto l'atto. A sua volta Cass. civ., V. n. 8293/2018 aveva considerato superfluo l'invio della raccomandata (previsto dall'art. 139 c.p.c.) al destinatario dopo che l'atto in comunicazione era stato consegnato al portiere. Più ampiamente e proseguendo nella stessa strada, Cass. civ., sez. VI, ord., n. 24780/2018 e Cass. civ.,sez. VI, ord., n. 8086/2018 avevano apertamente dichiarato che la notifica a mezzo di invio diretto della raccomandata è da ritenersi compiuta già con la ricezione dell'atto nel domicilio del destinatario, senza la necessità di una specifica relata o della completezza nell'avviso di ricevimento dei dati personali relativi al soggetto consegnatario. La decisione della Corte si è conformata alle precedenti pronunce. Essa, però, ha più chiaramente esposto un importante passaggio delle argomentazioni svolte. Se la raccomandata consegnata ad un soggetto diverso dal destinatario, ha osservato, deve essere considerata pervenuta realmente a costui per il solo fatto che sia stata ricevuta nel suo domicilio, ciò deve ritenersi conseguenza logica di una evidente presunzione fondata sulla normalità dei rapporti da intendersi esistenti tra detto destinatario e chi riceve materialmente l'atto: presunzione che sorge in forza della riscontrata presenza del consegnatario nel domicilio di colui cui l'atto è inviato. La presunzione è quella stessa disposta in generale dall'art. 1335 c.c. per il quale la dichiarazione diretta ad una persona si intende da essa conosciuta quando è giunta al suo indirizzo. La norma è stata ritenuta applicabile alle dichiarazioni unilaterali ricettizie in forma scritta di qualunque genere (Cass. civ.,sez. lav., n. 12135/2003; Cass. civ., n. 4893/1987); in questo ambito la detta presunzione di conoscenza opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo della missiva all'indirizzo del destinatario. Come dispone la norma citata, spetta a costui fornire la liberatoria prova di non avere avuto la possibilità di acquisire notizia dell'atto speditogli (Cass. civ.,sez. II, n. 4310/2002). La facoltà di prova assicura la legittimità costituzionale del sistema in quanto consente all'interessato di difendersi nel contesto dell'indispensabile contraddittorio. Va ricordato che la giurisprudenza intende in senso permissivo il principio così ripetutamente affermato, in quanto ammette che quel fatto oggettivo dell'arrivo della dichiarazione all'indirizzo del destinatario possa essere ricostruito e ritenuto provato anche in base ad indizi e presunzioni.
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