La sofferenza: cos'è, come si liquida e come l'accerta il CTU?

20 Novembre 2019

In occasione del FAMLI (Rimini, 21 - 23 Novembre 2019) il Pres. Spera, Pres. X Sezione civile Trib. Milano e Direttore scientifico di Ridare.it, risponde in modo chiaro ad alcune delle più importanti questione in tema di valutazione, accertamento e liquidazione della sofferenza.
Cosa è il “Gruppo danno alla persona” dell'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano?

Le Tabelle di Milano sul danno non patrimoniale sono il risultato di ricerca, analisi, confronto e sintesi svolti dall'Osservatorio di Milano sulla Giustizia civile - Gruppo Danno alla persona (c.d. “Gruppo DannoMilano”).

In questo momento il “Gruppo DannoMilano” è composto da 350 persone, suddivise in 11 sottogruppi di lavoro.

Tra i membri vi sono avvocati (iscritti in diversi Fori) che sono fiduciari di compagnie assicuratrici oppure che difendono le vittime degli incidenti stradali e di altri fatti illeciti; vi sono inoltre giudici, prevalentemente dei Tribunali della Corte d'Appello di Milano, ma anche di altri distretti; partecipano anche medici legali e professori che svolgono la propria attività professionale presso diverse sedi universitarie.

E dunque le soluzioni definitivamente accolte (talora dopo un confronto protrattosi per un anno intero) sono il frutto di una ponderata ed armonica valutazione degli interessi in gioco e dei ruoli di tutti i protagonisti del processo: giudice, avvocati, consulenti, medici legali.

Al contrario, le Tabelle del Tribunale di Roma sono il frutto delle riunioni delle tre Sezioni che accertano e liquidano il danno biologico e, più in generale, il danno non patrimoniale. Sono discusse e approvate nelle riunioni di Sezioni convocate ex art. 47-quater Ordinamento giudiziario, secondo cui tra le attribuzioni del Presidente di Sezione rientra anche quella di curare «lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all'interno della sezione».

Qual è il metodo di lavoro dell'Osservatorio di Milano?

La liquidazione del danno non patrimoniale, sino alla fine degli anni settanta, era basata sul criterio dell'equità pura ex art. 1226 c.c.

Nessuno può però arrogarsi il diritto di stabilire il “valore monetario giusto” per la compensazione della perdita di un occhio di un ragazzo di vent'anni o di un figlio per un genitore. I beni della salute e della famiglia sono valori per loro natura inestimabili.

Ma, poiché il giudice è comunque chiamato a quantificare un beneficio economico compensativo per la vittima primaria e per quelle secondarie, la costruzione della curva tabellare non potrà ispirarsi all'intimo sentire, soggettivo e certamente fallace, di uno o più giudici: la curva dei valori monetari dovrà conformarsi a criteri convenzionali normalmente adottati dalla giurisprudenza e per ciò stesso maggiormente condivisi. È questa la ragione per cui le Tabelle milanesi di regola prendono le mosse dal monitoraggio dei precedenti giudiziari di Milano e di altri uffici giudiziari.

Qual è il contenuto delle novità della Tabella milanese del danno non patrimoniale alla salute dopo le sentenze di San Martino 2008?

Il più rilevante intervento di modifica delle Tabelle milanesi si è avuto nel 2009 a seguito della pubblicazione delle sentenze delle Sezioni Unite c.d. “sentenze di San Martino” del 2008 (nn. 26972/2008, 26973/2008, 26974/2008 e n. 26975/2008), le quali, mutando sensibilmente lo “statuto del danno non patrimoniale” precedente, sancirono che, quando c'è una lesione biologica, i pregiudizi conseguenti alla menomazione psicofisica, «il pregiudizio non patrimoniale consistente nel non poter fare» e quello ravvisato nella pena e nel dolore conseguenti (e cioè «nella sofferenza morale determinata dal non poter fare») sono, in definitiva, due facce della stessa medaglia, essendo la sofferenza morale «componente di più complesso pregiudizio non patrimoniale».

Così si legge nei Criteri orientativi” della Tabella milanese del danno non patrimoniale da lesione del bene salute: «Per individuare i valori monetari di tale liquidazione congiunta, si è poi fatto riferimento all'andamento dei precedenti degli Uffici giudiziari di Milano, e si è quindi pensato:

a una tabella di valori monetari “medi”, corrispondenti al caso di incidenza della lesione in termini "standardizzabili" in quanto frequentemente ricorrenti (sia quanto agli aspetti anatomo-funzionali, sia quanto agli aspetti relazionali, sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva);

a una percentuale di aumento di tali valori “medi” da utilizzarsi -onde consentire un'adeguata "personalizzazione" complessiva della liquidazione- laddove il caso concreto presenti peculiarità che vengano allegate e provate (anche in via presuntiva) dal danneggiato, in particolare:

  • sia quanto agli aspetti anatomo-funzionali e relazionali (ad es. lavoratore soggetto a maggior sforzo fisico senza conseguenze patrimoniali; lesione al "dito del pianista dilettante"),
  • sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva (ad es. dolore al trigemino; specifica penosità delle modalità del fatto lesivo),

ferma restando, ovviamente, la possibilità che il giudice moduli la liquidazione oltre i valori minimi e massimi, in relazione a fattispecie del tutto eccezionali rispetto alla casistica comune degli illeciti» (v., amplius, D. SPERA, Tabelle milanesi 2018 e danno non patrimoniale, in Officine del Diritto, Giuffrè Francis Lefebvre, 2018).

Cosa è il danno morale?

Nel passato per “danno morale” si intendeva il “danno non patrimoniale di cui all'art. 2059 c.c., risarcibile «solo nei casi determinati dalla legge».

Per “danno non patrimoniale” fino alle citate “sentenze di San Martino”, si è infatti sempre inteso, pressoché come sinonimo, il “danno morale soggettivo”, quale «transeunte turbamento dello stato d'animo della vittima»: afflizioni morali e turbamenti dello stato d'animo del danneggiato.

Con le c.d. “sentenze gemelle” della Corte di Cassazione n. 8827-8828 del 31 maggio 2003 e la successiva sentenza della Corte Costituzionale n. 233/2003, in relazione al limite derivante dalla riserva di legge prevista dall'art. 2059 c.c., si predilige «una lettura della norma costituzionalmente orientata», che«impone di ritenere inoperante il detto limite se la lesione ha riguardato valori della persona costituzionalmente garantiti».

A seguito di questa svolta storica, l'art. 2059 c.c. diventa norma idonea a ricomprendere «ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d'animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell'interesse, costituzionalmente garantito, all'integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona» (così la Corte Costituzionale sentenza n. 233/2003). (LINK dr Spera Bussola il danno non patrimoniale).

È cambiata la nozione di danno morale dopo le recenti sentenze della Cassazione?

Con l'ordinanza Cass. civ., n. 7513/2018 (c.d. “ordinanza decalogo”), nel punto 10) si precisa che il danno non patrimoniale (anche nelle ipotesi diverse dal danno biologico) va sempre liquidato «tenendo conto tanto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore), quanto di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso» (v., in tal senso, anche Cass. civ., sent. n. 901/2018).

È solo per mera sciatteria legislativa che nell'art. 138 cod. ass. si fa menzione del “danno morale” e nel successivo art. 139 si richiama, invece, la “sofferenza psico-fisica: non v'è dubbio che si tratti del medesimo pregiudizio non patrimoniale, ora definito “danno da sofferenza soggettiva interiore”.

Il danno morale dunque, nel solco delle sentenze di san Martino 2008, è la sofferenza soggettiva interiore rientrante nel genus danno non patrimoniale, ma con le citate sentenze della Cassazione del 2018, ora questa voce di danno deve essere liquidata separatamente.

Infatti, nei punti 8 e 9 dell'ordinanza “decalogo” n. 7513/2018 si stigmatizza:

8) «in presenza di un danno alla salute, non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione)»;

9) «ove sia correttamente dedotta ed adeguatamente provata l'esistenza d'uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione» (per la disamina critica di queste statuizioni, v. SPERA, Time out: il “decalogo” della Cassazione sul danno non patrimoniale e i recenti arresti della Medicina legale minano le sentenze di San Martino, in Ridare.it).

I nuovi arresti della Cassazione impongono una modifica della Tabella milanese del danno non patrimoniale da lesione del bene salute?

Ebbene deve essere ora riconosciuto che purtroppo, in alcuni casi, la Tabella milanese è stata adoperata non correttamente. È infatti talvolta accaduto che la Tabella, invece di essere usata per quello che è - e cioè uno strumento di ausilio per l'interprete nel lavoro di discernimento dell'equa liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute nel caso concreto – sia stata intesa come un comodo automatismo, una sorta di scorciatoia della motivazione, eludendo così la seguente verifica doverosa in ogni processo: il danno da sofferenza soggettiva interiore è adeguatamente compensato - in questa fattispecie concreta - con l'importo indicato dalla Tabella in relazione a questo danno biologico patito da questo soggetto danneggiato?

È di tutta evidenza, invece, che la separata valutazione (propugnata dalla Cassazione) del danno dinamico relazionale e di quello da sofferenza soggettiva interiore deve necessariamente comportare quantomeno un “ritocco” della Tabella che, naturalmente senza tradire l'impianto fondamentale della stessa, frutto della sua storia, consenta tuttavia di dare conto delle attuali indicazioni della Cassazione (v. anche SPERA, Le novità normative e la recente giurisprudenza suggeriscono un ritocco della Tabella milanese del danno non patrimoniale da lesione del bene salute?, in Ridare.it).

In cosa consiste in concreto il “ritocco” alla Tabella milanese del danno non patrimoniale da lesione del bene salute?

Lasciando immutate la prima e l'ultima colonna della Tabella milanese, la bozza di ritocco potrebbe essere la seguente:

- denominare la seconda colonna «punto danno biologico dinamico relazionale rivalutato al 2018»;

- indicare nella terza colonna anche il valore «punto danno da sofferenza soggettiva interiore media presunta», calcolando l'importo risultante dalla immutata percentuale;

- specificare nella quarta colonna che il valore «punto danno non patrimoniale al 2018” è “determinato dalla somma degli importi indicati nelle colonne 2 e 3»;

- aggiungere, in corrispondenza di ogni anno di età del danneggiato, all'indicazione del complessivo danno non patrimoniale, separatamente, anche l'ammontare monetario del «danno biologico dinamico relazionale» e quello del «danno da sofferenza soggettiva interiore media presunta».

Per una più agevole comprensione, può essere utile il seguente esempio.

La perdita completa del visus ad un occhio è valutata dalla Medicina legale in un danno biologico del 28% della complessiva integrità psico-fisica. Il “ritocco”, per una vittima che ha compiuto 20 anni al momento della stabilizzazione dei postumi permanenti, comporterebbe la nuova veste grafica della Tabella milanese nei termini che seguono:

invalidità

Punto danno biologico dinamico relazionale rivalutato al 2018

Punto danno da sofferenza soggettiva interiore media presunta, determinato in percentuale (indicata tra parentesi) del danno biologico dinamico relazionale

Punto danno non patrimoniale al 2018, determinato dalla somma degli importi indicati nelle colonne 2 e 3

Demoltiplicatore per età

(es.20 anni) 0,905

Risarcimento complessivo danno non patrimoniale, con indicazione tra parentesi di quanto liquidato a titolo di danno biologico dinamico relazionale e a titolo di sofferenza soggettiva interiore media presunta

Aumento personalizzato

28%

€ 4.046,04

€ 1.780,26

(44%)

€ 5.826,30

€ 147.638,00

(€ 102.526,65 + € 45.111,79)

31%

Ed allora, con la nuova veste grafica della Tabella milanese da lesione del bene salute, l'avvocato sarà chiamato ancora di più ad allegare e provare circostanze di fatto da cui il giudice potrà desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio correlato alla sofferenza soggettiva interiore. Il giudice valuterà tali allegazioni e prove, terrà conto delle risultanze della CTU medico legale e, ai sensi degli artt. 2727 c.c. e ss., da tali circostanze di fatto note, sulla base di “presunzioni gravi, precise e concordanti”, riterrà provato il “fatto ignorato” della sofferenza soggettiva interiore in concreto patita.

Il giudice dovrà in particolare valutare se l'importo risultante dalla colonna “danno da sofferenza soggettiva interiore media” (nell'esempio sopra riportato € 45.111,79) sia congruo in relazione alla fattispecie concreta.

In ordine al danno da sofferenza soggettiva interiore, il giudice, quindi, potrà:

a) diminuire detto importo anche notevolmente (e forse addirittura azzerarlo) in assenza totale di allegazioni e risultanze processuali (ivi comprese quelle descritte nella relazione del CTU medico-legale);

b) confermarlo e quindi non modificarlo, in base alle risultanze processuali, ove il giudice ritenga che, nel caso di specie, non siano emersi elementi per discostarsi dalla quantificazione della sofferenza soggettiva media, in conformità ai precedenti giurisprudenziali che l'hanno ritenuta presunta, in relazione a quel grado di invalidità e a quell'età della vittima, e ne hanno stimato congrua la compensazione con quei valori monetari;

c) aumentarlo, in via eccezionale, sulla base di precise allegazioni e prova di circostanze di fatto (ed eventualmente avvalendosi di CTU collegiale con medico legale e psichiatra forense o psicologo giuridico), ma pur sempre nell'ambito della forbice percentuale di personalizzazione indicata nell'ultima colonna della Tabella milanese (nell'esempio sopra riportato, fino a max 31%, sempre che non si tratti di lesione al bene salute da illecito doloso, in presenza del quale non vale detto limite come chiarito nei “Criteri orientativi”).

Le modifiche normative degli artt. 138 e 139 Codice Assicurazioni private ed i recenti arresti della Cassazione impongono l'adozione di un nuovo quesito medico legale?

La risposta è positiva.

L'Osservatorio di Milano, nell'aprile 2013, approvò un quesito medico legale da adottare sia nelle ipotesi di cogente applicazione dell'art. 139 cod. ass. sia in tutte le altre ipotesi di applicazione della Tabella milanese.

Le ultime riforme normative e i recenti arresti della Cassazione hanno imposto un riesame di quel quesito. È stato costituito un gruppo di studio, il gruppo 9, composto da giuristi e medici legali, dedicato all'approfondimento ed all'elaborazione di un quesito medico legale aggiornato e coerente agli sviluppi legislativi, giurisprudenziali e della Dottrina medico legale. Il gruppo 9, dopo un appassionato confronto protrattosi per oltre un anno, ha approvato la bozza del nuovo quesito medico legale, in vista della sua pubblicazione nella veste definitiva nel 2020.

Con quali modalità il medico legale dovrà accertare il danno biologico?

L'Osservatorio di Milano si è chiesto con quali modalità il CTU dovrà procedere all'accertamento medico legale del danno biologico.

L'art. 139, integralmente sostituito dall'art. 1, comma 19 della c.d. “Legge Concorrenza” (legge 4 agosto 2017, n. 124), ora nel comma 2, secondo periodo, (con una modesta modifica della norma precedente) dispone: «In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente».

La ratio della norma (introdotta già nel 2012) è certamente quella di ridurre il rischio di indennizzi conseguenti a frodi assicurative ovvero a negligenze colpose nell'accertamento medico legale delle micropermanenti e per diminuire, correlativamente, i costi dei premi assicurativi. LINK Spera bussola art 139 micropermanenti).

Giova evidenziare che la normativa precedentemente in vigore aveva ricevuto un implicito vaglio positivo dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 235/2014, laddove la Corte ha affermato che le lesioni lievi comportano: «la necessità di un “accertamento clinico strumentale” (di un referto di diagnostica, cioè, per immagini) per la risarcibilità del danno biologico permanente; la possibilità anche di un mero riscontro visivo, da parte del medico legale, per la risarcibilità del danno da invalidità temporanea». L'anno successivo la Consulta (ordinanza n. 242/2015) ha inoltre confermato l'esclusione della necessità del riscontro strumentale per il danno biologico temporaneo e la non censurabilità della prescrizione della (ulteriore e necessaria) diagnostica strumentale ai fini di ricollegare un danno “permanente” alle microlesioni.

Tuttavia, la Suprema Corte, con una interpretatio abrogans, ha sostanzialmente posto nel nulla le novità introdotte dal legislatore sulle descritte modalità di accertamento del danno biologico ex art. 139 novellato (vedi anche SPERA, Il nuovo quesito medico legale all'esame dell'Osservatorio di Milano, in Ridare.it).

Si è quindi affermato che «i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non [sono] gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis)»(Cass. civ., sent. n. 18773/2016).

Di recente, la Cassazione (ord. n. 5820/2019) ha addirittura stigmatizzato che «sarà risarcibile anche il danno i cui postumi non siano "visibili", ovvero non siano suscettibili di accertamenti "strumentali", a condizione che l'esistenza di essi possa affermarsi sulla base di una ineccepibile e scientificamente inappuntabile criteriologia medico legale».

Il gruppo 9, in conformità con tale ultimo indirizzo, ha quindi concluso che il CTU, anche nelle ipotesi di cogente applicazione dell'art. 139 citato, dovrà sempre procedere all'accertamento del danno biologico temporaneo e permanente «a seguito di riscontro medico legale, con metodo clinico e/o strumentale e/o visivo».

Come accerterà il medico legale la sofferenza soggettiva interiore?

Il problema è nato perché nei punti 8) e 9) della citata ordinanza Cass. civ., n. 7513/2018 (c.d. “decalogo”) si afferma (tra l'altro) che rientrano nel danno non patrimoniale e devono essere oggetto di separata valutazione e liquidazionei «pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione)».

Inoltre, il 6-7 aprile 2018, un gruppo di Esperti Specialisti Medico Legali Nazionali, componenti della Società Italiana di Medicina Legale (SIMLA), si è riunito a Padova ed ha approvato (tra l'altro) il documento denominato Valutazione medico legale della sofferenza psico-fisica – proposta di statement, in cui si formula questa distinzione sulla sofferenza:

➢ “sofferenza pura”, conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente garantito, diverso dal bene salute e che, in quanto tale, non è di pertinenza valutativa medico-legale (come, ad esempio, in ipotesi di danno da perdita rapporto parentale);

➢ “sofferenza menomazione-correlata”, conseguente al danno biologico temporaneo e permanente.

Ciò posto, il Gruppo 9 ha dunque approvato una bozza di nuovo quesito, in cui il medico legale dovrà precisare nella relazione, con riferimento al danno biologico temporaneo e permanente:

  1. se il soggetto sia stato o meno in grado di percepire gli effetti della malattia sul “fare quotidiano”;
  2. quali attività della vita quotidiana siano state precluse o limitate;
  3. quale sia il grado di sofferenza fisica, costituito dall'eventuale dolore nocicettivo, specificandone la terapia antidolorifica;
  4. quale sia stato il trattamento terapeutico, specificando il tipo e l'entità delle medicazioni e degli interventi chirurgici necessari e le relative modalità (ad es.: se in anestesia generale o locale);
  5. la necessità di terapie continuative o di presidi protesici e/o dell'ausilio di terzi;
  6. 6. alla luce dei predetti accertamenti, ove sia stato richiesto il risarcimento del danno da sofferenza interiore, il CTU dovrà indicare in quale dei seguenti parametri possa essere valutata la c.d. “sofferenza menomazione-correlata” al danno biologico temporaneo e permanente: assente, lieve, media, elevata, elevatissima.

In tutte le ipotesi di micropermanenti (invalidità dall'1% al 9%) il CTU dovrà fare sempre applicazione della “Tabella delle menomazioni” (richiamata dall'art. 139 Codice delle Assicurazioni private);

in tutte le altre ipotesi (invalidità dal 10% al 100%) il CTU indicherà i criteri di determinazione del danno biologico e la tabella di valutazione medico legale di riferimento (barème).

In presenza di un range di riferimento nel barème adottato, il CTU dovrà spiegare le ragioni per le quali ha ritenuto di individuare una determinata percentuale di danno biologico permanente e dovrà specificare in ogni caso se abbia tenuto conto della sofferenza fisica (dolore nocicettivo) e/o di altri parametri.

Dovrebbe essere assolutamente evitata l'ipotesi (allo stato purtroppo frequente) che il CTU apoditticamente indichi, accanto al dato numerico dell'invalidità permanente accertata ed ai giorni di invalidità temporanea, il grado di sofferenza soggettiva senza alcuna motivazione!

Il giudice, sulla base delle motivate valutazioni tecniche del CTU medico legale e, tenuto conto dei documenti prodotti e dell'eventuale espletata istruttoria orale, potrà trarre - in questo modo davvero senza automatismi - da questa molteplicità di “fatti noti” la prova presuntiva dell'esistenza del “fatto ignorato” (ex art. 2727 c.c.) e, cioè, della sofferenza soggettiva interiore, per poi procedere alla conseguente liquidazione di questa componente del danno non patrimoniale, tenendo conto dei valori monetari espressi nella Tabella milanese.

In definitiva cosa comprende la sofferenza soggettiva interiore?

Il danno non patrimoniale da sofferenza soggettiva interiore comprende: la sofferenza fisica, la sofferenza menomazione-correlata e “altri pregiudizi”.

La sofferenza fisica, costituita dal dolore nocicettivo, e la sofferenza menomazione-correlata, intesa come conseguenza immediata e diretta del danno biologico permanente e temporaneo, rientrano nella competenza di accertamento da parte del medico legale.

Gli “altri pregiudizi”, sono invece quelli che «non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione)» (così il citato punto 8) della c.d. “ordinanza decalogo”).

Questi “altri pregiudizi” richiedono specifica allegazione e prova e vengono accertati dal giudice con altre modalità e, se necessario, con la nomina, oltre del medico legale, anche di un CTU psichiatra forense o psicologo giuridico.

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