Il giudizio di rinvio integra una nuova ed autonoma fase processuale di natura rescissoria

Mariantonietta Salerno
21 Novembre 2019

La Suprema Corte si è occupata della seguente questione: il giudizio di rinvio, a seguito di cassazione, integrando una nuova ed autonoma fase processuale, di natura rescissoria comporta che la riassunzione venga notificata personalmente al soggetto nuovo e diverso da quello originario a seguito di un evento interruttivo?
Massima

La riassunzione del giudizio davanti al giudice di rinvio deve essere eseguita con notificazione alla parte personalmente, per tale dovendosi intendere la "giusta parte", che, dopo l'evento interruttivo è un soggetto nuovo e diverso da quello che era stato fino ad allora nel processo.

Il caso

Il tribunale X, con sentenza, dichiarava l'annullamento ex art. 184, comma 1 c.c. del contratto di compravendita dell'immobile stipulato tra X parte venditrice, nelle more del giudizio fallito, e B, parte acquirente, anche egli fallito nel corso del giudizio, ritenendo che essendo stato il bene acquistato in regime di comunione legale fra coniugi, lo stesso era caduto in comunione legale con la coniuge, la quale non aveva prestato alcun consenso alla vendita.

La Corte d'appello di Lecce confermava la sentenza di primo grado, con la precisazione quanto al contratto, che l'annullamento del medesimo precludeva l'esame delle ulteriori azioni «per il rilievo assorbente dell'accoglimento dell'azione di annullamento».

Avverso la sentenza della Corte d'appello venia proposto ricorso per cassazione. La Corte di cassazione accoglieva il quarto motivo di ricorso incidentale e, per l'effetto, cassava, in relazione al motivo accolto, la sentenza, con rinvio alla corte d'appello.

Passando all'esame dell'unico motivo, il ricorrente principale denuncia — ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. — la nullità del procedimento e della sentenza per violazione del principio di instaurazione del contraddittorio fra le "giuste parti". Ad avviso del ricorrente sarebbe stata violata la regola iuris secondo cui la chiusura del fallimento determinerebbe la cessazione degli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e delle incapacità personali conseguenti, nonché la decadenza degli organi preposti al fallimento stesso. Ad avviso del ricorrente gli appellanti, notificando in sede di rinvio l'atto, alla curatela del fallimento, avrebbero inutilmente riassunto il giudizio, ponendo in essere un atto giuridicamente inesistente.

La questione

La questione in esame è la seguente: il giudizio di rinvio, a seguito di cassazione, integrando una nuova ed autonoma fase processuale, di natura rescissoria comporta che la riassunzione venga notificata personalmente al soggetto nuovo e diverso da quello originario a seguito di un evento interruttivo.

Le soluzioni giuridiche

Nella sentenza in commento, la Corte di cassazione osserva che pur vero che il giudizio di rinvio costituisce fase rescissoria del giudizio di cassazione di annullamento, e come tale è configurato come un giudizio sostanzialmente chiuso, ma ciò comporta soltanto la non proponibilità, nell'ambito dello stesso, di questioni diverse da quelle già trattate in precedenza e rimesse in discussione dalla sentenza di legittimità, ma non anche la legittimazione delle (originarie) parti del processo (cd. perpetuatio legitimationis), connotato estrinseco della decisione, che in base ai generali principi processuali è regolato dalla individuazione della giusta parte con riferimento all'epoca di introduzione del giudizio di rinvio.

Tale soluzione risulta, del resto, coerente al principio, desumibile da ripetute pronunzie della Corte, secondo cui il giudizio di rinvio, a seguito di cassazione, non costituisce la prosecuzione della pregressa fase di merito, ma integra una nuova ed autonoma fase processuale, di natura rescissoria (nei limiti posti dalla sentenza rescindente), funzionale all'emanazione di una sentenza che, senza sostituirsi, modificandola o riformandola, alla precedente, statuisce direttamente sulle domande proposte dalle parti.

In altri termini, ai sensi dell'art. 392, comma 2 c.p.c., la riassunzione del giudizio davanti al giudice di rinvio deve essere eseguito con notificazione alla parte personalmente, per tale dovendosi intendere la "giusta parte", che, dopo l'evento interruttivo (da correlare - mutatis mutandis - al fallito tornato in bonis) è un soggetto nuovo e diverso da quello che era stato fino ad allora nel processo. In un dibattito costantemente dominato dall'esigenza di mediare tra la tutela della "giusta parte" e il problema della conoscibilità dell'evento che determina il subentro, con quanto ne consegue in termini di protezione di chi lo abbia incolpevolmente ignorato, in particolare le Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 4 luglio 2014, n.15295), hanno enunciato questo principio di diritto: l'incidenza sul processo degli eventi previsti nell'art. 299 c.p.c. è disciplinata in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell'ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l'evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all'art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l'evento non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell'impugnazione. Tale posizione giuridica è suscettibile di modificazione nell'ipotesi in cui, nella successiva fase d'impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altri parti l'evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l'evento sia documentato dall'altra parte (come previsto dalla novella di cui all'art. 46 della legge n. 69/2009), o notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario ai sensi del quarto comma dell'art. 300 c.p.c. Da ciò si è fatto derivare, fra l'altro, che è ammissibile l'atto di impugnazione notificato, ai sensi del primo comma dell'art. 330 c.p.c., presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell'evento. L'arresto nomofilattico in esame ha una portata generale poiché supera il principio per cui l'esigenza di stabilità del processo debba intendersi limitata al grado di giudizio in cui l'evento interruttivo è occorso e giunge a fissare, nei termini sopra precisati, la regola dell'ultrattività del mandato.

Osservazioni

Passando all'esame della questione affrontata dalla sentenza in commento, il ricorrente principale denuncia — ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. — la nullità del procedimento e della sentenza per violazione del principio di instaurazione del contraddittorio fra le "giuste parti", alla luce dell'art. 120 l.fall. e degli artt. 81 e 101 c.p.c., oltre a violazione - ex art. 360 n. 3 c.p.c. - degli artt. 392 e 393 c.p.c. per omessa declaratoria di estinzione del processo a seguito della mancata citazione in giudizio degli eredi della parte originaria. Ad avviso del ricorrente sarebbe stata violata la regola iuris secondo cui la chiusura del fallimento determinerebbe la cessazione degli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e delle incapacità personali conseguenti, nonché la decadenza degli organi preposti al fallimento stesso. Ad avviso del ricorrente gli appellanti notificando in sede di rinvio l'atto alla curatela del fallimento della parte originaria avrebbero inutilmente riassunto il giudizio, ponendo in essere un "atto giuridicamente inesistente". La chiusura del fallimento, determinando la cessazione degli organi fallimentari e il rientro del fallito nella disponibilità del suo patrimonio, fa venir meno la legittimazione processuale del curatore, e determina il subentro dello stesso fallito tornato in bonis al curatore nei procedimenti pendenti all'atto della chiusura del fallimento.

Il giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza di secondo grado per motivi di merito (cd. giudizio di rinvio proprio) costituisce non la prosecuzione della pregressa fase di merito che ha preceduto il giudizio di cassazione, ma una nuova ed autonoma fase del processo che, pur essendo soggetta, per motivi di rito, alle norme riguardanti il corrispondente procedimento di primo o secondo grado, ha natura integralmente rescissoria (nei limiti posti dalla pronuncia rescindente), ed è destinata a concludersi con una pronuncia che, senza sostituirsi ad alcuna precedente sentenza, (riformandola o modificandola), statuisce per la prima volta sulle domande proposte dalle parti. Nella pronuncia in commento la Corte di cassazione osserva che l'atto di riassunzione dinanzi al giudice del rinvio avrebbe dovuto essere notificato personalmente al fallito tornato in bonis, ovvero ai suoi eredi, ma alla luce dei principi sopra affermati, la notificazione eseguita presso la curatela è da ritenere nulla e non già inesistente, data la possibilità di ricollegare il predetto soggetto con le precedenti designazioni della parte stessa, con la conseguenza che, in applicazione dell'art.291 c.p.c., il giudice di rinvio non avrebbe potuto dichiarare, in tale ipotesi, la estinzione del processo, ma, a meno che la parte intimata non si fosse costituita, sanando la nullità, avrebbe dovuto ordinare la rinnovazione della notificazione. Concludendo, ove si consideri che nella specie la notificazione dell'atto di riassunzione aveva regolarmente raggiunto le altre parti del processo, per cui non poteva dirsi decorso il termine perentorio stabilito dall'art.393 c.p.c. Ne consegue che poiché, nonostante l'invalidità, il giudizio è proseguito alla Corte non resta che dichiarare la nullità della sentenza impugnata per esser stata pronunciata in violazione del principio del contraddittorio.

Guida all'approfondimento
  • Andrioli, diritto processuale civile, Vol. I, pag. 147;
  • Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, Vol. II, pag. 326;
  • Vaccarella, Codice di procedura civile commentato, Libro I, Torino, pag. 515 e ss.

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