La falcidia del credito IVA nel sovraindebitamento sotto la lente della Corte Costituzionale

La Redazione
02 Dicembre 2019

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, della legge 27 gennaio 2012, n. 3 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento), limitatamente alle parole: “all'imposta sul valore aggiunto”.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, della legge 27 gennaio 2012, n. 3 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento), limitatamente alle parole: “all'imposta sul valore aggiunto”.

Il caso. Con ordinanza depositata il 14 maggio 2018 (reg. ord. n. 171 del 2018), il Tribunale di Udine, in composizione monocratica, sollevava, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, della legge 27 gennaio 2012, n. 3 limitatamente alle parole «all'imposta sul valore aggiunto», implicanti la non falcidiabilità dell'IVA nel sovraindebitamento. Il giudizio principale aveva infatti ad oggetto un ricorso volto ad ottenere l'ammissione e la successiva omologazione di un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento il cui piano proposto ai creditori prevedeva la soddisfazione solo parziale dei crediti concorsuali, tutti indistintamente collocati al chirografo, compresi quelli privilegiati. Tra i crediti privilegiati figuravano anche le somme da pagare all'erario a titolo di imposta sul valore aggiunto.

L'adempimento legato all'IVA può dunque essere oggetto solo di dilazione. A differenza delle altre ragioni di credito tributarie, in genere soggette a possibile falcidia alla stessa stregua delle altre poste di credito privilegiate, l'adempimento legato all'IVA (oltre che dei tributi che costituiscono risorse proprie dell'Unione europea e delle ritenute non versate dal sostituto d'imposta), poteva essere oggetto solo di dilazione, mai di parziale decurtazione, giusta quanto previsto dall'art. 182-ter della legge fallimentare. Tale norma, però, non detta una specifica regola che possa, in via di eccezione, derogare ad un principio generale, come quello di cui è espressione l'art. 160, comma 2, che costituisce diretta declinazione, in relazione alle pretese tributarie, della regola della falcidiabilità dei crediti privilegiati, prevista in tema di concordato preventivo. Principio, quest'ultimo, espressione tipica delle procedure concorsuali, maggiori o minori, con finalità esdebitatoria, tanto da risultare replicato anche per gli strumenti di definizione anticipata delle situazioni di sovraindebitamento prevista dalla legge n. 3 del 2012.

La differenza di disciplina che caratterizzava dunque il concordato preventivo (per cui la falcidiabilità dell'IVA era possibile) e l'accordo di composizione dei crediti del debitore civile non fallibile (per cui non era invece possibile) dava luogo ad una ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento tale da concretare l'addotta violazione dell'art. 3 Cost.

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