I contratti atipici diversi dalla locazione: coworking e service

Maurizio Tarantino
11 Dicembre 2019

Il mutamento del contesto economico e delle scelte low cost ha portato i vari addetti del settore a pensare a nuove tipologie contrattuali dotate di maggiore flessibilità. Il contratto di service e il contratto di coworking sono un'evoluzione del contratto di locazione e sono la risposta alle esigenze del nuovo mercato. In tali fattispecie, la fruizione del servizio non è una mera prestazione accessoria, ma assume un ruolo prevalente rispetto all'utilizzo del bene immobile. In questo caso, l'oggetto del contratto è, dunque, un servizio a prestazione complessa e la scelta della tipologia contrattuale con la quale disciplinare l'accordo tra le parti diviene importante. Difatti, gli elementi di rigidità che contraddistinguono il contratto di locazione ad uso commerciale (durata minima, recesso per gravi motivi, avviamento), spesso mal si conciliano con le esigenze del nuovo contesto economico che porta i vari operatori a scegliere soluzioni che non comportino vincoli duraturi nel tempo. La prassi, dunque, ha sviluppato nuovi schemi che sono un'alternativa a quelli vincolistici previsti dal legislatore e che si collocano in un settore lasciato alla libera autonomia delle parti.
Il quadro normativo

L'attività del coworking è il raduno sociale di un gruppo di persone che lavorano in modo indipendente, ma che condividono dei valori e sono interessati alla sinergia che può avvenire lavorando a contatto con persone di talento. Il fenomeno del coworking è arrivato in Italia e si è sviluppato seguendo tre strade: il coworking ibrido, uno spazio nato come ufficio tradizionale e riadattato per assolvere le funzioni di uno spazio condiviso; il coworking importato, un network estero già avviato e funzionante che ha aperto filiali anche in Italia; il coworking nativo, un'attività pensata fin dal principio come coworking e sviluppata in Italia.

Dal punto di vista normativo, si osserva che il contratto di coworking è un negozio atipico (ossia non regolamentato dalla legge, ma certamente meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c.), qualificabile quale contratto di durata a causalità mista (in considerazione della continuità e della estensione temporale di lunghezza variabile o della loro periodicità ripetuta).

Il gestore dello spazio di coworking, oltre ad offrire una postazione lavorativa, mette a disposizione dei coworkers una serie di servizi (dalla connessione internet, alla possibilità di fruire di sale riunioni; dalla pulizia degli spazi personali e comuni, al servizio segreteria) a fronte della corresponsione di compensi basati su tariffe d'uso predeterminate. Nell'inquadrare giuridicamente il contratto di coworking deve tenersi a mente che il gestore non intrattiene rapporti con l'attività svolta dal coworker.

In argomento, inoltre, si osserva che è stato presentato in Senato il 12 aprile 2013 il disegno di legge n. S.542 (assegnato alla 10ª Commissione permanente Industria, commercio, turismo in sede referente l'11 ottobre 2013, ma non ancora discusso).

Aspetti generali del contratto di coworking

Il contratto di coworking o di condivisione ufficio permette di regolare i rapporti tra i clienti e il gestore di uno spazio di lavoro condiviso. Gli spazi sono locali attrezzati con una serie di servizi utili e connessi ad un'attività lavorativa, tipicamente da ufficio e vengono utilizzati in comune da più soggetti (coworkers).

Gli elementi principali e obbligatori del contratto sono, infatti, l'offerta di uno spazio arredato ad uso ufficio e la fornitura di servizi funzionali all'attività. Questo contratto consente di regolare con flessibilità gli aspetti legati alle modalità di utilizzo dei locali e dei servizi da parte dei coworkers, di individuare i relativi prezzi e consente di stabilire in anticipo le responsabilità del coworker nel caso di irregolarità nell'utilizzo degli spazi.

Come detto in precedenza, il contratto di coworking è atipico, ossia non viene espressamente previsto dal codice civile, ma viene contemplato comunque dalla legge quando riserva alle parti la libertà di determinare il contenuto dell'atto (art. 1322 c.c.). Il coworking è un atto a sua volta oneroso perché riconosce al concedente il diritto di pretendere un canone periodico per il godimento degli spazi dati in concessione.

Secondo alcuni autori, il contratto di coworking, pur se atipico, potrebbe essere qualificato all'interno della disciplina legale come un'unione fra contratto di locazione e appalto di servizi. Nello specifico:

- in riferimento alla locazione vi sonoelementi come il godimento di un bene senza diventarne proprietari, il pagamento di un affitto, gli oneri del proprietario in merito alla concessione in uso dell'immobile garantendo il pacifico godimento durante la locazione (art. 1575 c.c.) Anche per il libero professionista esistono degli obblighi. Egli deve servirsi dell'immobile per l'uso determinato nel contratto, dando il corrispettivo pattuito entro la scadenza concordata con il concedente (art. 1577 c.c.).

- In merito all'appalto di servizi (o dalla somministrazione) esiste l'obbligo del conduttore di fornire tutto ciò che serve per garantire l'attività lavorativa del professionista (art. 1677 c.c.), quindi occuparsi delle principali utenze (energia elettrica, connessione internet, ecc.) il cui pagamento della relativa bolletta potrà essere incluso nel canone periodico.

Dal punto di vista temporale, il contratto dura il tempo necessario affinché il professionista possa utilizzare la postazione per le proprie esigenze, quindi per uno o più mesi, per un anno ma anche per pochi giorni. Questa caratteristica differenzia il contratto di coworking da quello della locazione per uso commerciale, in quanto garantisce prestazioni di lavoro minime per tutti quei professionisti che ne hanno bisogno.

Essendo un contratto atipico, nel coworking può essere previsto un termine di scadenza con preavviso anticipato, senza dimostrare eventuali esigenze (come avviene nella locazione ad uso abitativo), e le parti possono concordare per il rinnovo.

Il contratto cessa i suoi effetti quando sopraggiunge il termine di scadenza, ma può cessare anche per risoluzione qualora si verifichino determinati eventi (ad esempio il mancato o ritardato pagamento del canone). Dunque, questo contratto può esser utilizzato per strutture appositamente progettate per il coworking, ma anche per normali uffici condivisi tra più società. L'importante è che il gestore offra uno o più servizi ulteriori rispetto alla sola offerta dei locali. Se infatti il gestore si limita a mettere a disposizione uno spazio arredato senza fornire alcun servizio, sarà opportuno stipulare con l'utilizzatore o gli utilizzatori dello spazio un contratto di locazione commerciale (con le rispettive regole normative).

Infine, gli spazi adibiti a coworking devono rispettare due regole principali: la destinazione dei locali, i quali devono essere adibiti ad uso ufficio; il rispetto delle normali norme di sicurezza (d.lgs. n. 81/2008).

Le differenze tra la locazione e il coworking

La prima differenza - come anticipato - è rappresentata dal profilo temporale: la locazione si caratterizza per la continuità materiale della disponibilità del bene; nel coworking, invece, l'uso della postazione è frammentata e ciò incoraggia la commistione locazione/somministrazione (nei casi più estremi la postazione lavorativa può essere locata relativamente ad una fascia oraria di un giorno della settimana lungo il periodo di un anno).

Altro elemento di discontinuità è dovuto al fatto che il “bene” locato rimane legato nella disponibilità dello spazio di coworking. Difatti, il coworker, a prescindere dalla continuità del rapporto, potrà utilizzare la postazione lavorativa esclusivamente negli orari di operatività dello spazio di coworking e comunque secondo le modalità da questo determinate. A questo punto, è evidente il conflitto con la locazione ordinaria, nella quale, durante la vigenza del rapporto locatizio, il conduttore non subisce limitazioni temporali nella facoltà di godere del bene. Ad ogni modo, per evitare problemi è sempre preferibile stipulare il contratto di coworking per iscritto. In questo modo è possibile specificare gli spazi a disposizione, per quanto tempo, il costo del canone, quali servizi sono compresi nel contratto e quali sono esclusi e quali sono le regole di condotta da rispettare.

In conclusione, una volta che il contratto giunge al termine (scadenza del termine contrattuale o risoluzione per determinate cause), se non ci sono danni, il titolare deve restituire l'eventuale cauzione e l'utilizzatore deve riconsegnare le chiavi e le tessere eventualmente rilasciate per l'utilizzo delle apparecchiature (stampati, fax, computer ecc.).

Il disegno di legge n. S.542

Secondo la relazione del disegno di legge n. S.542 “Norme per il sostegno all'auto-imprenditorialità, per la diffusione delle nuove professioni e per la razionalizzazione del patrimonio immobiliare pubblico attraverso lo strumento del coworking” presentato in Senato il 12 aprile 2013, il progetto per oggetto l'adozione di misure atte a favorire l'ingresso nel mondo dell'impresa a quei soggetti che, pur avendo la possibilità di rendere fruibili competenze specifiche attraverso un'attività imprenditoriale, si trovino in condizioni di non poter sostenere le spese vive imposte da locazioni, utenze e strumentazioni di base per avviare la propria iniziativa imprenditoriale. Oltre a favorire il ritrovo sociale di professionisti indipendenti che, pur lavorando autonomamente condividono valori e interesse per le sinergie sviluppabili nello stesso ambiente, il coworking è una piattaforma collaborativa che al primo posto non mette il profitto, ma la relazione. Il progetto si rivolge a chi segue la strada dell'auto-imprenditorialità o più in generale ad aziende con necessità di delocalizzazione dei servizi. Dunque, la presente proposta vuole affidare a cooperative, consorzi e associazioni di categoria la gestione delle strutture.

Premesso ciò, il disegno di legge (attualmente non ancora discusso) prevede:

a) Definizione

Si intende per coworking la compresenza di attività imprenditoriali e di liberi professionisti che condividono la stessa struttura, servizi ed utenze al fine di ottenere una ottimizzazione delle spese correnti e dei costi vivi che incidono sull'attività. Si intende per coworker il soggetto, possessore di partita IVA, che non superi i 30.000 euro di utili netti all'anno e che svolga attività e servizi compatibili con le strutture date in uso per l'attività di coworking.

b) Le strutture

Le strutture pubbliche utilizzate per l'attività sono denominate coworking center e devono essere dotate di almeno cinque locali operativi e di una sala riunioni in comune, nonché di servizi igienici in comune. L'attività di coordinamento e organizzazione è affidata ad un gestore. Il gestore del coworking center può disporre del 25 per cento dei locali ad uso esclusivo destinandoli a utenti diversi da quelli indicati in precedenza (attività e servizi compatibili con le strutture date in uso per l'attività di coworking). Le strutture di coworking center sono individuate tra quelle di cui risultino proprietari lo Stato, le regioni e gli enti locali.

c) I beneficiari degli spazi

Sono potenziali beneficiarie degli spazi di coworking con pari condizioni, e nella misura massima di un terzo degli spazi destinati ai coworkers, quelle aziende che favoriscano l'inserimento di almeno una unità lavorativa, per locale occupato.

d) Il canone

I coworker conferiscono ai coworking center un canone mensile, comprensivo di canone di locazione della porzione di coworking center ad utilizzo esclusivo del coworker e dell'accesso e utilizzo degli spazi comuni e dei servizi igienici. Le utenze elettriche, idriche e relative ai rifiuti sono a carico dei coworking center. La quantificazione complessiva e onnicomprensiva delle suddette utenze e dei costi a carico del coworker non può superare il 15 per cento del costo di locazione, su base mensile. Il gestore del coworking center può stabilire tariffe apposite per servizi quali il collegamento e l'utilizzo dei telefoni, la rete internet ed altri eventuali servizi aggiuntivi.

Il contratto di service

Il contratto di service si usa tutte le volte in cui liberi professionisti, free lance, imprenditori, start-up hanno bisogno di avere uno spazio organizzato dove lavorare e dove ricevere clienti, colleghi o fornitori.

In questo caso, oggetto del contratto è una pluralità di prestazioni finalizzate all'esercizio di un'attività lavorativa, rispetto alle quali la concessione dell'occupazione di uno spazio (ad esempio, una stanza di un immobile) è soltanto una delle tante (anche se la principale). Tale conclusione è confermata dall'Agenzia delle Entrate (circolare n. 12/E del 1 marzo 2007), secondo la quale, il contratto di service si distingue dalla locazione, poiché in quest'ultima, il locatore concede all'interessato, per una durata convenuta e dietro corrispettivo, il diritto di occupare un immobile come se ne fosse il proprietario escludendo qualsiasi altra persona dal beneficio di un tale diritto. Viceversa, precisa l'Agenzia, il locatore, tecnicamente definito prestatore oltre all'obbligo di mettere a disposizione dell'altra parte uno spazio determinato ha anche l'obbligo di rendere servizi ulteriori che risultino qualificanti ai fini della causa del contratto e che non si sostanzino in semplici prestazioni accessorie alla locazione quali i servizi di portierato o altri servizi condominiali.

Questi servizi ulteriori che si aggiungono alla locazione esclusiva di uno spazio, sono, ad esempio, quello di segreteria, quello postale e in alcuni casi anche quello della contabilità. In buona sostanza, il professionista che vuole un “service”, fitta una o più stanze e nel corrispettivo, paga anche i descritti “servizi ulteriori”. Si tratta, quindi, di un contratto: avente ad oggetto una prestazione di servizi generica che si distingue dal contratto di locazione; è soggetto, per i corrispettivi previsti (il canone mensile), all'applicazione dell'Iva, a differenza di quanto avviene per la locazione stessa.

Il contratto di service deve contenere l'individuazione degli spazi, intendendo per tale il luogo, il locale e la postazione specifica con il relativo arredo e i servizi offerti. La durata del contratto e la pattuizione del corrispettivo è lasciato alla libera volontà delle parti, così come per l'esercizio del diritto di recesso non è previsto dalla legge alcun limite temporale e non vi è nemmeno la necessità della sussistenza di particolari motivi che per il conduttore devono essere “gravi motivi”. Accanto a tali vantaggi, il contratto di service rispetto al contratto di locazione presenta l'ulteriore vantaggio consistente nel risparmio di costi, posto che il contratto, a differenza di quello di locazione, non deve essere registrato.

Come abbiamo visto in precedenza, accanto al contratto di service vi è il contratto di coworking: entrambi sono contratti di condivisione di un ufficio avente ad oggetto oltre che uno spazio anche una serie di servizi che consentono ai lavoratori da remoto e/o imprenditori o professionisti di dotarsi di strutture senza sostenerne i relativi costi fissi, sfruttando uno spazio già attrezzato (segreteria, wi-fi, sale riunioni, sale per favorire le pubbliche relazioni). Ciò che differenzia, dunque, queste tipologie contrattuali da quello di locazione, è l'offerta di servizi, oltre al godimento di un locale. Il contratto di coworking è del tutto simile a quello di service perché come quest'ultimo lascia ampio spazio all'autonomia contrattuale, ma differentemente da quest'ultimo, gli spazi vengono divisi tra più soggetti che svolgono diverse attività lavorative e che non lavorano per la stessa azienda.

In conclusione

Anche se le parti sono libere di disciplinare il rapporto fra loro intercorrente, tuttavia, in un contesto del genere è certamente opportuna una regolamentazione dettagliata per evitare dubbi interpretativi. Difatti, deve escludersi che dal contratto di coworking scaturiscano diritti reali di uso ai sensi dell'art. 1021 c.c. Privo di fondamento, inoltre, è il ricorso al contratto di comodato d'uso (art. 1803 c.c.), la cui disciplina è imperniata sulla gratuità del contratto (elemento assente nel contratto di coworking). Sebbene oggettivamente presente la fornitura di servizi, ugualmente non accettabile è la ricostruzione del coworking quale contratto di appalto (ossia del contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro).

Per ovvie ragioni, inoltre, non può essere condiviso l'inquadramento nei termini di affitto, considerato che la tipologia dei soggetti che si avvalgono degli spazi si connota per lo svolgimento di prestazioni lavorative con prevalente componente intellettuale. Nello specifico, certamente non applicabili sono le norme relative alla locazione commerciale in quanto nel coworking, infatti, manca la locazione dell'immobile nella sua interezza, essendo l'obbligazione principale del contratto la locazione di una postazione di lavoro all'interno di un'area delimitata. Qualche ulteriore dubbio esiste sulla registrazione del contratto, atteso che l'obbligo di registrazione del contratto di utilizzo di spazi attrezzati e servizi sussiste soltanto, come per ogni contratto, in caso d'uso; in tal caso, la registrazione, è necessaria soltanto se il contratto dovesse essere utilizzato nell'ambito di una controversia tra le parti. In base a tale soluzione, non vi sarebbe l'obbligo di registrazione del contratto. Diversamente, secondo altra opinione, se il medesimo venisse registrato per ragioni di cautela amministrativa, si applicherebbe l'imposta fissa di registro. Per quanto concerne gli aspetti fiscali legati agli introiti derivanti dal contratto di affitto, che rappresentano guadagni, ossia ricavi, che incassa il proprietario e che concorrono a formare il suo reddito imponibile, sono soggetti a tassazione IRPEF, infatti i canoni riscossi vanno inseriti nella propria dichiarazione dei redditi. L'utilizzatore, invece, potrà portare in detrazione i canoni di fitto pagati, che rappresentano costi, nella sua dichiarazione fiscale, interamente deducibili perché afferenti alla sua attività lavorativa.

In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, in mancanza di una disciplina organica dell'argomento, attualmente i contratti di service e coworking rappresentano la soluzione contrattuale ottimale non solo per il lavoratore dipendente, ma anche per il lavoratore autonomo e/o l'imprenditore. Infatti, proprio il contratto di coworking è funzionale allo smart working ossia la nuova modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che consente di svolgere il proprio lavoro fuori dalla sede in cui opera il datore.

Guida all'approfondimento

Colombo, Il management delle industrie creative e la formazione, in La formazione al management culturale: Scenari, pratiche, nuove sfide a cura di Antonio Taormina, 2016

Esperto Fisco: Le soluzioni, Milano, 2007, 229

Nuvolati, Sviluppo urbano e politiche per la qualità della vita, Firenze University press, 2018, 69

Puce, L'evoluzione del contratto di locazione: i contratti di service e coworking, in 4clegal.com, 2018

Raffaele, Coworking: Definizione, esempi e fisco, in Societaria.it

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