Le misure cautelari e protettive del patrimonio del debitore nel codice della crisi d'impresa
16 Dicembre 2019
Premessa
La tutela individuale del credito è incompatibile con i principi fondamentali delle procedure concorsuali: si tratta di un principio fondamentale del nostro sistema processuale che tuttavia subisce diverse deroghe e modalità di attuazione in base alla procedura concorsuale di riferimento. La già frastagliata disciplina normativa è resa oggi ancora più complessa dall'introduzione del recente codice della crisi dell'impresa e dell'insolvenza che ha riscritto il regime del divieto di azioni esecutive e cautelari (qualora il debitore chieda l'apertura di una procedura per la composizione della crisi o dell'insolvenza); al contempo, il legislatore del 2019 ha esplicitamente individuato la nozione di misure cautelari e di misure protettive, nozione che occorre preliminarmente analizzare per passare poi ad esaminare le modalità con cui si attua, in concreto, la protezione del patrimonio del debitore. Le innovazioni di cui agli artt. 54 ss. cod. crisi: il regime delle misure cautelari
La disciplina delle misure protettive di cui agli artt. 54 ss., cod. crisi (d.lgs. n. 14/2019), presenta caratteri fortemente innovativi rispetto al sistema dell'automatic stay congegnato dall'art. 168 l. fall. in forza del quale il divieto delle azioni esecutive è un effetto automatico della pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese. Nel nuovo regime scompare, infatti, il riferimento agli effetti della domanda e, conseguentemente, a qualsiasi automatismo per il divieto di azioni esecutive e cautelari; di contro il mantenimento dell'integrità del patrimonio del debitore è affidato alle misure protettive espressamente richieste ed individuate dal debitore e successivamente confermate dal giudice. Quanto alle definizioni va detto che le misure protettive sono costituite da provvedimenti temporanei disposti dal giudice competente per evitare che determinate azioni dei creditori pregiudichino, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza: così espressamente dispone l'art. 2, comma 1, lett. p), cod. crisi. Sotto altro profilo però la tutela del suddetto patrimonio è più ampia rispetto al regime proprio della l. fall. poiché all'inibitoria delle azioni esecutive possono affiancarsi misure cautelari, anch'esse richieste al giudice della procedura unitaria e da questi eventualmente concesse. È altresì precisato dall'art. 2, comma 1, lett. q), cod. crisi che le misure cautelari sono veri e propri provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente per tutelare il patrimonio o l'impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare - provvisoriamente - gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza. Anche se, in entrambi i casi, si tratta di provvedimenti diretti alla conservazione del patrimonio dell'imprenditore, la prima considerazione che viene da trarre è nel senso che il legislatore distingue chiaramente – tanto da adottare due definizioni diverse – il regime delle misure protettive da quelle cautelari. Al riguardo va detto che la disciplina impartita dal cod. crisi si pone in linea di continuità con l'art. 15, comma 8, l. fall.: anche nel nuovo regime la cautela (della salvaguardia del patrimonio del debitore) sembra più che altro finalizzata ad inibire gli atti dispositivi di quest'ultimo e non le iniziative aggressive dei creditori. Lo riprova il contenuto delle definizioni poc'anzi riportate: ed infatti per l'art. 2, comma 1, lett. p) solo le misure protettive sono dirette a scongiurare il pregiudizio dovuto dalle aggressioni (esecutive) dei creditori. Un'innovazione significativa rispetto al regime attuale va individuata nel fatto che le misure cautelari a tutela dell'integrità del patrimonio possono, in forza dell'art. 54 cod. crisi, essere concesse nell'ambito del cd. procedimento unitario e, quindi, nel procedimento volto alla dichiarazione di insolvenza, come in caso di domanda di concordato preventivo e/o di omologa degli accordi di ristrutturazione. Con l'avvertimento però che, sempre sulla falsariga dell'art. 15 l. fall., le misure cautelari sono disposte dall'autorità giudiziaria solo su iniziativa di parte e la legittimazione è riconosciuta ai creditori, al pubblico ministero (o agli organi di controllo e di vigilanza, ora legittimati anch'essi) ed al debitore; di contro le misure protettive – va sottolineato sin da subito – possono essere chieste soltanto dal debitore. Altra significativa differenza riguarda l'operatività delle misure cautelari rispetto a quelle protettive; ed infatti, se entrambe le tipologie di misure possono essere richieste nell'ambito del cd. procedimento unitario, solo le misure protettive (e non quelle cautelari) trovano applicazione nel procedimento di composizione della crisi (art. 19 c.c.i.i.) davanti agli Organismi (OCRI) ex art. 16 cod. crisi. Il contenuto delle misure cautelari deve essere individuato dal ricorrente ed il giudice le nega o le concede con apposito decreto, adottato ex art. 55, comma 2, cod. crisi, nel rispetto del principio della domanda e di quello di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, escludendo così un generale potere di cautela indeterminata in capo all'autorità giudiziaria. La norma di nuovo conio, nell'imprimere al provvedimento il requisito dell'atipicità, pur senza escludere eventuali misure di matrice conservativa, doppia il tenore letterale dell'art. 700 c.p.c., salvo adottare (in luogo dell'espressione «che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione», contenuta nell'art. 700), la seguente formulazione: «che appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della sentenza» che dichiara l'apertura della liquidazione giudiziale o che omologa il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Il nesso di strumentalità che lega le misure cautelari al provvedimento conclusivo del procedimento aperto dalla domanda introduttiva, presuppone, dunque anche misure dal carattere non completamente anticipatorio. Potranno così essere altresì richieste misure tradizionali, come il sequestro conservativo e quello giudiziario, ma anche diverse e innovative, come ad es., la nomina di un custode dell'azienda, del patrimonio o di alcuni beni del debitore (sulla falsariga del sequestro giudiziario di cui all'art. 670 c.p.c. ma non dell'art. 2409 c.c. che disciplina, invece, la nomina di un amministratore giudiziario vero e proprio, che sostituisce in tutto e per tutto l'organo amministrativo), l'inibitoria a determinati atti di gestione (es. pagamenti); ovvero l'ordine di esecuzione di un contratto essenziale alla continuità aziendale, quello di non interrompere le forniture (molto problematico perché come tutti i comportamenti positivi imposti ai terzi, ha carattere definitivo) o, ancora, di sospensione di una delibera societaria che preveda la riduzione del capitale sociale. Gli effetti delle misure cautelari richieste si producono dal momento dell'adozione del provvedimento ex art. 55, comma 2, cod. crisi, adozione preceduta sempre dall'instaurazione del contraddittorio; laddove il ritardo nella emissione delle misure possa pregiudicarne l'effettività, il tribunale le assume con decreto, senza sentire le parti. L'ultima parte dell'art. 55, comma 2, chiarisce, inoltre, che il contraddittorio va ripristinato immediatamente, nel rispetto di un modello procedimentale analogo a quello di cui all'art. 669-sexies c.p.c. al fine di modificare, revocare o stabilizzare il provvedimento, così come confermato dalla Relazione. Salvo revoca o modifica, l'efficacia dei provvedimenti cautelari viene meno con la pronuncia di merito e cioè con l'apertura della liquidazione giudiziale ovvero, nel caso di accesso al concordato preventivo o di domanda di omologa degli accordi di ristrutturazione, con la sentenza di omologazione (o con il decreto che nega l'omologazione) come si evince dall'art. 54, comma 1, cod. crisi. A differenza delle misure protettive, l'art. 55 nulla prevede sulla impugnazione delle misure cautelari concesse; da tale circostanza emerge come nonostante l'implementazione dell'operatività a tutto il procedimento unitario, i provvedimenti cautelari siano stati regolati dal legislatore come funzionali alla sentenza di apertura della liquidazione. Tuttavia in considerazione della durata delle procedure concorsuali e del fatto che la cognizione spetta ad un giudice monocratico, appare opportuno estendere anche alle misure cautelari il rimedio del reclamo endoconcorsuale di cui all'art. 124 cod. crisi. La provvisorietà di questi provvedimenti esclude, infine, che possano essere impugnati a norma dell'art. 111 Cost. (Cass. civ., 5 ottobre 2015, n. 19790). Resta da dire che il potere di adottare le misure cautelari e quelle protettive è riconosciuto dall'ultimo comma dell'art. 55 anche alla Corte d'appello nel giudizio di reclamo di cui all'art. 50 cod. crisi. La disciplina delle misure cautelari diverge significativamente, eccezion fatta per alcuni profili comuni (come, ad es., l'iniziativa di parte ed il riconoscimento di adottare le suddette misure alla corte d'appello anche in sede di reclamo del provvedimento ex art. 50), da quella propria delle misure protettive. La prima, significativa differenza va rilevata nell'oggetto: se le misure cautelari possono essere di vario contenuto, purché strumentali alla conservazione del patrimonio del debitore in vista dell'attuazione della regolazione della crisi, le misure protettive hanno un contenuto necessariamente tipico. Come anticipato, le misure protettive – a mente dell'art. 2, comma 1, lett. p), cod. crisi – sono costituite da provvedimenti temporanei disposti dal giudice competente per evitare che le azioni dei creditori pregiudichino, sin dalla fase delle trattative, l'esito delle iniziative per la composizione della crisi. Il riferimento esplicito alle trattative lascia, peraltro, intendere come l'operatività delle misure protettive, a differenza di quelle cautelari, sia limitata ai procedimenti negoziali promossi dal debitore (concordato e accordi) e non anche al procedimento per l'apertura della liquidazione giudiziale. Anche il regime della legittimazione e degli effetti delle misure protettive diverge da quello proprio delle misure cautelari. La legittimazione all'istanza di sospensione delle azioni esecutive e cautelari è prevista dall'art. 54, comma 2, cod. crisi, esclusivamente in capo al debitore; per le misure cautelari, di contro, il primo comma della medesima norma estende la suddetta legittimazione a tutte le parti del procedimento unitario (e quindi a creditori, p.m. e altri soggetti legittimati all'iniziativa per l'apertura della liquidazione giudiziale). Quanto agli effetti determinati dall'istanza con cui il debitore chiede l'adozione di misure protettive, l'art. 54, comma 2, cod. crisi, precisa che essi si producono, «a far data dalla pubblicazione della domanda nel registro delle imprese e che sono dirette ad inibire ai creditori per titolo o causa anteriore l'inizio o la prosecuzione delle azioni esecutive sul patrimonio; dalla stessa data le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano». Recuperando in parte l'attuale disciplina degli accordi di ristrutturazione, il terzo comma dell'art. 54 prevede, inoltre, che le misure protettive possono essere richieste dall'imprenditore anche nel corso delle trattative e prima del deposito della domanda di omologazionedegli accordi di ristrutturazione; in questo caso, alla domanda deve essere allegata, oltre alla documentazione di cui all'art. 57 (che, a sua volta, rinvia all'art. 39 che ha ad oggetto gli obblighi del debitore che chiede l'accesso a una procedura regolatrice della crisi o dell'insolvenza), la proposta di accordo corredata da un'attestazione del professionista indipendente dalla quale risulta che sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e che la stessa, se accettata, è idonea ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che comunque hanno negato la propria disponibilità a trattare. Occorre altresì segnalare che la disposizione si applica anche agli accordi di ristrutturazione cd. ad efficacia estesa di cui all'art. 61 cod. crisi. Il legislatore, in questo modo, chiarisce e delimita il contenuto ovvero l'oggetto delle suddette misure protettive. Si aggiunga che il legislatore opta per un peculiare modello di semi-automaticità: in seguito alla richiesta ed alla pubblicazione della domanda gli effetti, tipici delle misure protettive, si producono automaticamente per un determinato lasso di tempo ex art. 40, comma 3; ed infatti ai sensi dell'art. 54, comma 5, il presidente (del tribunale o della sezione cui è assegnata la trattazione delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza) fissa con decreto l'udienza entro un termine non superiore a trenta giorni dal deposito della domanda (ovvero quarantacinque giorni ma in tal caso è richiesto un provvedimento motivato). È bene chiarire subito che il protrarsi degli effetti delle misure protettive rimane, comunque, condizionato alla conferma delle stesse entro trenta giorni dall'iscrizione della domanda nel registro delle imprese; ed infatti, in mancanza di deposito del decreto di conferma entro tale termine, il terzo comma dell'art. 55 dispone che cessano gli effetti protettivi di cui all'art. 54, comma 2, cod. crisi. Quanto al procedimento, il terzo comma dell'art. 55 cod. crisi prevede che, dopo aver assunto sommarie informazioni, il giudice conferma modifica o revoca con decreto le misure protettive, stabilendone la durata, entro trenta giorni dall'iscrizione della domanda nel registro delle imprese. Le misure protettive così autorizzate conservano efficacia anche se il debitore, prima della scadenza fissata dal giudice (ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. a), per il deposito degli accordi di ristrutturazione, depositi domanda di apertura del concordato preventivo. A ben guardare si tratta di previsione coerente con la possibilità di ottenere misure protettive anche a seguito della presentazione di un ricorso cd. in bianco. A conferma del carattere semi automatico dei provvedimenti protettivi il terzo comma dell'art. 55 non impone, a differenza delle misure cautelari, il rispetto del principio del contraddittorio, essendo la discrezionalità del giudice circoscritta; il giudice sembra, infatti, tenuto al rigetto dell'istanza di inibizione esecutiva solo quando la domanda di composizione della crisi sia “manifestamente inammissibile o infondata” sulla falsariga di quanto previsto dall'art. 7, comma 2, ultima parte, cod. crisi. Ciò nonostante, il rispetto del principio del contraddittorio è irrinunciabile sia a tutela del debitore, sia degli interessi dei creditori. Il decreto che conferma o revoca le suddette misure è trasmesso al registro delle imprese per l'iscrizione ed è reclamabile al collegio ai sensi dell'art. 124 cod. crisi. Resta da aggiungere che se le misure protettive non sono state richieste dal debitore con la domanda di accesso alla procedura, nulla impedisce che le stesse possano essere, anche successivamente, domandate al giudice e da questi disposte: si pensi, a titolo esemplificativo, all'ipotesi in cui al momento della domanda risultava ancora eseguito alcun pignoramento; in questi casi il ricorso al giudice del procedimento unitario per invocare la suddetta protezione non ci sembra possa essere precluso, in difetto di una espressa previsione normativa in tal senso. Laddove poi siano commessi atti di frode, l'art. 55, comma 4, dispone espressamente che il tribunale, su istanza del commissario giudiziale, delle parti o del pubblico ministero, dopo aver sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, provvede alla revoca o modifica le misure protettive, eventualmente limitandole in quest'ultimo caso solo ad alcune esecuzioni. La disposizione si applica anche quando il tribunale accerta che l'attività intrapresa dal debitore è inidonea alla composizione assistita della crisi o alla regolazione della crisi e dell'insolvenza. In quest'ultimo caso però il legislatore non subordina la revoca o la modifica delle misure protettive all'istanza di parte; pertanto il tribunale può provvedere alla revoca o alla modifica anche ex officio. Decisamente peculiare è infine il regime che il legislatore del nuovo codice ha stabilito per la durata delle misure protettive. Si è visto che: i)la protezione conseguente alla pubblicazione della domanda nel registro delle imprese non opera più quando il giudice revoca, o modifica la misura oppure quando non provvede nei trenta giorni successivi alla domanda; e che ii)la protezione può essere impugnata con il reclamo, revocata per frode o comunque venire meno ogni volta che il tribunale accerta che l'attività intrapresa dal debitore è inidonea alla composizione assistita della crisi. Si aggiunga che l'art. 8 cod. crisi, dedicato alla durata delle misure protettive, stabilisce che queste non possono eccedere «il periodo, anche non continuativo, di dodici mesi, inclusi eventuali rinnovi o proroghe». Il nuovo rigoroso assetto delle misure protettive è, dunque, finalizzato ad indurre il debitore a formulare, sin da subito, una domanda di concordato ammissibile, fattibile e conveniente, posto che ai creditori può essere imposta l'inibizione esecutiva per un lasso temporale circoscritto. A questo punto occorre altresì considerare come la disciplina ora accennata, anche sotto tale profilo, diverga sensibilmente da quella prevista per le misure cautelari per le quali il legislatore non ha predeterminato una durata massima, né singole ipotesi in cui la misura concessa è destinata a cessare.
Conclusioni
È il momento di trarre delle prime, sommarie conclusioni. Innanzitutto deve essere segnalato che le misure protettive saranno in futuro chieste dal solo debitore in caso di domanda di composizione della crisi, nel rispetto della rigorosa disciplina contenuta negli artt. 8, 54 e 55 cod. crisi. Le misure cautelari, invece, saranno domandate prevalentemente dai creditori e dal p.m., nonché dagli organi di controllo sociale e autorità amministrative che hanno funzioni di controllo sull'impresa debitrice, unitamente al deposito dell'istanza di apertura della liquidazione e, raramente, dal debitore che chiede la liquidazione in proprio. In caso di domanda di concordato preventivo (o di omologa degli accordi di ristrutturazione) le misure cautelari saranno chieste dal solo debitore (art. 44) e, laddove la suddetta domanda venga presentata in corso del procedimento volto all'apertura della liquidazione giudiziale, anche dalla parte istante (creditori, p.m., ecc.) quest'ultima procedura.
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