Il “termine lungo” per l'impugnazione di una sentenza decorre dall'attestazione del cancelliere
16 Dicembre 2019
Il caso. La pronuncia trae origine dal ricorso straordinario ex art. 111 Cost. promosso avverso l'ordinanza pronunciata dal tribunale di Lamezia Terme con la quale era stato respinto il reclamo ex art. 591-ter c.p.c. a sua volta proposto dal ricorrente contro il rigetto pronunciato dal giudice dell'esecuzione del medesimo tribunale dell'opposizione avverso l'aggiudicazione di un immobile disposta a seguito della vendita senza incanto tenuta dal professionista delegato.
Solo l'attestazione del cancelliere rende la sentenza ostensibile agli interessati. La Corte di cassazione ha statuito l'improcedibilità del ricorso avendo rilevato il mancato deposito di una copia autentica del provvedimento impugnato, come invece disposto dall'art. 369 c.p.c. Il ricorrente si è infatti limitato a depositare esclusivamente una copia analogica dell'ordinanza impugnata, munita di firma digitale, recante la data di stesura del provvedimento indicata dall'estensore e certificata dall'avvocato come conforme alla copia informatica dell'atto presente nel fascicolo informatico del relativo procedimento – dal quale è stata estratta – ma priva dell'attestazione di cancelleria della data di deposito della sentenza stessa. Secondo quanto ricordato dalla Corte di cassazione, l'art. 133 c.p.c. – che non è stato modificato dalla disciplina normativa del processo civile telematico di cui al d.l. 18 ottobre 2012, n. 79, conv. con modif. nella l. 17 dicembre 2012, n. 221 – dispone al comma 1 che la sentenza sia resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata, e al comma 2 che il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma. In tale contesto, le Sezioni Unite hanno chiarito che si tratta di un deposito sui generis, sia perché non serve (solo) a custodire la cosa ma (innanzitutto) ad attuarne la pubblicazione, sia perché la norma si riferisce chiaramente a un deposito “in cancelleria” del quale il cancelliere dà atto in calce alla sentenza. Ed è evidente che un deposito effettuato presso un ufficio pubblico non può risolversi nella semplice traditio brevi manu della sentenza attestata dal cancelliere, risultando assolutamente indispensabile (in relazione alle conseguenze che devono trarsene) che esso abbia carattere ufficiale e cioè che nel luogo individuato per il deposito (la cancelleria) questo risulti ufficialmente. Ma, secondo i Giudici, il “deposito in cancelleria” non può risultare ufficialmente se non a seguito dell'inserimento dell'atto oggetto di deposito nell'elenco cronologico delle sentenze esistente presso la suddetta cancelleria, con assegnazione del numero identificativo, non fosse altro perché una sentenza non identificabile non può neppure risultare ufficialmente depositata. È pertanto l'inserimento nell'elenco cronologico delle sentenze il mezzo attraverso il quale si realizza ufficialmente il “deposito in cancelleria” della sentenza e, al contempo, la pubblicità necessaria alla conoscibilità della stessa, essendo questo peraltro l'unico modo per attribuire significato a una norma prevedente un deposito che è “strumento” della pubblicazione e, al contempo, coincide con essa. In definitiva, il Collegio ha ritenuto di condividere il principio secondo cui in tema di redazione della sentenza in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine cosiddetto “lungo” di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del Giudice, bensì con quella dell'attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati. |