La Cassazione conferma l’interpretazione restrittiva in materia di permessi di necessità c.d. “trattamentali”
17 Dicembre 2019
Massima
L'impiego del permesso di necessità, per consentire al detenuto richiedente, privo dei requisiti per l'ottenimento del beneficio penitenziario adeguato, di partecipare ad iniziative costituenti parte del percorso trattamentale, obiettivamente esula dall'ambito di applicazione dell'art. 30 ord. penit. Il caso
Il caso trae origine dal ricorso per cassazione del Procuratore Generale presso la Corte di appello di Milano, avverso la decisione del Tribunale di sorveglianza di Milano, con cui il Collegio aveva rigettato il reclamo avanzato dal Pubblico Ministero contro il provvedimento autorizzativo del Magistrato di sorveglianza. L'autorizzazione interessava un detenuto, recluso presso Opera (Milano), il quale ha avuto il via libera per un'uscita finalizzata alla partecipazione, comunque sotto scorta, ad un evento culturale collettivo. Secondo il Procuratore Generale, la decisione del Tribunale sarebbe stata emessa in violazione di legge, atteso che l'istituto prescelto per l'autorizzazione è stato il permesso di necessità, che, come vuole la ratio, dovrebbe essere diretto alla concessione di momenti all'esterno solo per eventi familiari di particolare gravità, e la partecipazione di un evento culturale, pur se inserita in ambito trattamentale, non rivestirebbe – secondo le motivazioni dell'impugnazione – tali finalità, che, invece, sono normativamente tassative e limitate. La questione
La questione sottoposta all'attenzione della Cassazione riguarda l'estensibilità o meno dell'istituto del permesso di necessità, di cui al comma 2 dell'art. 30 ord. penit., a eventi non strettamente connessi alla vita familiare, ma inerenti al percorso trattamentale della persona reclusa. Come noto, sul punto, si assiste ad un apparente “contrasto” giurisprudenziale, nella misura in cui, una parte della giurisprudenza di merito – seppur minoritaria – concede la partecipazione ad eventi culturali e/o sportivi a detenuti che non hanno i requisiti per accedere ai permessi premi, v., ad es., gli autori di reati c.d. “ostativi”. Le soluzioni giuridiche
Con la sentenza in esame, la Cassazione chiude – prevedibilmente, ma non con un po' di rammarico per chi scrive – la questione dell'ammissibilità di interpretazioni estensive del portato di cui al comma 2 dell'art. 30 ord. penit., che vorrebbe, secondo un orientamento minoritario della giurisprudenza di legittimità (tra cui anche la sorveglianza di Milano) la concessione di permessi di necessità anche per eventi culturali, programmati all'interno del percorso trattamentale del singolo detenuto. Secondo la Cassazione, invece, tale interpretazione non è percorribile, stante la ratio dell'istituto (così, anche: Cass. pen., Sez. I, 4 ottobre 2017, n. 5813). Prediligendo, quindi, un'interpretazione letterale della norma – inciso comma 2 dell'art. 30 ord. penit. – la Corte conferma il proprio orientamento diretto a negare la concessione di permessi di necessità che risultino estranei ai tre requisiti essenziali: i) il carattere eccezionale della concessione; ii) la particolarità dell'evento; iii) l'attinenza del medesimo alla vita familiare. Con riguardo ai principi espressi, due sono le questioni interpretative che si registrano nella prassi. In primo luogo, all'interno dei confini della ratio per eventi familiari, si riscontra un uso fortemente restrittivo del requisito della “particolarità dell'evento”, dato che, nonostante le più recenti sentenze della Cassazione ricordino che la gravità dell'evento non deve essere necessariamente intesa come negativa e drammatica, potendo comunque rivestire interesse anche un evento a contenuto positivo (purchè eccezionale e rilevante per la vicenda umana dell'interessato), di fatto, si registrano prese di posizione di netta chiusura. Con diverse pronunce, infatti, la Corte ha negato l'autorizzazione alla celebrazione del matrimonio o la consumazione del rapporto coniugale; la partecipazione dell'interessato al matrimonio del figlio o al compleanno della figlia per i diciotto anni. Sul punto, infatti, nonostante qualche margine di apertura, in recenti pronunce a livello di principio, si segnala un'impostazione sostanzialmente restrittiva, specie nella concessione di permessi per eventi squisitamente lieti. Sul punto, la Cassazione, in relazione all'incidenza eccezionale dell'evento sulla vita del detenuto, ha precisato che “i requisiti della particolare gravità dell'evento giustificativo e della sua correlazione con la vita familiare, indispensabili per la concessione del permesso, devono essere verificati con riguardo alla capacità dell'evento stesso - da intendersi nella sua accezione di fatto storico specifico e ben individuato - di incidere in modo significativo nella vicenda umana del detenuto, senza che debba trattarsi necessariamente di un evento luttuoso o drammatico” (cfr. Cass. pen., Sez. I, 26 maggio 2017, n. 48424; Cass. pen., Sez. I, 27 novembre 2015, n. 15953; Cass. pen., Sez. I, 11 ottobre 2016, n. 52820). Secondo una più recente sentenza, si specifica che ciò che rileva, ai fini della concessione del permesso di necessità è, infatti, “la sua natura di evento non ordinario, del tutto al di fuori della quotidianità, sia per il suo intrinseco rilievo fattuale, sia per la sua incidenza nella vita del detenuto, sempre in relazione alla sua sfera familiare, e conseguentemente nell'esperienza umana della detenzione carceraria” (così: Cass. pen., Sez. I, 11 novembre 2019, n. 45741). Con riguardo poi alle possibili applicazioni che esulano dai margini dell'evento familiare, si segnala un orientamento – seppur minoritario – della giurisprudenza di merito orientato alla concessione di permessi di necessità per la partecipazione agli esami universitari, ovvero, per la seduta di laurea, o, ancora, per l'inaugurazione di una mostra di pittura curata dalla persona reclusa, o, infine, per rappresentazioni teatrali (v., sul punto, Mag. Sorv. Milano, (ord.) 20 febbraio 2006; Mag. Sorv. Milano, (ord.) 14 settembre 2005; Mag. Sorv. Perugia, (ord.) 28 aprile 2011; Mag. Sorv. Perugia, (ord.) 12 aprile 2012). Facendo, infatti, leva sull'interpretazione della Cassazione che evidenzia la rilevanza dell'incidenza del singolo evento sulla vita del detenuto, tale filone interpretativo assegna un ruolo fondamentale anche a situazioni, che pur estranee alla stretta vita familiare, rappresentano delle tappe di progressione trattamentale e di soddisfazione sia personale sia della famiglia: secondo tali ordinanze, infatti, la partecipazione della seduta di laurea, in presenza della famiglia di origine, deve essere letta come “soddisfazione e orgoglio per aver raggiunto un traguardo importante in un settore, quello degli studi universitari, non consueto per chi abbia dedicato la propria gioventù alla illegalità ed alla sopraffazione dei diritti altrui fino alla soppressione di altre vite umane, che coinvolge necessariamente il nucleo familiare del condannato” (così: Mag. Sorv. Perugia, (ord.) 12 aprile 2012 e Mag. Sorv. Perugia, (ord.) 28 aprile 2011). Pur nel rispetto dei requisiti della straordinarietà dell'evento (eccezionalità e unicità) e della rilevanza di quest'ultimo sulla vita dell'interessato, in tali pronunce si assiste ad un'estensione della portata del comma 2 dell'art. 30 ord. penit., diretta al potenziamento di tutte quelle situazioni, solo in senso lato familiari, che incidono sulla progressione del percorso trattamentale della persona reclusa. Tale impostazione, come si è anticipato, è stata respinta dalla Cassazione, con la pronuncia in esame, dato che alla ratio dell'istituto del permesso di necessità rimane normativamente estranea la finalità trattamentale, e una diversa interpretazione potrebbe essere avallata solamente con il mutamento della disposizione, ad opera del legislatore. Osservazioni
Nonostante l'esito prevedibile della Corte di Cassazione, tale pronuncia solleva alcune riflessioni. In primo luogo, il rammarico di una decisione quasi obbligata rispetto ad un istituto su cui la riforma penitenziaria – purtroppo non portata a termine – avrebbe potuto produrre oggi un esito diverso. L'orientamento minoritario, infatti, valorizzando la tensione rieducativa della pena, e, soprattutto potenziando i risultati positivi raggiunti all'interno di un programma trattamentale, condiviso con una rete istituzionale, che promuove e sollecita la persona a progredire e ad aderire all'opera rieducativa, di fatto porta avanti quei principi di diritto espressi anche dalla Corte di Cassazione, anche se in relazione “solo” agli eventi familiari: la rilevanza dell'evento sulla vita umana della persona reclusa, infatti, non deve avere necessariamente natura negativa, drammatica e luttuosa, ma può avere anche un contenuto lieto, purchè eccezionale (altrimenti si ricadrebbe nel diverso istituto del permesso premio). Su tale linea, anche la riforma voluta con la legge delega n. 103/2017, sulla base delle linee guida suggerite dalla c.d. Commissione Giostra, aveva indicato di modificare l'inciso sull'evento di “particolare gravità” in “speciale rilevanza”, eliminando ogni possibilità, così, di interpretazioni restrittive circa la natura dell'evento familiare. Nulla però era stato detto circa la possibilità di estendere tale istituto ad eventi – seppur eccezionali – di carattere puramente trattamentale: è vero, in ogni caso, che laddove la magistratura di sorveglianza è addivenuta ad una soluzione positiva, si trattava comunque di ipotesi eccezionali ed irripetibili, in cui, di fatto, anche la famiglia svolgeva un ruolo centrale (anche solo di soddisfazione rispetto a tutti i sacrifici materiali e morali sostenuti nel corso degli anni, magari 20 o 30, di carcerazione dell'interessato). Stante, quindi, la dizione normativa, solo un intervento del legislatore potrebbe consentire agevolmente la concessione di momenti di libertà all'esterno, anche in casi, seppur eccezionali e irripetibili, a contenuto strettamente trattamentale; operazione ad oggi preclusa. Tuttavia, si ritiene che laddove l'evento, seppur anche di natura trattamentale, sia connesso alla vita familiare e alle relazioni affettive della persona reclusa (si pensi alla partecipazione della famiglia ad un momento celebrativo, unico nel suo genere, per un traguardo importante raggiunto dall'interessato recluso) potrebbe trovare, seppur in termini molto stretti, autorizzazione, sulla base di un'interpretazione elastica ed evolutiva di un istituto ad applicazione eccezionale (appunto, in mancanza di altri strumenti “premiali”): il tutto considerato sempre l'obiettivo finale, quello di un'esecuzione della pena costituzionalmente orientata alla rieducazione. AMERIO, MANCA, L'incidenza della particolare gravità dell'evento giustificativo del permesso di necessità ex art. 30 O.P. sulla sfera affettiva del detenuto: gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 4; GIORS, Il diritto all'affettività tra norme e prassi penitenziarie, in Donne ristrette, (a cura di), Mantovani, Ledizioni, Milano, 2018, pp. 59-106; AA. VV., Il Progetto di riforma penitenziaria, Nuova editrice universitaria, 2019; FIORENTIN, Art. 30, Ordinamento penitenziario commentato, (a cura di) Della Casa, Giostra, VI ed., Milano, 2019, pp. 405-413. |