Sì all'adozione speciale quando si deve tutelare una relazione preesistente e significativa del minore
18 Dicembre 2019
Massima
L' art. 44 lett. d) l. 184/1983 contiene una clausola di chiusura del sistema volta a garantire la tutela della vita familiare del minore che abbia sviluppato una relazione significativa con un adulto in grado di svolgere la funzione genitoriale; questa tutela, che si realizza con l'adozione speciale di cui agli artt. 44 ss della legge 184/1983, prescinde dalla dichiarazione di abbandono del minore, essendo sufficiente constatare una impossibilità di affido preadottivo in senso giuridico e non anche in concreto. Il caso
Tizio e Caia, genitori di un minore di otto anni affetto da tetraparesi spastica, impugnano in cassazione il decreto della Corte d'appello sezione minorenni che, confermando il provvedimento di primo grado, aveva pronunciato la loro decadenza dalla responsabilità genitoriale e disposto farsi luogo all'adozione del minore ex art. 44 lett d) della legge sull'adozione da parte di una single di sessantadue anni, presso la quale il bambino viveva da anni. Tra i motivi di impugnazione, la violazione e falsa applicazione degli art. 6 e 44 della legge sull'adozione, in quanto il giudice di merito si sarebbe limitato a considerare che non esiste un limite massimo di differenza di età tra adottante ed adottato, ma non avrebbe verificato l'idoneità in concreto dell'adottante, persona singola ed avanti con l'età; inoltre i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 46 l.184/1983 per essere stata disposta l'adozione contro la loro volontà. La questione
Le questioni proposte dall'impugnazione sono due: la mancanza del consenso dei genitori all'adozione; la scelta di disporre l‘adozione da parte di una donna single e di età avanzata, con una differenza di ben superiore a quella massima di 45 anni prevista dall'art. 6, senza tenere conto del bisogno di un minore disabile di poter contare sulle cure di entrambi i genitori. Le soluzioni giuridiche
Per quanto riguarda il mancato consenso dei genitori all'adozione, la Corte afferma che esso ha efficacia preclusiva soltanto quando provenga dal genitore che non sia soltanto titolare della responsabilità genitoriale, ma ne abbia anche l'effettivo esercizio, nell'ambito di un rapporto significativo col minore, di regola caratterizzato dalla convivenza. I ricorrenti non erano in possesso di questo requisito perché avevano di fatto abbandonato il minore fin dai primi mesi di vita. In relazione alle censure sull'adozione a persone singole e fuori dal limite di età di 45 anni previsto per l'adozione piena, la Corte afferma il principio che la lettera d) dell'art. 44 contiene una clausola di chiusura del sistema, volta a garantire la continuità affettiva ed educativa nel rapporto tra minore e adottante, anche nelle situazioni in cui non vi è abbandono. La Corte ribadisce anche non essendo previsti dall'art. 44 requisiti soggettivi per gli adottanti, possono accedere all'adozione speciale anche coppie di fatto e persone singole. Osservazioni
È interessante rilevare, sul punto dell'efficacia preclusiva del mancato consenso all'adozione speciale, che la pronuncia in commento richiama un precedente del 2015, (Cass. civ., sez. I 21 settembre 2015, n. 18575), ignorando invece una pronuncia successiva del 2018, (Cass. civ., sez. I, 16 luglio 2018, n. 18827) in cui da un lato si confermava il principio dell'effettivo esercizio della responsabilità genitoriale quale elemento fondante l'efficacia preclusiva del diniego all'adozione, ma dall'altro si affermava che l'elemento su cui fondare il giudizio sull'effettivo esercizio della responsabilità genitoriale, non è la convivenza, dovendosi invece verificare in concreto l'effettiva realtà dei legami familiari, in conformità con la giurisprudenza della Corte EDU sulla tutela del diritto alla vita familiare di cui all'art. 8 CEDU. Se da un lato veniva confermata Cass. civ. 18575/2015 sul requisito di una responsabilità genitoriale effettiva e non solo formale, con la pronuncia del 2018 si poneva in revoca la rilevanza dell'elemento della convivenza (su questo punto vi è un precedente conforme in Cass. civ. 10265/2011). Queste oscillazioni sull'elemento della convivenza sorprendono un poco, considerando che le stesse norme sulla responsabilità genitoriale, dopo la riforma della filiazione, prevedono che l'effettivo esercizio di quest'ultima prescinda dalla convivenza. In relazione all'interpretazione della norma di cui alla lettera d) dell'art. 44, non emerge alcuna novità, rispetto al pacifico accesso a questa forma di adozione anche per single e coppie di fatto. Nessuna sorpresa nemmeno per il richiamo alla nozione di impossibilità di affidamento preadottivo come impossibilità di diritto, senza necessità che sia stata dichiarata l'adottabilità e si debba prendere atto di un impossibilità in concreto di procedere con l'adozione piena; come si ricorderà, la questione era tornata in discussione nella requisitoria del PG della Cassazione sul caso della stepchild adoption con adozione ex art. 44 del figlio del partner omosessuale, ma la Cassazione, con sentenza 12962 del 2016, aveva ribadito la non necessità dello stato di abbandono, confermando che l'impossibilità di affidamento preadottivo era da intendersi come impossibilità anche solo giuridica. Interessante, invece, è l'affermazione, sia pure anch'essa non nuova, che la ratio della lettera d) sia sostanzialmente quella di realizzare adozioni mirate, cioè di consacrare relazioni già esistenti. Questa lettura della norma ha avuto un autorevole avvallo dalla Corte Costituzionale, con la sentenza 383 del 1999, ma in realtà vi sono tantissimi casi di minori per i quali l'affidamento preadottivo è impossibile, ma non vi è una relazione preesistente da tutelare, in quanto l'impossibilità deriva da una condizione personale dei minori e non dall'esistenza di tale relazione. Basti pensare ai tantissimi minori in condizioni di abbandono, cittadini di paesi di cultura islamica che non ammettono l'adozione piena, ma che potrebbero essere accolti in adozione speciale, che non recide i rapporti con la famiglia d'origine. Oppure si considerino tutte le situazioni in cui il minore è dichiarato adottabile ma nessuna si rende disponibile all'adozione (impossibilità in concreto). Insomma: i tanti e vari casi particolari di impossibilità di affidamento preadottivo non sembrano potersi ridurre all'unica ipotesi di rapporti preesistenti tra minore ed aspirante adottante. Quid iuris, allora, se un single richiede l'adozione, o l'idoneità all'adozione internazionale, di un minore che non conosce, ma che sia da individuare tra coloro per i quali è impossibile l'affidamento preadottivo? Del resto la lettera c) dell'art. 44 prevede l'ipotesi del minore affetto da handicap grave presupponendo implicitamente l'impossibilità di procedere con adozione legittimante in considerazione dell'handicap e non per la preesistenza di una relazione. Richieste di questo tipo, in particolare di idoneità all'adozione internazionale, sono state rigettate da alcuni tribunali per i minorenni (pronunce inedite), nonostante la Corte Costituzionale, con ordinanza Corte cost. 29 luglio 2005, n. 347 abbia chiarito che i single possono accedere all'adozione internazionale ex art. 44 lettera d). La Consulta si pronunciò, però su un caso di adozione cd. mirata, cioè di tutela di un rapporto preesistente. Resta dunque irrisolto il nodo dell'estensione della lettera d) anche a casi in cui non vi sia tale rapporto.
*Fonte: www.ilfamiliarista.it |