Principi per la corretta interpretazione delle clausole dei contratti collettivi

Sabrina Apa
20 Dicembre 2019

In materia di contrattazione collettiva, la comune volontà delle parti contrattuali non sempre è agevolmente ricostruibile attraverso il mero riferimento al senso letterale delle parole, atteso che la natura di detta contrattazione, spesso articolata in diversi livelli...

Il caso. La Corte d'appello di Venezia aveva confermato la pronuncia del Tribunale di Treviso con la quale era stato accertato e dichiarato che la SME s.p.a. e la FINRES s.p.a., nella quale era stata fusa per incorporazione la M. s.r.l. in liquidazione, possedevano le caratteristiche dimensionali e organizzative per essere qualificate "grande magazzino" ai fini dell'applicazione dell'art. 33 del CCNL del Settore terziario nonchè era stato accertato il diritto dei lavoratori, originari ricorrenti, all'applicazione dell'orario di 38 ore settimanali con decorrenza dal 1° gennaio 1996 e fino al 1° gennaio 2004 nello stabilimento di (OMISSIS) alle dipendenze della ditta MAGAZZINI CEM s.r.l. e per il successivo periodo alle dipendenze della SME SUSEGANA s.r.l., con condanna delle società a corrispondere le differenze retributive conseguenti all'applicazione dell'orario di 38 ore settimanali in luogo di quelle lavorate di 40 ore, con riferimento a tutti gli istituti retributivi e con decorrenza dai cinque anni precedenti il primo atto di messa in mora per ciascun ricorrente, oltre accessori.

Per quello che interessa, i giudici di seconde cure evidenziavano che: a) la ratio dell'art. 33 del CCNL Settore terziario era quella di regolare l'orario di lavoro dei commessi che si trovano ad operare in condizioni diverse e più impegnative e/o stressanti di quelle del negozio di piccole dimensioni; b) per la definizione di "grandi magazzini", sia che si dovesse prendere in considerazione la nozione adottata dal Ministero dello sviluppo economico sia che si dovesse avere come riferimento quella elaborata dall'ISTAT, ciò che assumeva rilevanza ai fini della individuazione era una serie di elementi che erano ravvisabili nello stabilimento ove veniva espletata l'attività lavorativa; c) conseguentemente era applicabile l'art. 33 del CCNL citato in tema di regolamentazione dell'orario lavorativo.

Avverso la decisione di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione la SME s.p.a. e la FINRES s.p.a.

Principi per la corretta interpretazione delle clausole dei contratti collettivi. In materia di contrattazione collettiva, la comune volontà delle parti contrattuali non sempre è agevolmente ricostruibile attraverso il mero riferimento al senso letterale delle parole, atteso che la natura di detta contrattazione, spesso articolata in diversi livelli (nazionale, provinciale e aziendale, ecc.), la vastità e la complessità della materia trattata in ragione della interdipendenza dei molteplici profili della posizione lavorativa, il particolare linguaggio in uso nel settore delle relazioni industriali non necessariamente coincidente con quello comune e, da ultimo, il carattere vincolante che non di rado assumono nell'azienda l'uso e la prassi, costituiscono elementi tutti che rendono indispensabile nella materia della contrattazione collettiva una utilizzazione dei generali criteri ermeneutici che di detta specificità tenga conto, con conseguente assegnazione di un preminente rilievo al canone interpretativo dettato dall'art. 1363, c.c.

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