Dall'automatic al judicial stay nelle procedure di composizione negoziale secondo il codice della crisi d'impresa

23 Dicembre 2019

Il codice della crisi dell'impresa e dell'insolvenza ha riscritto il regime del divieto di azioni esecutive e cautelari qualora il debitore chieda l'apertura di una procedura per la composizione della crisi o dell'insolvenza; al contempo, il legislatore del 2019 ha esplicitamente individuato una specifica disciplina a seconda del tipo di procedura di composizione di cui il debitore intende avvalersi (concordato preventivo, concordato minore, ristrutturazione dei debiti del consumatore e liquidazione controllata).
L'incidenza delle nuove disposizioni in materia di concordato preventivo sulle esecuzioni pendenti

La ratio della nuova disciplina prevista per le misure protettive è chiaramente diretta a ridurre il rischio di abuso dello strumento concordatario, fenomeno abbastanza frequente negli ultimi anni quando il debitore ha, salvo rari casi, presentato la domanda di concordato preventivo al solo scopo di ritardare la dichiarazione di fallimento e/o paralizzare le esecuzioni individuali.

Quanto all'incidenza che le nuove disposizioni avranno sulle esecuzioni pendenti sembra pacifico che la disciplina di riferimento rimane sempre quella dettata dagli artt. 623 ss. c.p.c. Tuttavia, essendo venuto meno il cd. automatic stay,alcune precisazioni si impongono.

La prima. Nella fase iniziale della procedura di composizione della crisi il giudice dell'esecuzione dichiara l'improseguibilità e, quindi, sospende l'espropriazione forzata se ed in quanto la domanda di apertura contenga la richiesta del debitore di ottenere le misure protettive.

La seconda. Nella fase successiva il giudice dell'esecuzione sospende se, alla richiesta del debitore abbia fatto seguito il decreto del giudice del procedimento unitario che, nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione della domanda, ha confermato la sospensione a norma dell'art. 55, comma 3, cod. crisi. In difetto dell'istanza o della successiva tempestiva conferma, l'espropriazione prosegue regolarmente.

La terza. Il creditore può provvedere alla riassunzione del processo esecutivo ex art. 627 c.p.c. ogni volta che il giudice dell'esecuzione - preso atto dell'istanza pubblicata nel registro delle imprese – ha sospeso l'esecuzione ma:

i)il giudice del procedimento unitario non ha confermato le misure protettive o non ha depositato il decreto di conferma nei trenta giorni successivi alla domanda;

ii) le misure protettive concesse hanno raggiunto il lasso temporale massimo di dodici mesi di cui all'art. 8, cod. crisi;

iii) le misure protettive concesse sono state revocate (o, comunque, modificate) per frode, ex art. 55, comma 4, cod. crisi;

iv) il giudice abbia accertato, ex art. 55, comma 4, ult. parte, cod. crisi, che l'attività intrapresa dal debitore è inidonea alla composizione assistita della crisi o alla regolazione della crisi e dell'insolvenza.

Occorre, da ultimo, precisare che stante la formulazione adottata dall'ultima parte del terzo comma dell'art. 55 cod. crisi, «cessano gli effetti protettivi prodottisi ai sensi dell'art. 54 comma 2», si deve ritenere che le misure protettive perdono efficacia ex nunc, pertanto gli atti esecutivi eventualmente compiuti in violazione dei divieti debbono essere rinnovati.

Le misure protettive e la domanda di concordato minore

Per le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (ristrutturazione dei debiti del consumatore e concordato minore) sono previste misure protettive (rispettivamente agli artt. 70 e 78 cod. crisi) disciplinate in maniera specifica, anche in relazione al procedimento. In linea generale va detto che le innovazioni apportate dal codice della crisi alle misure protettive sono meno rilevanti rispetto al nuovo regime disegnato per il concordato preventivo: il legislatore ha, difatti, confermato per l'imprenditore agricolo o sotto soglia, professionista e consumatore l'attuale assetto della l. sovrind.

Analogamente a quanto previsto oggi per la procedura di accordo dall'art. 10, comma 2, lett. c), l. sovraind., il decreto di apertura dispone, fino all'intervenuta definitività del decreto di omologazione del concordato minore (tale è la nuova denominazione assunta dall'accordo di composizione della crisi), il divieto a pena di nullità, d'iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, sequestri conservativi e di acquisto di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori anteriori.

A differenza del regime attuale dove l'inibitoria costituisce un effetto automatico del decreto di apertura, l'art. 78, comma 2, lett. d), cod. crisi prescrive però un'apposita istanza del debitore, escludendo espressamente l'attivazione ipso iure del meccanismo di protezione, destinato ad operare in un momento successivo.

In definitiva, l'inibitoria delle azioni esecutive è sottoposta a due condizioni: i) l'istanza del debitore; ii) l'apertura della procedura di composizione negoziale della crisi che presuppone, a sua volta, che la proposta abbia superato il vaglio preliminare di ammissibilità. Alla luce di tali rilievi va precisato come le misure protettive non costituiscano, dunque, un elemento necessario del decreto di apertura della procedura di concordato minore.

Vistosa è, dunque, la differenza tra la disciplina delle misure protettive nel concordato cd. minore dove le misure protettive sono un effetto esclusivo del decreto di apertura e quella propria del concordato preventivo e della domanda di omologa degli accordi di ristrutturazione, procedure in cui il debitore può beneficiare delle misure protettive ex artt. 54 e 55 cod. crisi sin dalla pubblicazione della domanda di cui all'art. 40 nel registro delle imprese, sempre che ne abbia fatto apposita istanza.

Si aggiunga che mentre gli artt. 54 e 55 si riferiscono genericamente alle cd. misure protettive, l'art. 78, comma 2, lett. d) ne elenca espressamente il contenuto posto che «non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, né disposti sequestri conservativi, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore».

La pronuncia del decreto di apertura senza che il giudice disponga l'inibitoria delle azioni esecutive è reclamabile al collegio.

Quanto alla durata delle misure protettive l'art. 80, comma 5, cod. crisi, prevede che il giudice, in caso di rigetto dell'omologazione, pronunci un decreto motivato contenente l'inefficacia delle misure protettive eventualmente accordate. È appena il caso di precisare che anche ove difetti un'esplicita statuizione del giudice in tal senso le suddette misure rimangono comunque caducate: si tratta di un effetto automatico del rigetto che non è subordinato ad alcuna ulteriore circostanza o valutazione da parte del giudice; la statuizione sulla caducazione delle misure protettive accordate ha, dunque, carattere meramente dichiarativo. Ciò non toglie che le misure protettive perdono efficacia ex nunc; pertanto gli atti esecutivi compiuti in violazione dei divieti debbono, anche in questo caso, essere rinnovati.

Resta da dire che nel regime attuale stabilito dalla l. n. 3/2012 la sospensione, per espressa disposizione normativa, non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili di cui all'art. 545 c.p.c. Nessun riferimento a tale tipologia di creditori si rinviene nel codice della crisi; con ogni probabilità la scelta del legislatore è una diretta conseguenza del fatto che, a differenza dell'art. 12-bis, comma 3 l. sovraind., (in forza del quale il contenuto del piano prevede il pagamento integrale dei crediti impignorabili, che sono essenzialmente quelli alimentari), la libertà di contenuto del piano non è limitata dalla previsione in parola. Resta fermo che i crediti suddetti rimangono privilegiati e quindi la relativa causa di prelazione deve essere rispettata.

Le misure protettive nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore

Anche per la cd. procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore – corrispondente all'attuale piano del consumatore – l'art. 70, comma 4, cod. crisi, ripropone la disciplina prevista dall'art. 12-bis, comma 2, l. sovrind.

Il giudice può limitare, secondo la propria discrezionalità, la sospensione alle sole esecuzioni pendenti (nulla si dice sui procedimenti per sequestro conservativo) idonee a pregiudicare la fattibilità del piano; esecuzioni individuali che, nel regime attualmente vigente, vanno espressamente individuate nel decreto di apertura della procedura.

Una novità è invece prevista dalla seconda parte del quarto comma dell'art. 70 cod. crisi: il giudice, sempre su istanza del debitore, può altresì disporre il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore, nonché le altre misure idonee a conservare l'integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento. In questo modo, al giudice è attribuita un'ampia discrezionalità diretta anche ad inibire - fino all'omologa - l'inizio di azioni esecutive e addirittura di quelle cautelari.

Nella procedura di ristrutturazione, l'effetto sospensivo non è, dunque, generale, né automaticamente comminato dal decreto di apertura (come per il concordato minore).

Quanto agli effetti sul processo esecutivo, va detto che all'adozione dell'inibitoria di cui all'art. 70, comma 4, consegue la sospensione del processo esecutivo, disposta dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 623 c.p.c.; nessuna interferenza si registra, invece, con i procedimenti cautelari già pendenti. Di contro, laddove il giudice delegato, per conservare l'integrità del patrimonio, abbia espressamente disposto l'inibizione delle azioni esecutive e cautelari, i pignoramenti e le istanze di sequestro effettuati dopo l'apertura della procedura sono ex se inefficaci. Con la precisazione che l'eventuale vizio del pignoramento può essere dedotto dal debitore per mezzo dell'opposizione ex art. 615 c.p.c. e che il sequestro conservativo – se concesso – sarà inidoneo a consentire l'esercizio dell'azione esecutiva ove venisse frattanto emessa la sentenza di merito, senza però precludere la conversione in pignoramento (così A. Crivelli, Ristrutturazione dei debiti del consumatore in Aa. Vv. Il nuovo sovraindebitamento, Torino 2019, 66).

Si è detto poi che l'ultima parte del quarto comma dell'art. 70 consente al giudice di disporre altre misure idonee a conservare l'integrità del patrimonio: in altre parole il giudice può vietare la costituzione di ipoteche e pegni.

Sulla falsariga di quanto previsto per l'attuale piano del consumatore, anche nella nuova ristrutturazione dei debiti, la discrezionalità riconosciuta al giudice impone, inoltre, il vaglio positivo sia sul periculum in mora, sia sul fumus boni iuris, stante la natura latamente cautelare di tale decisione. Quanto alla sussistenza del periculum, essa coincide col fatto che quella determinata esecuzione impedisce concretamente l'attuazione del piano. La sussistenza del fumus è, di contro, implicitamente contenuta nella parte del provvedimento sulla fattibilità e sulle altre condizioni di ammissibilità; vale a dire che è implicitamente contenuta nella parte del provvedimento che valuta la relazione particolareggiata e la completezza della documentazione, anche in riferimento all'assenza di atti in frode.

Rispetto all'attuale disciplina, dove le misure protettive hanno un lasso di tempo molto breve (il termine finale coincide con il momento della convocazione dei creditori), nel nuovo quarto comma dell'art. 70 cod. crisi il patrimonio del consumatore può essere preservato dalle aggressioni esecutive dei creditori fino, come anticipato, alla conclusione del procedimento e cioè fino alla conseguita definitività del decreto di omologa. Le misure protettive sono, infine, destinate ad essere revocate, su istanza dei creditori o anche d'ufficio, laddove siano posti in essere, nel corso della procedura, atti in frode.

Le misure protettive nella liquidazione controllata

Quanto alla liquidazione del sovraindebitato denominata procedura di liquidazione controllata, l'art. 270, comma 5, cod. crisi rinvia espressamente alla disciplina propria della liquidazione giudiziale e, in particolare, agli artt. 150 ss., dove si prevede, sulla falsariga dell'art. 51 l. fall. che «Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante la liquidazione giudiziale, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura». Si aggiunga che il secondo comma dell'art. 275 cod. crisi dispone che nella liquidazione controllata «Si applicano le disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale».

Tale articolato sistema di rinvii e richiami impone, per chiarezza, di riassumere i principi fondamentali – limitatamente alla indagine qui condotta – della liquidazione controllata nei seguenti snodi fondamentali.

In primo luogo, come nella disciplina attuale – stabilita dall'art. 14-quinquies, comma 2, lett. b), l. sovrind. e dall'art. 51 l. fall. – l'automatic stay opera in forza della pronuncia del provvedimento di apertura.

Inoltre, come nella disciplina attuale (in forza dell'ultima parte del comma secondo dell'art. 14-novies l. sovr. e dell'art. 107, comma 6, l. fall. confluito inalterato nell'art. 216, comma 10, cod. crisi), se alla data di apertura della procedura di liquidazione sono pendenti procedure esecutive il liquidatore può subentrarvi in luogo del creditore procedente: il meccanismo è lo stesso adottato per la prosecuzione (o l'improcedibilità) delle esecuzioni pendenti su istanza del curatore fallimentare che si è visto precedentemente.

Da ultimo, il rinvio espresso dell'art. 270, comma 5, cod. crisi all'art. 150 cod. crisi attribuisce al creditore fondiario il potere di iniziare o proseguire le azioni esecutive, in sintonia con quanto accade nella liquidazione giudiziale: è questa, a nostro parere, la novità più rilevante apportata dal legislatore alla procedura di liquidazione che nel regime attuale non contempla – invece – alcun privilegio processuale a favore del creditore fondiario.

Guida all'approfondimento
  • Crivelli, Le “Misure cautelari e protettive” nel procedimento unitario del codice della crisi e dell'insolvenza, in www.giustiziacivile.com;
  • Id., Ristrutturazione dei debiti del consumatore in Aa. Vv. Il nuovo sovraindebitamento,Torino 2019, 66 ss.;
  • V. Baroncini, Inibitorie delle azioni dei creditori e automatic stay, Torino, 2017, 28 ss.;
  • F. De Santis, Il processo per la dichiarazione di fallimento, Milanofiori-Assago 2012, 496 ss.;
  • P. Farina, Tutela esecutiva individuale, misure protettive e procedure negoziali di composizione della crisi: un (complesso) ménage à trois in evoluzione, in Riv. es. forz., 2019, 149 ss.;
  • Id., Il nuovo regime di concordato preventivo: abuso del diritto ed effetti sulle procedure esecutive e cautelari, in Dir. fall., 2013, 62 ss.;
  • S. Pacchi, L'abuso del diritto nel concordato preventivo, in Giust. civ., 2015, 789 ss.

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