Riparto fallimentare: ricorso in Cassazione e rispetto del contraddittorio dopo le S.U.

27 Dicembre 2019

In tema di riparto fallimentare, ai sensi dell'art. 110 l.fall. (nel testo applicabile ratione temporis come modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007), sia il reclamo ex art. 36 l.fall. avverso il progetto – predisposto dal curatore - di riparto, anche parziale, delle somme disponibili, sia quello ex art. 26 l.fall. contro il decreto del giudice delegato che abbia deciso il primo reclamo, possono essere proposti da qualunque controinteressato, inteso quale creditore che, in qualche modo, sarebbe potenzialmente pregiudicato dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, ed in entrambe le impugnazioni il ricorso va notificato a tutti i restanti creditori ammessi al riparto anche parziale.
Massima

In tema di riparto fallimentare, ai sensi dell'art. 110 l.fall. (nel testo applicabile ratione temporis come modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007), sia il reclamo ex art. 36 l.fall. avverso il progetto – predisposto dal curatore - di riparto, anche parziale, delle somme disponibili, sia quello ex art. 26 l.fall. contro il decreto del giudice delegato che abbia deciso il primo reclamo, possono essere proposti da qualunque controinteressato, inteso quale creditore che, in qualche modo, sarebbe potenzialmente pregiudicato dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, ed in entrambe le impugnazioni il ricorso va notificato a tutti i restanti creditori ammessi al riparto anche parziale.

Il decreto del Tribunale che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale, pronunciato sul reclamo avente ad oggetto il provvedimento del giudice delegato, nella parte in cui decide la controversia concernente, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell'attivo fino a quel momento disponibile e, dall'altro, il diritto degli ulteriori interessati ad ottenere gli accantonamenti delle somme necessarie al soddisfacimento dei propri crediti, nei casi previsti dall'art. 113 l.fall, si connota per i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, avverso di esso, è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost..

Il caso

Il Commissario straordinario di una grossa società chimica con sede a Milano, in amministrazione straordinaria, ha predisposto un progetto di riparto parziale in favore dei creditori prededucibili e di quelli privilegiati, sino al nono grado, avverso il quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Ambiente ed il MEF hanno proposto reclamo deducendo che, sebbene non ammessi formalmente allo stato passivo, gli stessi vanterebbero crediti ingentissimi in prededuzione, pari a circa 3,5 miliari di Euro, derivanti da un disastro ambientale provocato dalla prosecuzione dell'attività industriale.

Il Giudice delegato investito del reclamo ha sospeso l'esecutività del piano di riparto parziale, disponendo l'accantonamento integrale dell'attivo liquidato in attesa dell'accertamento dei crediti prededucibili dei reclamanti, in ragione della pendenza di un procedimento di opposizione allo stato passivo da questi promosso.

Un creditore concorrente, che non era stato parte del primo procedimento, ha proposto a sua volta reclamo avverso il decreto del G.D., contestandone la legittimità.

Tale gravame è stato accolto dal Tribunale di Milano, affermando che non si sarebbe dovuto tener conto della posizione delle amministrazioni pubbliche reclamanti in quanto non ammesse allo stato passivo e prive di un titolo idoneo a giustificare una pronuncia interinale di accantonamento, non rientrando la fattispecie decisa nei casi previsti dall'art. 113, comma 2, l.f., né potendosi al riguardo applicare la disposizione dell'art. 110, comma 4, l.f.

Pertanto, su tale premessa, il Collegio ha dichiarato l'esecutività del piano di ripartizione parziale.

Avverso tale statuizione gli enti pubblici hanno proposto ricorso per Cassazione. Hanno invece resistito con controricorso il creditore concorrente e la società in amministrazione straordinaria, attraverso il proprio Commissario.

Le questioni

Il ricorso per Cassazione è stato articolato dalla Presidenza del Consiglio, dal Ministero dell'ambiente e dal MEF su quattro motivi.

In primo luogo, a dire dei ricorrenti, il Tribunale avrebbe violato gli artt. 110, 36 e 26 l.f. avendo riconosciuto la legittimazione attiva al reclamo avanti a sé di un creditore che, pur ammesso allo stato passivo, non aveva impugnato il piano di riparto avanti al G.D., né aveva partecipato al relativo procedimento.

Le amministrazioni hanno inoltre contestato la violazione dell'art. 112 c.p.c. per avere la statuizione del Tribunale pronunciato anche in ordine a posizioni soggettive diverse da quelle del reclamante, rimuovendo interamente la prima declaratoria di sospensione della ripartizione.

Gli ulteriori due motivi di censura, invece, hanno contestato un difetto di motivazione relativo alla contraddittorietà con cui – dopo aver riconosciuto la legittimazione al reclamo da parte dei creditori pubblici – il decreto collegiale avrebbe negato l'accantonamento in loro favore, rimettendo al Commissario giudiziale una eventuale modificazione del piano di riparto, dovendosi ulteriormente ritenere dovuto l'invocato accantonamento in relazione a quanto previsto dagli artt. 110 co. 4 e 113 co. 2 l.f.

Preceduta dall'adozione di una prima ordinanza interlocutoria di rimessione degli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, nonché da una seconda ordinanza interlocutoria con cui l'Ufficio del Massimario e del Ruolo è stato investito di una relazione di approfondimento, la decisione in commento prende spunto da motivi di ricorso che sollecitano – fondamentalmente – la disamina di questioni che possono compendiarsi a) nella definitività o meno del decreto di esecutorietà del riparto parziale (ciò che a sua volta precede e condiziona logicamente la stessa ammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione, ex art. 111 co. 7 Cost.); b) nella individuazione dei soggetti attivi del reclamo ex art. 26 l.f. avverso il decreto che dichiara l'esecutività del piano di riparto; c) nella individuazione dei soggetti controinteressati, rispetto ai quali va garantito il contraddittorio, precisando altresì le eventuali conseguenze che derivano della sua violazione.

Le soluzioni giuridiche

In primo luogo, la S.C. riprende un principio, che essa stessa definisca pacifico, secondo cui il decreto del G.D. che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale è ricorribile al Tribunale, ex art. 26 l.f., mentre il provvedimento reso da quest'ultimo non è impugnabile dinanzi alla Corte di appello, dovendosi perciò discutere se nei confronti dello stesso sia invece ammissibile il ricorso straordinario per Cassazione, ai sensi dell'art. 111 co. 7 Cost.

Tale ultimo quesito è a sua volta influenzato dal problema se il citato provvedimento del Tribunale, che in sede di reclamo dichiari l'esecutività del riparto parziale sia, a propria volta, modificabile e/o revocabile oppure, per converso, dotato del carattere della definitività.

Al riguardo l'organo di nomofilachia, partendo dalla ricerca svolta dall'ufficio del Massimario, evidenzia come la contraddittorietà dell'unico precedente distonico sia soltanto apparente. Infatti, a fronte di un orientamento espressamente definito come “immemorabile”, secondo cui il piano di riparto parziale reso esecutivo dal giudice delegato non ha carattere provvisorio, così da poter essere modificato alla luce di ulteriori risultanze o sopravvenienze ma, al contrario, una volta decorsi i termini di impugnazione, diventa definitivo e quanto con esso è stato disposto non può essere più oggetto di ulteriore contestazione, si pone solo in modo apparentemente contraddittorio la pronuncia di Cass. n. 12352 del 2014, la cui massima testualmente esclude la ricorribilità in cassazione per la (pretesa) modificabilità del provvedimento, nella parte in cui non dispone in ordine all'accantonamento (ma con affermazione invece convenuta in un mero obiter dictum immotivato).

A tal proposito, la motivazione ha modo di ripercorrere due note vicende in tema di ius superveniens che furono in passato affrontate dal S.C. in termini conformi al citato orientamento risalente. La prima occasionata dalla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 66, n. 5 (in tema di privilegio mobiliare spettante al lavoratore), la seconda dovuta alla L. 29 luglio 1975, n. 426, art. 15 (a sua volta modificativa dei precedenti titoli di prelazione). In entrambi i casi la S.C. ha avuto modo di affermare il principio che il nuovo (più favorevole) privilegio può essere fatto valere nel corso della procedura fallimentare anche se la prestazione da cui origina il credito fosse stata svolta antecedentemente e persino nel caso in cui il credito fosse già stato ammesso allo stato passivo senza il riconoscimento del privilegio invocato, sopravvenuto rispetto a tale momento. In altri termini, la S.C. aveva già affermato un principio di permeabilità dello stato passivo fallimentare rispetto alla sopravvenienza di nuovi titoli di prelazione con il limite, invece sempre ribadito, che siffatto credito fosse già stato destinatario di riparto, anche parziale, dovendosi infatti ritenere definitivo il decreto che ne dichiara l'esecutività ed irripetibili i pagamenti posti in attuazione dello stesso, con la sola eccezione della revocazione.

Ciò posto, in ordine alla prima questione dianzi ricapitolata, le Sezioni Unite affermano il seguente principio di diritto: "il decreto del Tribunale che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale, pronunciato sul reclamo avente ad oggetto il provvedimento del giudice delegato, nella parte in cui decide la controversia concernente, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell'attivo fino a quel momento disponibile e, dall'altro, il diritto degli ulteriori interessati ad ottenere gli accantonamenti delle somme necessarie al soddisfacimento dei propri crediti, nei casi previsti dalla L. Fall., art. 113, si connota per i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, avverso di esso, è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7".

Con riferimento, invece, alla questione relativa all'individuazione dei soggetti legittimati a proporre il gravame, la S.C. parte dall'affermazione che rispetto alla legittimazione attiva a proporre reclamo avverso il progetto depositato dal curatore, ai sensi dell'art. 36 l.f., non sembrano sorgere particolari dubbi: i creditori interessati e legittimati devono, infatti, farsi coincidere con i destinatari della comunicazione - tramite PEC - del progetto medesimo.

Più complesso, invece, l'individuazione dei soggetti deputati a reclamare, ex art. 26 l.f., il decreto del giudice delegato che abbia dichiarato (o meno) l'esecutorietà del progetto di riparto, considerato da un lato che uno dei motivi di ricorso deduceva – appunto – una sorta di vizio di ultra petizione del provvedimento collegiale, laddove avrebbe dichiarato l'esecutività dell'intero piano di riparto così da investire posizioni soggettive ulteriori rispetto a quelle del reclamante in prime cure e che, dall'altro, l'intervento nel procedimento di reclamo di alcuni creditori era stato dichiarato inammissibile.

Rispetto a tale questione, persuasivamente, il S.C. arriva a riconoscere una legittimazione attiva a proporre il reclamo ex art. 26 l.f. nei confronti del decreto del G.D. specularmente corrispondente a quella che va riconosciuta, ex art. 36 l.f., nei confronti del progetto di riparto predisposto dal Curatore, affermando, in definitiva, il seguente principio di diritto:

“in tema di riparto fallimentare, ai sensi della L. Fall., art. 110 (nel testo applicabile ratione temporis come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007), sia il reclamo ex art. 36 l. Fall. avverso il progetto - predisposto dal curatore - di riparto, anche parziale, delle somme disponibili, sia quello ex art. 26 l. Fall., contro il decreto del giudice delegato che abbia deciso il primo reclamo, possono essere proposti da qualunque controinteressato, inteso quale creditore che, in qualche modo, sarebbe potenzialmente pregiudicato dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, ed in entrambe le impugnazioni il ricorso va notificato a tutti i restanti creditori ammessi al riparto anche parziale”.

Così facendo la motivazione finisce per riconoscere un'esigenza di contraddittorio allargato che può essere perseguita non limitandosi a comunicare o notificare il reclamo al solo Curatore (nel caso di specie si trattava del Commissario straordinario ma il principio vale mutatis mutandis per il Curatore fallimentare), bensì consentendo un contraddittorio effettivo a tutti i creditori potenzialmente incisi dal piano di riparto di cui si discute, anche se parziale.

Le conseguenze dell'eventuale violazione del contraddittorio, che nel caso di specie i giudici di legittimità riconoscono essere avvenuta i9n entrambi i gradi precedenti, vengono quindi delineate in termini esiziali per il provvedimento impugnato: in prime cure, infatti, il reclamo ex art. 36 l.f. non era stato comunicato dal Commissario ad alcuno dei creditori concorrenti, né loro notificato ad iniziativa dei reclamanti; mentre davanti al Tribunale il reclamante aveva notificato il proprio ricorso unicamente alla Presidenza del Consiglio (una dei reclamanti nella fase precedente) ed al Commissario della società in amministrazione straordinaria.

I supremi giudici di legittimità hanno pertanto ricordato che, per orientamento consolidato, quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata nè dal giudice di primo grado, che non abbia disposto l'integrazione del contraddittorio, nè da quello di appello, che non abbia provveduto a rimettere la causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., comma 1, resta viziato l'intero processo e s'impone, in sede di giudizio di cassazione, l'annullamento, anche d'ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell'art. 383 c.p.c., comma 3: principio valevole anche nell'ambito dei procedimenti in camera di consiglio, ed in quelli di impugnazione del piano di riparto dell'attivo concorsuale in favore dei creditori.

Pertanto, rilevata la violazione del contraddittorio, sia nella prima fase avanti al G.D. che davanti al Tribunale in sede di gravame, le S.U. hanno cassato il provvedimento impugnato e rinviato la causa, anche per le spese del grado di legittimità, al giudice delegato investito del primo reclamo avverso il progetto di riparto parziale predisposto dal Commissario straordinario.

Osservazioni

La disciplina del reclamo al progetto di riparto è estremamente laconica e fondata, essenzialmente, sul rinvio che l'art. 110 l.f. compie all'art. 36 l.f. (in tema di reclamo avverso gli atti del curatore e del comitato dei creditori). Si tratta di una scelta, occorre subito aggiungere, che appare confermata dal nuovo testo del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza – D. Lgs. vo 12 gennaio 2019, n. 14 – laddove l'art. 220 rinvia all'art. 133, destinato a sua volta a sostituire l'attuale art. 33 l.f.

Rimanendo alla disciplina attuale, pur se sul valore del nuovo Codice nel frattempo già emanato si ritornerà, si deve affermare che il rinvio alla disciplina del reclamo avverso gli atti del Curatore deve essere recepito secondo compatibilità e per quanto non derogato in questa sede.

Le differenze, infatti, appaiono molteplici:

a) il termine è di 15 gg. e non di 8 gg. come invece previsto in generale dall'art. 33 l.f.;

b) la legittimazione attiva spetta ai creditori, non potendosi estendere, come invece previsto dalla norma oggetto di richiamo, al fallito, al comitato dei creditori e - tantomeno - a favore di qualunque interessato; si sostiene infatti (e la decisione in commento lo conferma) che i creditori legittimati al reclamo siano i destinatari dell'avviso di deposito del progetto in contestazione (chi scrive ritiene che tale legittimazione non possa invece estendersi ai destinatari degli eventuali precedenti riparti parziali, che la riforma vorrebbe a cadenza quadrimestrale, giacché a contrario ciò finirebbe per rimettere in termini anche i creditori partecipanti a riparti parziali precedenti che non hanno al riguardo sollevato contestazioni); si ritiene invece che la legittimazione vada estesa ai creditori ammessi con riserva ed a quelli esclusi, purché opponenti ed il relativo giudizio non si sia ancora concluso con un provvedimento definitivo di rigetto della domanda di insinuazione (e tale era infatti la situazione delle amministrazioni pubbliche reclamanti nella fattispecie concreta in esame);

c) la legittimazione passiva spetta certamente al curatore; si discute(va) se siano contraddittori anche i creditori la cui quota di ripartizione potrebbe variare a seguito dell'accoglimento del reclamo; una prima teoria sosteneva, infatti, che gli stessi avessero già fruito di un contraddittorio anticipato in sede di formazione del progetto di stato passivo, dato che il concorso giustifica la possibilità data a ciascun creditore concorrente di impugnare l'accoglimento della domanda di insinuazione di altro creditore concorrente, sì che sarebbe stata sufficiente la notificazione del reclamo avverso al progetto di distribuzione al solo curatore; altro più rigoroso orientamento, invece, riteneva necessaria la notifica o almeno la comunicazione da parte del curatore a tutti i creditori interessati dal riparto dell'avvenuta proposizione del reclamo, sì da consentire un contraddittorio ulteriore in ragione del fatto che quello assicurato in sede di formazione del passivo si svolgerebbe sulla misura teorica dei diritti, mentre quello in sede di riparto avrebbe a riguardo all'effettiva distribuzione delle somme ed al soddisfacimento in concreto ed in via definitiva del diritto precedentemente accertato; questo secondo indirizzo è stato quello accolto dalla pronuncia in commento;

d) l'oggetto del procedimento non riguarda atti gestori o genericamente di amministrazione del curatore, ma involge profili di legittimità del riparto; in questo senso si coglie appieno il rilievo del rinvio all'art. 36 l.f. che - come noto - consente doglianze per violazione di legge e non anche per motivi di merito o semplice opportunità;

Dal punto di vista procedurale, il reclamo va proposto con l'ausilio necessario di un difensore e dà luogo ad accantonamento (in altri termini il reclamo non sospende l'esecutività del progetto di ripartizione, che va dichiarata dal G.D. con riferimento a tutte le poste non investite dal gravame, ma rende necessario l'accantonamento delle somme su cui verte l'impugnazione). Il provvedimento decisorio è quindi emesso dal G.D. ed eventualmente reclamabile al Tribunale la cui decisione sarà, a propria volta, come sancito dalle S.U., ulteriormente ricorribile per Cassazione, ex art. 111 co. 7 Cost.

Vale la pena, ancora, sottolineare come nel corpo della motivazione che si commenta vi sia un riferimento al nuovo Codice della crisi e dell'insolvenza. In un passaggio, infatti, si sottolinea che il principio (di stabilità e intangibilità dei riparti) ha trovato conferma nel testo dell'art. 114 l.f., come novellato dal D.Lgs. n. 5 del 2006 (secondo cui "I pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell'accoglimento di domande di revocazione"), riprodotto poi esattamente nel medesimo testo dall'art. 229 del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza. Tale ultima disposizione, pur giudicata direttamente inapplicabile al caso di specie, posta l'entrata in vigore differita del nuovo Codice di diciotto mesi rispetto alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (cfr. art. 388), per le S.U. mostra con chiara evidenza l'intento del riformatore del 2019 di confermare l'indirizzo già manifestato dal legislatore del 1942 e del 2006.

Ancora una volta, quindi, viene riaffermato il valore interpretativo delle disposizioni del nuovo Codice che, seppur formalmente non ancora vigenti, possono orientare l'interprete nella soluzione di questioni controverse nell'applicazione delle norme ancora in vigore. Tale opzione ermeneutica, del resto, non può certamente ritenersi isolata. Tanto Cass. civ, sez. I, 19 novembre 2018, n. 29742 (in tema di compatibilità dell'affitto d'azienda con la nozione di concordato in continuità) che Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2018, n. 9087 (in tema di natura concorsuale degli accordi di ristrutturazione) hanno infatti valorizzato le nuove disposizioni della riforma fallimentare quale argomento interpretativo fondante, assieme ad altri dati ermeneutici, la soluzione concretamente adottata. Nella giurisprudenza di merito, sia consentito rinviare a Trib. Ravenna, 15 gennaio 2018, emessa ancor prima della formale emanazione del nuovo Codice, secondo cui “In ossequio al criterio della prevalenza, il concordato va qualificato in continuità aziendale ex art. 186 bis l.fall. ogniqualvolta, alla stregua di una comparazione quantitativa fra le fonti del soddisfacimento destinato ai creditori concordatari, detto soddisfacimento deriva in massima parte dai flussi finanziari prodotti dalla continuità aziendale, piuttosto che dalle più limitate risorse ottenute attraverso la cessione di cespiti non strategici. In tal senso non può non rilevarsi come la recentissima L. 19 ottobre 2017, n. 155, recante delega al governo per la riforma della disciplina della crisi di impresa e dell'insolvenza, preveda all'art. 6 lett. i) n. 2 una direttiva in ordine all'accoglimento della teoria della prevalenza riguardo la qualificazione del concordato in continuità. Inoltre, in tema di continuità aziendale e affitto d'azienda, va altresì affermato l'esplicito accoglimento della tesi della continuità oggettiva o indiretta, stante l'esplicita valutazione positiva della compatibilità fra disciplina della continuità ed affitto d'azienda sancita dal legislatore all'art. 6 lett. i) n. 3) della stessa L. n. 155/2017. Pur non essendo ancora stati emanati i rispettivi decreti delegati attuativi, tali principi già costituiscono legge dello Stato e ben possono essere richiamati quale dato positivo nella indagine ermeneutica delle disposizioni attualmente vigenti”.

Guida all'approfondimento

BRUSCHETTA, La ripartizione dell'attivo, in DIDONE, Le riforme della legge fallimentare, I, Torino, 2009; FAROLFI, Il rendiconto e la ripartizione dell'attivo, in Fall., 2019, n. 10, 1228; LENOCI, Commento agli artt. 110-117, in DI MARZIO (diretto da), Codice della crisi d'impresa, Milano, 2017; MONTANARI, I procedimenti di liquidazione e ripartizione dell'attivo fallimentare, Padova, 1995; VIVALDI, La ripartizione dell'attivo, in AA.VV., Trattato delle procedure concorsuali, III, Torino, 2010.

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