Limitazioni di utilizzo dei box privati in parcheggio condominiale: possibili tutele

Maurizio Tarantino
27 Dicembre 2019

Al fine di accedere ai rispettivi box auto con i propri mezzi attraverso il cortile comune, le due proprietarie possono svolgere azione di riconoscimento della servitù di passaggio?

Due proprietarie, in un condominio composto da due palazzi (fabbricati nel 1965) inseriti in un'unica recinzione, hanno n. 3 box auto al piano seminterrato. Il Condominio decide di utilizzare lo spazio pubblico circostante l'intero condominio ed all'interno della recinzione - cortile - per assegnare posti auto a tutti i condomini. Vengono disegnate strisce per gli stalli che vengono apposte anche davanti agli ingressi dei box privati, così di fatto impedendo ai rispettivi proprietari l'accesso con l'auto. Il Regolamento di condominio, approvato molti anni dopo la costruzione, afferma che lo spazio di cortile è riservato a posti auto. Originariamente la classe catastale dei locali era c/2 ma poi è stata trasformata in c/6 ed esiste sentenza della Corte di Appello in giudicato che riconosce il diritto delle proprietarie di utilizzare i box quali garages per auto. Domande: le due proprietarie, al fine di accedere ai rispettivi box auto con i propri mezzi attraverso il cortile comune, possono svolgere azione di riconoscimento della servitù di passaggio? Le due proprietarie, al fine del passaggio ai rispettivi box, devono citare soltanto chi si ostina a parcheggiare davanti oppure tutti i condomini indistintamente? Oltre a tutti i condomini, è opportuno convenire in giudizio anche il Condominio quale Ente di Gestione?

Preliminarmente è doveroso osservare che la zona antistante i box auto non è privata, è condominiale e deve essere lasciata libera per garantire entrata/uscita/manovra. In proposito, in giurisprudenza, è stato osservato che quando gli spazi sono stati assegnati in proprietà, è ammissibile che il titolare del diritto, per evitare che altri condomini occupino la porzione di propria pertinenza, ponga una recinzione per escludere altri dall'occupazione abusiva del posto auto. Questo deve avvenire a condizione che con tale intervento non sia invaso lo spazio del vicino o quello di proprietà comune, né che siano rese più difficoltose le manovre (Cass. civ., sez. VI, 22 novembre 2011, n. 24645). I condomini, dunque, devono utilizzare gli spazi delimitati dalle strisce, senza occupare spazi di manovra od eventuali vie di fuga e senza bloccare gli altri autoveicoli.

Premesso quanto innanzi esposto, a questo punto, possiamo supporre dei possibili scenari di tutela.

Prima di tutto, l'utilizzazione “a parcheggio” del cortile viene valutata caso per caso in rapporto alla specifica destinazione della relativa area, applicando un parametro valutativo che tenga conto delle concrete situazioni di fatto (vale a dire, delle caratteristiche dell'area medesima) nonché dell'eventuale precedente destinazione. In tale situazione, l'assemblea, alla luce della presenza dei 3 box auto al piano seminterrato, potrebbe disporre una nuova delimitazione degli spazi riservati all'uso dei singoli condomini che tenga conto degli spazi di manovra dei citati box; in tale situazione, salvo limitazione degli altri condomini, si potrebbe ipotizzare anche di assegnare quel posto auto davanti al garage (esterno) al proprietario di quel box auto. A seguito di tale operazione, nel caso dell'insufficienza della superficie dell'area comune, è altresì pacifica l'eventuale decisione dell'assemblea di disporre l'uso “turnario” dei parcheggi ivi allocati (Cass. civ., sez. II, 22 marzo 2001, n. 4131). Nonostante tali accorgimenti, se un condomino adotti costantemente un determinato comportamento (ostruzione dell'ingresso con la propria auto davanti all'entrata del box privato) potrebbe essere denunciato per violenza privata (Cass. pen., sez. V., 13 marzo 2013, n. 28487). Oltre ai citati scenari di natura pacifica/assembleare, i proprietari potrebbero richiedere tutela giudiziaria; tuttavia, in questo caso, è importante individuare l'azione e la legittimazione passiva.

In tema è stato osservato che la domanda degli attori diretta a ottenere, sulla base di una causa petendi costituita dalla turbativa al loro diritto di proprietà sulla rampa e sullo spazio di accesso e manovra ai garages (siti in un complesso condominiale), una pronuncia che ordini alle convenute la cessazione del passaggio per accedere a un locale di loro proprietà esclusiva non può essere qualificata causa concernente le modalità di uso dei servizi condominiali, ma integra una azione negatoria, diretta a tutelare la proprietà dalle turbative poste in essere dalle convenute e a far dichiarare l'inesistenza del diritto di servitù di passaggio dalle stesse vantato (Cass. civ. sez. II, 22 novembre 1995, n. 12093).

Quindi, con tale azione - di mero accertamento negativo ex. art. 949 c.c. - l'attore, proprietario e possessore, tende al riconoscimento della libertà del fondo contro qualsiasi pretesa di terzi che accampino diritti reali sulla cosa ed attentino al libero ed esclusivo godimento dell'immobile da parte sua. Quanto alla legittimazione passiva, esistono due orientamenti i cui principi devono servire all'interprete come guida in merito alle modalità dell'azione da intraprendere.

Secondo un primo orientamento, la legittimazione passiva dell'amministratore di condominio sussiste, con riguardo ad azioni negatorie e confessorie di servitù, anche nel caso in cui sia domandata la rimozione di opere comuni o la eliminazione di ostacoli che impediscano o turbino l'esercizio della servitù medesima, non rendendosi necessaria "l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini" (Cass., sez. II, 21 gennaio 2004, n. 919, Cass., sez. III, 21 maggio 2008, n. 13074). Viceversa, secondo altro orientamento, dà luogo a litisconsorzio necessario passivo quando la medesima azione tenda - oltre a conseguire la cessazione dell'attività illegittima del convenuto - anche un mutamento dello stato di fatto, soprattutto mediante la condanna alla rimozione delle opere con cui il preteso diritto è stato esercitato, altrimenti la sentenza, non avendo efficacia nei confronti di tutti, sarebbe non eseguibile e, quindi, inutiliter data (Cass. civ., sez. II, 7 giugno 2002, n. 8261; Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1998, n. 3156).

In conclusione, sulla base dei citati orientamenti in ordine alla legittimazione passiva, con specifico riguardo all'actio negatoria servitutis, è importante focalizzare il risultato che l'utente intende raggiungere.

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