Privilegio per IVA di rivalsa: garantito ad ogni prestatore d'opera

La Redazione
09 Gennaio 2020

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 1/2020 del 3 gennaio 2020, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, n. 2), c.c., come modificato dall'art. 1, comma 474, L. n. 205/2017 (Legge di Bilancio 2018) sollevata, in riferimento all'art. 3, comma 1, Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento tra le situazioni contemplate dallo stesso n. 2)...

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 1/2020 del 3 gennaio 2020, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, n. 2), c.c., come modificato dall'art. 1, comma 474, L. n. 205/2017 (Legge di Bilancio 2018) sollevata, in riferimento all'art. 3, comma 1, Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento tra le situazioni contemplate dallo stesso n. 2), «nella parte in cui estende anche al credito per rivalsa IVA il privilegio generale ivi attribuito al credito per le retribuzioni dei professionisti», affermando che i «professionisti» e «ogni altro prestatore d'opera», intellettuale o no, beneficiano tutti della stessa estensione del privilegio mobiliare al credito per rivalsa IVA, prevista dalla disposizione censurata.

Il Giudice delegato del Tribunale ordinario di Udine, con ordinanza del 20 giugno 2018, sollevava, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, n. 2), c.c., come modificato dall'art. 1, comma 474, della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 «nella parte in cui estende anche al credito per rivalsa IVA il privilegio generale ivi attribuito al credito per le retribuzioni dei professionisti».


In premessa, il rimettente circoscrive l'ambito della questione, puntualizzando che la censura non investe il privilegio riconosciuto ai crediti riguardanti la retribuzione dei professionisti e il contributo integrativo previdenziale. Secondo il Giudice a quo - posto che le cause legittime di prelazione costituiscono deroghe all'eguale diritto dei creditori di soddisfarsi sui beni del debitore (art. 2741 c.c.) e che la sindacabilità sotto il profilo della violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza delle norme che prevedono tali deroghe è stata affermata dalla giurisprudenza costituzionale - l'estensione al credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto (IVA) della causa di prelazione, già prevista per il credito da retribuzione «dei professionisti» prima della modifica introdotta dall'art. 1, comma 474, della legge n. 205 del 2017, non pare rispettare tali principi perché, limitando il beneficio dell'estensione del privilegio al solo credito per rivalsa dei «professionisti», riserva un trattamento differenziato rispetto a situazioni analoghe previste dallo stesso art. 2751-bis c.c. In questo modo, il legislatore ha introdotto una disuguaglianza di diritto tra professionisti e altre categorie di lavoratori il cui privilegio non si estende alla rivalsa IVA.

Il rimettente osserva che, sebbene i crediti dei ricorrenti siano sorti prima dell'entrata in vigore del testo novellato dell'art. 2751-bis c.c., «secondo i principi generali delle procedure fallimentari, l'introduzione di un nuovo privilegio da parte del legislatore deve sempre ricevere immediata applicazione da parte del giudice delegato, dal momento che le norme processuali sulla gradazione dei crediti si individuano avendo riguardo al momento in cui il credito viene fatto valere».

Dalla disamina effettuata dalla Consulta viene evidenziato che, nel contesto della generale riforma dei privilegi, operata dalla Legge n. 426/1975, è stato introdotto l'art. 2751-bis c.c., che ha riconosciuto il privilegio generale sui mobili alle retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato e a vari crediti che - secondo l'apprezzamento del legislatore - meritavano lo stesso beneficio in ragione della particolare natura del rapporto a cui si riferivano (provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società o enti cooperativi e delle imprese artigiane).

Inoltre una disposizione analoga era anche contenuta nell'art. 2772, terzo comma, c.c., secondo cui «[e]guale privilegio hanno i crediti di rivalsa, verso il cessionario ed il committente, previsti dalle norme relative all'imposta sul valore aggiunto, sugli immobili che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio».

Si deduce, dunque, che in riferimento al regime di prelazione, il credito retributivo del professionista e del lavoratore autonomo era tenuto ben distinto dal credito di natura tributaria per rivalsa dell'IVA calcolata e versata sull'ammontare del compenso fatturato.

Per soddisfare questa esigenza di protezione, il legislatore dapprima ha introdotto uno speciale regime di detraibilità dell'importo corrispondente al credito per rivalsa dell'IVA, ove non soddisfatto dal cessionario del servizio al momento del pagamento del corrispettivo; per poi in realtà giungere al ripristino della regola secondo cui l'emissione di nota di credito IVA - e, dunque, la possibilità di portare in detrazione l'IVA corrispondente alle variazioni in diminuzione, in caso di mancato pagamento connesso a procedure concorsuali - può avvenire solo una volta che dette procedure si sono concluse infruttuosamente.

Questo comporta, in sostanza, che il corrispettivo della prestazione viene intaccato nella misura in cui il credito per rivalsa dell'IVA rimane insoddisfatto almeno fino a quando non è possibile per il professionista (o lavoratore autonomo) portare tale importo in detrazione dell'IVA.

Prosegue la Corte, specificando ulteriori passaggi necessari ai fini della comprensione della vicenda giuridica, che la disciplina di tutela enunciata supra, non è mai stata in realtà applicata, facendo però seguito, quasi senza soluzione di continuità, altra disciplina - quella censurata dal giudice rimettente - che risponde alla stessa ratio, seppur con diverso meccanismo giuridico: Il legislatore della legge di bilancio per l'anno finanziario 2018 ha previsto, all'art. 1, comma 474, che all'articolo 2751-bis, numero 2), del c.c., dopo le parole: "le retribuzioni dei professionisti" sono inserite le seguenti: ",compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto,"».

Per effetto di questo riallineamento, il credito avente ad oggetto il corrispettivo del servizio del "professionista" e il credito per rivalsa dell'IVA hanno lo stesso privilegio generale sui mobili.

In conclusione, la Consulta, secondo un'interpretazione adeguatrice, costituzionalmente orientata al rispetto del principio di eguaglianza, afferma che l'estensione del privilegio al credito di rivalsa IVA, operata dall'art. 1, comma 474, della Legge n. 205/2017, benché testualmente collocata a fianco della sola categoria dei «professionisti», non può avere l'effetto - di far rivivere, seppur al limitato effetto dell'estensione del privilegio, una tale distinzione, che sarebbe altrimenti ingiustificata e come tale illegittima.

Fonte: Ilfallimentarista.it

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