Pregiudizialità tra opposizioni esecutive
09 Gennaio 2020
Massima
Quando con due distinte opposizioni ex art. 617 c.p.c. si denunciano vizi relativi ad atti successivi del medesimo processo esecutivo, fra la prima e la seconda opposizione sussiste una relazione di connessione per pregiudizialità e per il titolo, sicchè, se le due cause pendono davanti a distinti giudici, trattandosi di competenze inderogabili che non consentono lo spostamento di una delle cause, quella instaurata per ultima, che è pregiudicata dall'altra – perché se viene accolta l'opposizione relativa all'atto prodromico, cade automaticamente lo sviluppo successivo dell'esecuzione – deve essere sospesa in attesa della definizione della prima. Il caso
La società alfa proponeva, innanzi al tribunale di Castrovillari, opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c. avverso l'atto di precetto con il quale Tizio e Caia le avevano intimato il pagamento delle somme risultanti da un decreto ingiuntivo, eccependo l'intervenuta estinzione del credito. Il tribunale adito rigettava l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo. I creditori, di conseguenza, effettuavano, presso il tribunale di Modena, un pignoramento presso terzi. La società alfa proponeva opposizione, ma il giudice dell'esecuzione rigettava l'istanza di sospensione della procedura esecutiva e fissava il termine per instaurare il giudizio di merito. Introdotto dai creditori il giudizio di merito, si costituiva la società alfa, la quale eccepiva la litispendenza tra tale causa, pendente dinanzi al tribunale di Modena, ed il giudizio di opposizione a precetto, ancora pendente dinanzi al tribunale di Castrovillari. Il tribunale di Modena, ravvisata la litispendenza tra i due giudizi ex art. 39 c.p.c., ordinava la cancellazione dal ruolo della causa pendente dinanzi a sé. Avverso tale ordinanza Tizio e Caia proponevano regolamento necessario di competenza. La questione
La pronuncia in commento esamina la questione del coordinamento tra opposizioni esecutive pendenti dinanzi a giudici diversi. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando la competenza del tribunale di Modena a decidere sull'opposizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi proposta dinanzi ad esso. Nel caso di specie, invero, sia l'opposizione a precetto che quella all'esecuzione già iniziata contenevano doglianze riconducibili in parte all'art. 615 c.p.c. ed in parte alla fattispecie di cui all'art. 617 c.p.c. In particolare, per quanto attiene all'opposizione agli atti esecutivi, mentre nella prima causa era stata dedotta la nullità del precetto per difetto di procura, nella seconda l'opposizione riguardava l'applicazione dell'art. 496 c.p.c., sicchè, trattandosi di motivi di opposizione diversi, difettavano i presupposti per dichiarare la litispendenza. La Suprema Corte ha, quindi, ritenuto che quando con due distinte opposizioni ex art. 617 c.p.c. si denunciano vizi relativi ad atti successivi del medesimo processo esecutivo, fra la prima e la seconda opposizione sussiste una relazione di connessione per pregiudizialità e per il titolo, nel senso che la causa che riguarda l'atto anteriore è pregiudicante rispetto alla seconda, in quanto, se viene accolta l'opposizione relativa all'atto prodromico, cade automaticamente lo sviluppo successivo del processo esecutivo. Ragion per cui, se le due opposizioni pendono davanti a diversi uffici giudiziari (il che può accadere se la prima è proposta avverso l'atto di precetto e la seconda avverso un atto di esecuzione già iniziata), essendosi in presenza di competenze inderogabili ex art. 28 c.p.c. e non essendo possibile lo spostamento di una delle due cause, quella instaurata per ultima, pregiudicata dall'altra, deve essere sospesa ex art. 295 c.p.c. Per quanto attiene alle due opposizioni all'esecuzione, anche in tal caso i motivi di opposizione non erano coincidenti, in quanto dinanzi al tribunale di Modena erano state dedotte censure relative all'inesistenza del titolo (per essere stato emesso da giudice incompetente) e all'estinzione del credito per intervenuta transazione, mentre dinanzi al tribunale di Castrovillari era stato dedotto unicamente quest'ultimo profilo. Coincidendo le causae petendi solo parzialmente, si sarebbe potuta al massimo ravvisare un'ipotesi di continenza, ma non certo di litispendenza. In definitiva, il coordinamento tra le due opposizioni esecutive restava affidato al meccanismo non dell'art. 39 c.p.c., bensì della sospensione della causa introdotta per seconda, in attesa della definizione di quella pregiudicante, introdotta per prima.
Osservazioni
Com'è noto, la litispendenza è un rapporto tra due o più cause che consente di individuare il giudice competente in base al criterio della prevenzione, qualora tra esse vi sia identità di causa petendi e di petitum ed esse pendano fra le stesse parti (Cass. civ., 26 gennaio 2004, n. 1302). L'orientamento della giurisprudenza relativo al trattamento processuale del possibile rapporto di litispendenza tra il giudizio di opposizione all'esecuzione ed altri giudizi di cognizione, oppure tra diversi giudizi oppositivi, è piuttosto restrittivo e ben si inquadra nel contesto di tendenziale salvaguardia dell'autonomia strutturale del giudizio oppositivo. Invero, in primo luogo, si è ritenuto che sussista litispendenza, e non continenza né connessione, tra una opposizione a precetto, proposta ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c., ed una opposizione all'esecuzione, successivamente proposta ai sensi dell'art. 615, comma 2, c.p.c., avverso il medesimo titolo esecutivo e fondate su fatti costitutivi dell'inesistenza del diritto di procedere all'esecuzione forzata identici, se pendenti, nel merito, dinanzi ad uffici giudiziari diversi, anche per grado, con conseguente applicabilità dell'art. 39 c.p.c. (Cass. civ., 12- aprile 2019, n. 10415; Cass. civ., 20 luglio 2010, n. 17037, in relazione alla dedotta nullità del titolo esecutivo costituito da un contratto di mutuo stipulato per atto pubblico); qualora invece le cause siano pendenti, nel merito, innanzi allo stesso ufficio giudiziario, ne va disposta la riunione di ufficio, ai sensi dell'art. 273 c.p.c., ferme le decadenze già maturate nella causa iniziata per prima; qualora la riunione non sia possibile per impedimenti di carattere processuale, bisognerà sospendere pregiudizialmente la seconda causa, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (Cass. civ., 17 ottobre 2019, n. 26285). Nel caso trattato dalla pronuncia in commento, i predetti principi non erano però applicabili, ed infatti è stata esclusa la ricorrenza di un'ipotesi di litispendenza, in quanto i motivi posti a fondamento delle opposizioni ex art. 617 c.p.c. proposte dinanzi al tribunale di Castrovillari ed a quello di Modena erano del tutto diversi, mentre le doglianze riconducibili alle opposizioni ex art. 615 c.p.c., proposte dinanzi ai predetti uffici giudiziari, erano solo parzialmente coincidenti, sicchè si sarebbe potuta configurare, al massimo, un'ipotesi di continenza. Il meccanismo di coordinamento tra le predette opposizioni esecutive resta, quindi, affidato, secondo la Suprema Corte, alla sospensione per pregiudizialità di cui all'art. 295 c.p.c. La giurisprudenza di legittimità ha, altresì, escluso la ricorrenza di un'ipotesi di litispendenza tra il giudizio di opposizione all'esecuzione preventiva o successiva ed il giudizio di appello pendente avverso la sentenza di primo grado su cui si fonda il precetto, ovvero in forza della quale è stato promosso il processo esecutivo, poiché con il rimedio di cui all'art. 615 c.p.c. non si pone (né può porsi) in discussione l'esattezza del titolo giudiziale (Cass. civ., 3 settembre 2005, n. 17743). Invero, l'opposizione all'esecuzione con cui si lamenti l'esattezza del titolo giudiziale va dichiarata inammissibile, poiché è precluso al giudice investito della decisione di compiere un accertamento su questioni il cui esame è riservato alle sedi di merito. La medesima soluzione è stata fornita con riguardo ai rapporti tra il giudizio di opposizione all'esecuzione e quello di opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. civ., 16 aprile 1999, n. 3792). Peraltro, tra il giudizio di merito sul titolo giudiziale e quello di opposizione all'esecuzione non sussiste neppure un rapporto di pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. (Cass. civ., 20 febbraio 2018, n. 4035; Cass. civ., 13 giugno 2008, n. 15909). Non sussiste litispendenza neppure nei rapporti tra l'opposizione all'esecuzione e l'opposizione agli atti esecutivi proposta dallo stesso debitore contro l'atto di precetto, poiché tra le due cause non esiste una identità di petitum e di causa petendi (Cass. civ., 9 aprile 2001, n. 5273). Infatti, nell'opposizione all'esecuzione, l'oggetto della domanda è dato dall'accertamento negativo del diritto dell'intimante di promuovere un giudizio di esecuzione, mentre nell'opposizione agli atti esecutivi l'oggetto del giudizio è invece costituito dalla richiesta di dichiarare la nullità formale dell'atto preliminare all'azione esecutiva. Qualora, tuttavia, con uno stesso atto introduttivo vengano proposte sia l'opposizione ex art. 615 che quella ex art. 617 c.p.c., occorre che il giudice si pronunci su entrambe, non potendo ritenersi che l'accoglimento dell'una comporti assorbimento dell'altra (Cass. civ., 5 febbraio 1973, n. 366). Ancora, non sussiste litispendenza comportante la necessità di riunione dei giudizi pendenti davanti a giudici diversi a norma dell'art. 39 c.p.c. tra il giudizio di opposizione a pignoramento e quello di opposizione a precetto pendente in fase di appello, proposto nei confronti dello stesso creditore ed in relazione allo stesso credito, per contestare l'esistenza del titolo esecutivo, qualora nella prima causa sia stata proposta dal debitore domanda di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. in relazione all'esecuzione intrapresa, presentando detta controversia un quid pluris ulteriore, sufficiente a rendere detta causa obiettivamente diversa dall'altra (Cass. civ., 16 giugno 2000, n. 8214). Neppure è configurabile litispendenza (o continenza) in caso di contemporanea pendenza di due giudizi, uno di opposizione all'esecuzione minacciata o promossa per la realizzazione di un determinato diritto e l'altro relativo all'accertamento del medesimo diritto fra le stesse parti, allorché l'opposizione all'esecuzione riguardi il profilo strettamente processuale della promovibilità dell'esecuzione forzata (ad es., per l'indeterminatezza dell'ammontare del credito azionato), essendo in tal caso diverse le rispettive causae petendi dei due giudizi, ravvisabili l'una nel rapporto giuridico da cui sorge il diritto di credito per il cui accertamento è stata proposta la domanda introduttiva del giudizio di cognizione e l'altra nella insussistenza delle condizioni che determinano la soggezione del debitore all'azione esecutiva (Cass. civ., 19 luglio 2005, n. 15190; Cass. civ., 6 novembre 2001, n. 13701). Non è ravvisabile litispendenza nemmeno tra due cause di opposizione all'esecuzione, promosse la prima avverso un primo atto di precetto e la seconda avverso l'atto di pignoramento richiesto sulla base di un secondo atto di precetto nel frattempo notificato, qualora risultino diversi sia il petitum che la causa petendi, potendo semmai il giudice dell'esecuzione davanti al quale pende la causa successivamente instaurata, in presenza di eventuali questioni pregiudiziali comuni, disporre la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 295 c.p.c., al fine di evitare un conflitto di giudicati (Cass. civ., 4 marzo 1999, n. 1831: nella fattispecie, con l'opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c. si era dedotta la nullità del precetto e contestata la richiesta di interessi, mentre con la successiva opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c. era stata eccepita la litispendenza e l'insussistenza del debito di interessi). Non sussiste poi litispendenza tra due giudizi di opposizione all'esecuzione promossi con riferimento a distinti procedimenti esecutivi, ancorché intrapresi sulla base dello stesso titolo giudiziale con distinti e successivi pignoramenti del credito del debitore verso un terzo (Cass. civ., 8 maggio 1993, n. 5305). Non è configurabile ancora litispendenza tra il procedimento per la determinazione delle modalità esecutive nella esecuzione forzata di obblighi di fare e non fare e l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. (Cass. civ., 26 giugno 1992, n. 7982). Infine, non sussiste litispendenza, data la sostanziale diversità di petitum e della causa petendi, fra la domanda di opposizione all'esecuzione, con la quale si deduca l'irrituale notifica ed il conseguente mancato passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, azionata come titolo esecutivo, ed il giudizio di appello successivamente proposto avverso la sentenza medesima, ancorché per l'identico motivo (Cass. civ., 22 gennaio 1994, n. 619). |