La natura giuridica del contratto di assuntoria alla luce del criterio distintivo tra lavoro autonomo e lavoro subordinato
13 Gennaio 2020
Massima
Anche al contratto di assuntoria, previsto dalla l. n. 14 del 1965, si applicano i criteri distintivi tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, rispetto ai quali la giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio consolidato secondo cui, ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, assume rilievo scriminante l'accertamento della sussistenza del requisito della subordinazione intesa come assoggettamento della prestazione lavorativa al potere del datore di lavoro di disporne secondo le mutevoli esigenze di tempo e di luogo proprie dell'organizzazione imprenditoriale e di controllarne intrinsecamente lo svolgimento attraverso direttive alle quali il lavoratore è obbligato ad attenersi, così come è obbligato a mantenere nel tempo la messa a disposizione delle proprie energie lavorative per il raggiungimento degli scopi produttivi dell'impresa.
Rispetto a tale accertamento hanno un concorrente rilievo sintomatico altri elementi - indici sussidiari - rivelatori della natura subordinata del rapporto di lavoro quali la vincolatività dell'orario, l'esclusività del rapporto, la retribuzione fissa a tempo, l'assenza di rischio in capo al lavoratore, l'inerenza della prestazione al ciclo produttivo del datore. Il caso
La società datrice di lavoro affidava al ricorrente l'esecuzione del servizio di assuntoria ai posti di guardia per la custodia dei passaggi a livello, alle condizioni stabilite dalla convenzione e dalla l. n. 14 del 1965. La convenzione, avente una durata iniziale di anni 3, si è tacitamente rinnovata di triennio in triennio, ma nel 2016, a seguito di visita medica periodica di controllo, il lavoratore è stato ritenuto non idoneo a svolgere le mansioni per carenza dei requisiti fisici. Avverso tale determinazione, il lavoratore ha proposto richiesta di visita medica di appello, il cui esito però ha confermato il giudizio di inidoneità allo svolgimento delle mansioni di “assuntore”, cui ha fatto seguito l'atto di risoluzione del rapporto.
Il lavoratore presenta ricorso al Tribunale di Bari al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimato nel 2016. La società resistente si costituisce in giudizio con memoria ritualmente depositata, argomentando a sostegno della legittimità della risoluzione del rapporto ed invocando il rigetto del ricorso.
In particolare, il ricorrente chiede che venga accertata e dichiarata la natura subordinata del rapporto intercorso fra le parti, il suo diritto all'assunzione ed all'inquadramento economico dall'inizio del rapporto con qualifica di ausiliario prevista e disciplinata dal CCNL di categoria con le relative conseguenze sul piano retributivo e contributivo. Il lavoratore allega altresì l'illegittimità del licenziamento, per violazione dell'obbligo di repêchage, proponendo domanda di condanna della società alla reintegrazione e relativa tutela risarcitoria ai sensi del novellato art. 18, l. n. 300 del 1970.
Dall'istruttoria emerge la prova dell'elemento centrale della subordinazione, - consistente nella soggezione al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, che deve esplicarsi nell'emanazione di ordini e direttive specifici e pregnanti da valutarsi con riferimento all'incarico conferito ed alle modalità concrete della sua attuazione - ed emergono altresì tutti i profili sussidiari che inducono a ritenere l'assuntore, a dispetto della qualificazione formale del rapporto, un lavoratore subordinato alle dipendenze della società resistente.
Pertanto, il Tribunale accoglie il ricorso del lavoratore, e, riqualificato il rapporto in termini di subordinazione, - non avendo il datore di lavoro assolto all'obbligo di repêchage -, dichiara il licenziamento illegittimo ai sensi dell'art. 18, comma 4, l. n. 92 del 2012, richiamato dal comma 7 della stessa norma, e, per l'effetto, condanna la società convenuta alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro ed al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. La questione
Il caso in esame consente di riflettere sulla qualificazione della natura giuridica del contratto di assuntoria e, più in generale, sul criterio distintivo tra lavoro autonomo e lavoro subordinato.
Preliminarmente, sembra opportuno rilevare che, sebbene il contratto di assuntoria sia qualificato dalla l. n. 14 del 1965 quale locatio operis, la questione della sua natura giuridica è stata sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale che ha avuto modo di precisare come la l. n. 14 del 1965 non contenga la specifica qualificazione o classificazione giuridica del rapporto di assuntoria nelle ferrotranvie esercitate in regime di concessione e, pertanto, la qualificazione giuridica di tale rapporto spetta al giudice (C.cost., n. 199 del 1976).
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio secondo cui l'accertamento della reale natura giuridica del rapporto deve essere compiuto secondo le norme del codice civile, che individuano i due tipi di lavoro - autonomo o subordinato - mentre le norme subordinate, quale il capitolato, o fonti negoziali, quali le convenzioni, non possono determinare una qualificazione giuridica del rapporto diversa da quella che essa ha alla stregua dei parametri legali (Cass. n. 9590 del 2017, Cass. n. 23705 del 2013, Cass. n. 17008 del 2014 e Cass. n. 7374 del 1994).
Il Tribunale di Bari, condividendo gli approdi giurisprudenziali di cui sopra, ritiene che sia, quindi, irrilevante la qualificazione offerta dal legislatore e che, a prescindere dall'indicazione normativa, il giudice di merito deve in concreto accertare se, per le modalità di svolgimento del rapporto o per le previsioni del capitolato e della convenzione, che disciplinano il rapporto, o per l'insieme di tali elementi, esso debba qualificarsi come autonomo o subordinato con decisione non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata (Cass. n. 11520 del 1993, Cass. n. 7374 del 1994, Cass. n. 9722 del 1997).
Mette conto evidenziare come sulla materia si siano pronunciate altresì le Sezioni unite, affermando che la l. n. 40 del 1949 recante “Provvedimenti per gli assuntori delle Ferrovie dello Stato”, poi sostituita dalla l. n. 1236 del 1959, pur astenendosi dal regolare nel suo contenuto il rapporto di assuntoria ferroviaria, continuandolo a rimettere all'autonomia dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, ne effettuerebbe, tuttavia, sotto il profilo retributivo, una così stretta assimilazione al sistema retributivo statale, con un sistema automatico di variazione in funzione di questo, da non consentire dubbi sia quanto alla natura subordinata del rapporto in tutte le sue articolazioni e specificazioni e sia quanto alla diretta dipendenza dall'Amministrazione ferroviaria e alla diretta correlazione delle mansioni svolte dagli assuntori con i fini istituzionali di essa (Cass., sez. un., n. 4737 del 1977, Cass. n. 2578 del 1987). Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale osserva che la l. n. 1236 del 1959, art. 26, non ha affatto escluso la natura subordinata del rapporto di lavoro nei confronti dei "prestatori dei servizi", ma, anzi, anche nell'ipotesi in cui i capitolati e le convenzioni lo abbiano disciplinato come autonomo, lo classifica, se supera la durata di un anno con carattere di continuità e permanenza, come para-subordinato, in quanto tale equiparato al rapporto di lavoro subordinato ai lini dell'assicurazione obbligatoria i.v.s. Ne consegue che soltanto dall'esame del capitolato e della convenzione che disciplinano il rapporto e dall'accertamento delle modalità in cui lo esso si è concretamente svolto - esame ed accertamento devoluti al giudice di merito (e non sindacabili in sede di legittimità se adeguatamente e logicamente motivati) – è possibile desumere la reale natura del rapporto.
Sul punto si ricorda la pronuncia della Cass., sez. lav., n. 17008 del 2014 secondo cui “Questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare in precedenti decisioni, rese in analoghe controversie aventi ad oggetto il rapporto di lavoro degli addetti ai servizi di accudienza delle stazioni ferroviarie (cfr. da ultimo Cass. 7 settembre 2009, n. 19271; Cass., 13 aprile 2007, n.8919; Cass., 23 agosto 2007, n. 17935; Cass., 26 giugno 2007, n. 14723), che, sebbene lo strumento della convenzione con capitolato…fosse preordinato alla costituzione di un rapporto di lavoro autonomo, e non subordinato (tanto che l'equiparazione degli "incaricati" ai lavoratori subordinati era prevista solo a determinati effetti previdenziali e solo a certe condizioni di continuatività e permanenza dell'incarico), ciò non impedisce la configurabilità del rapporto di lavoro come subordinato, quando, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, risulti l'avvenuta introduzione, in sede di stipulazione della convenzione o nella concreta gestione della medesima, di obblighi per il lavoratore tipici del rapporto di lavoro subordinato ed incompatibili con la configurazione in termini di autonomia della prestazione. La Corte costituzionale, già con la sentenza n. 121 del 1993, ha affermato che "non sarebbe comunque consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove da ciò derivi l'inapplicabilità delle norme inderogabili previste dall'ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai diritti dettati dalla Costituzione a tutela del lavoro subordinato", aggiungendo con la sentenza C. cost. 13 aprile 1994, n. 115, che "non sarebbe consentito al legislatore di autorizzare le parti ad escludere direttamente o indirettamente, con la loro dichiarazione contrattuale, l'applicabilità della disciplina inderogabile prevista a tutela dei lavoratori a rapporti che abbiano contenuto e modalità di esecuzione propri del rapporto di lavoro subordinato. I principi, le garanzie e i diritti stabiliti dalla Costituzione in questa materia, infatti, sono e debbono essere sottratti alla disponibilità delle parti. Affinché sia salvaguardato il loro carattere precettivo e fondamentale, essi debbono trovare attuazione ogni qual volta vi sia, nei fatti, quel rapporto economico-sociale al quale la Costituzione riferisce tali principi, tali garanzie e tali di ritti. Pertanto, allorquando il contenuto concreto del rapporto e le sue effettive modalità di svolgimento - eventualmente anche in contrasto con le pattuizioni stipulate e con il nomen juris enunciato - siano quelli propri del rapporto di lavoro subordinato, solo quest'ultima può essere la qualificazione da dare al rapporto, agli effetti della disciplina ad esso applicabile". L'accertamento della reale natura giuridica del rapporto va fatta secondo le norme del codice civile, che individuano i due tipi di lavoro, mentre le norme subordinate, quale il capitolato, o fonti negoziali, quali le convenzioni, non possono determinare una qualificazione giuridica del rapporto diversa da quella che essa ha alla stregua dei parametri legali (così già Cass., 11 agosto 1994, n. 7374): le parti, invero, non possono fare affidamento sull'inapplicabilità della disciplina inderogabile del lavoro subordinato in ragione del nomen juris del rapporto, non essendo nella disponibilità delle stesse la tipizzazione della fattispecie, a prescindere dalle modalità concrete con cui essa si atteggia (v. da ultimo, Cass., 18 ottobre 2013, n. 23705)”.
In altre parole, il Tribunale rileva che ai fini della qualificazione del rapporto in questione, occorre porre a raffronto l'attività in concreto svolta dal lavoratore con il canone - legale ex art. 2094 c.c. - dell'attività tipica di un rapporto di lavoro subordinato secondo i criteri esplicitati dalla copiosa giurisprudenza di legittimità. Quest'ultima, in tema di criterio distintivo tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, ha affermato il principio consolidato secondo cui, ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, assume rilievo scriminante l'accertamento della sussistenza del requisito della subordinazione intesa come assoggettamento della prestazione lavorativa al potere del datore di lavoro di disporne secondo le mutevoli esigenze di tempo e di luogo proprie dell'organizzazione imprenditoriale e di controllarne intrinsecamente lo svolgimento attraverso direttive alle quali il lavoratore è obbligato ad attenersi, così come è obbligato a mantenere nel tempo la messa a disposizione delle proprie energie lavorative per il raggiungimento degli scopi produttivi dell'impresa. Rispetto a tale accertamento hanno un concorrente rilievo sintomatico altri elementi - indici sussidiari - rivelatori della natura subordinata del rapporto di lavoro quali la vincolatività dell'orario, l'esclusività del rapporto, la retribuzione fissa a tempo, l'assenza di rischio in capo al lavoratore, l'inerenza della prestazione al ciclo produttivo del datore (ex plurimis, Cass., n. 9256 del 2009, Cass. n. 4500 del 2007, Cass. n. 849 del 2004, Cass. n. 2970 del 2001 e Cass. n. 224 del 2001).
Peraltro, va detto che i suddetti indici hanno natura sussidiaria perché svolgono una funzione di natura complementare e secondaria, meramente indiziaria rispetto all'unico elemento probante della subordinazione, rappresentato dalla dimostrazione della permanente disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro con assoggettamento gerarchico al potere di direzione e controllo di quest'ultimo (ex plurimis, Cass., n. 3745 del 1995 e Cass. n. 326 del 1996). Osservazioni
In conclusione, è interessante evidenziare come il tema della distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo sia stato al centro di numerose sentenze della giurisprudenza di legittimità.
Sul punto, merita osservare che il principale criterio elaborato dalla Suprema Corte di cassazione è quello secondo cui “requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato – ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo – è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall'emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative.
L'esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo. In sede di legittimità è censurabile solo la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto - incensurabile in tale sede, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici - la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale” (Cass., n. 9808 del 2011, Cass. n. 14664 del 2001, Cass. n. 13448 del 2003, Cass. n. 4036 del 2000, Cass. n. 326 del 1996).
Invero, la Cassazione ha precisato che elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato - e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo - è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (quali, ad esempio, la collaborazione, l'osservanza di un determinato orario, la continuità della prestazione lavorativa, l'inserimento della prestazione medesima nell'organizzazione aziendale e il coordinamento con l'attività imprenditoriale, l'assenza di rischio per il lavoratore e la forma della retribuzione), i quali - lungi dal surrogare la subordinazione o, comunque, dall'assumere valore decisivo ai fini della prospettata qualificazione del rapporto - possono, tuttavia, essere valutati globalmente, appunto, come indizi della subordinazione stessa, tutte le volte che non ne sia agevole l'apprezzamento diretto a causa di peculiarità delle mansioni, che incidano sull'atteggiarsi del rapporto (Cass., ord. n. 8883 del 2017).
Cfr., in dottrina: C. Ruperto, La giurisprudenza sul codice civile. Coordinata con la dottrina, tomo 1, L. Tria, Sezione II. Dei collaboratori dell'imprenditore. Art. 2094. Prestatore di lavoro subordinato. Par. 28. Espletamento di servizi c.d. di accudienza o di “minima importanza” per le Ferrovie dello Stato, pp. 77 e 78, Giuffrè 2009. |