Diritto al trattamento della categoria superiore e i criteri alternativi alla prevalenza

Teresa Zappia
13 Gennaio 2020

Il lavoratore chiede il riconoscimento del trattamento corrispondente alla categoria superiore, asserendo di svolgere in concreto le mansioni ad essa corrispondenti. Qualora non sia possibile stabilirne la prevalenza, a quali elementi dovrà farsi riferimento?

Il lavoratore chiede il riconoscimento del trattamento corrispondente alla categoria superiore, asserendo di svolgere in concreto le mansioni ad essa corrispondenti. Qualora non sia possibile stabilirne la prevalenza, a quali elementi dovrà farsi riferimento?

In conformità a quanto disposto dall'art. 2103, c.c., qualora il lavoratore, oltre alle mansioni allo stesso assegnate in sede di assunzione, di fatto ne svolga anche altre, proprie di una categoria diversa e superiore rispetto a quella di appartenenza, il giudice dovrà innanzitutto applicare il criterio della prevalenza, valutando dunque le prestazioni svolte, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale.

Ove l'applicazione di tale regola non sia possibile nel caso di specie, perché possa riconoscersi il trattamento corrispondente alla categoria superiore, dovrà considerarsi se il lavoratore svolga nella sua interezza la mansione superiore, non rilevando il contemporaneo esercizio della funzione inferiore, qualunque ne sia la quantità.

Tuttavia, qualora la mansione il cui espletamento è attributivo della categoria superiore non venga svolta nella sua interezza dal dipendente, si dovrà fare riferimento alla quantità delle energie lavorative profuse nelle singole mansioni.

Tra queste sarà caratterizzante la posizione lavorativa quella che, anche se esercitata con scarsa frequenza e continuatività, richieda tuttavia un alto grado di specializzazione e rilevante profusione di impegno intellettivo e materiale.

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