Insanabilmente nulla la CTU espletata in violazione del principio dispositivo o delle regole sull'acquisizione documentale

Vito Amendolagine
15 Gennaio 2020

Il caso sottoposto all'esame dei Giudici di legittimità pone tre interessanti quesiti concernenti: a) quali siano i poteri istruttori del consulente tecnico d'ufficio, e quali i loro limiti; b) se, ed in quali casi, a quei limiti possa derogarsi per volontà della legge, per ordine del giudice o per consenso delle parti; c) quali siano le conseguenze processuali della non giustificata violazione di quei poteri.
Massima

Il CTU non può indagare d'ufficio su fatti mai ritualmente allegati dalle parti, né può acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione, od acquisire dalle stesse parti o da terzi documenti che forniscano quella prova, atteso che a tale principio può derogarsi soltanto quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell'eccezione non possa oggettivamente essere fornita coi mezzi di prova tradizionali. Pertanto, posto che il CTU può acquisire dai terzi soltanto la prova di fatti tecnici accessori e secondari, oppure elementi di riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti, i princìpi che precedono non sono derogabili per ordine del giudice, né per l'eventuale acquiescenza prestata dalle parti in causa, ragione per cui la nullità della consulenza, derivante dall'avere il CTU violato il principio dispositivo o le regole sulle acquisizioni documentali, oltre a non essere sanata dall'acquiescenza delle parti è altresì rilevabile d'ufficio.

Il caso

La quaestio juris esaminata dalla terza sezione civile della Cassazione riguarda una fattispecie in cui, a seguito della disposta rinnovazione della CTU precedentemente assunta dinanzi ai giudici di prime cure, il consulente tecnico d'ufficio nominato in grado di appello, per rispondere ai quesiti, senza una preventiva autorizzazione del giudice, acquisì direttamente dalla parte convenuta documenti mai da questa allegati agli atti di causa.

La questione

Il caso sottoposto all'esame dei giudici di legittimità pone tre interessanti quesiti concernenti rispettivamente a) quali siano i poteri istruttori del consulente tecnico d'ufficio, e quali i loro limiti;b) se, ed in quali casi, a quei limiti possa derogarsi per volontà dellalegge, per ordine del giudice o per consenso delle parti;c) quali siano le conseguenze processuali della non giustificataviolazione di quei poteri.

Le soluzioni giuridiche

La terza sezione civile della Corte di legittimità, nel rispondere ai suddetti quesiti, afferma in relazione al primo che l'art. 194 c.p.c. va letto in connessione da un lato con lenorme che disciplinano i poteri delle parti ed il principio dispositivo ex artt.112 e 115 c.p.c., e, dall'altro, con le norme che disciplinano l'istruttoriae l'assunzione dei mezzi di prova da parte del giudice ex artt. 202 e ss.c.p.c., le quali, fissano il fondamentale principio ne procedatiudex ex officio, neque ultra petita partium, giungendo così alla conclusione che leattività consentite al consulente dall'art. 194 c.p.c. incontrano duelimiti insormontabili.

Il primo limite è costituito dal divieto di indagare su questioni che non sianostate prospettate dalle parti nei rispettivi scritti difensivi ed entro itermini preclusivi dettati dal codice, altrimenti il consulenteallargherebbe di sua iniziativa il thema decidendum.

Il secondo limite è il divieto di compiere atti istruttori ormai preclusi alle parti, oppure riservati al giudice.

L'art. 194 c.p.c. per i giudici di legittimità deve dunque essere interpretato nel senso che le indagini che il giudice può commettere al CTU sono soltanto quelle aventi ad oggetto la valutazione, nel caso di consulenza deducente, o l'accertamento - nel caso di consulenza percipiente - dei fatti materiali dedotti dalle parti, e non altri, ragione per cui, l'affidamento al c.t.u. di quesiti concernenti fatti mai dedotti dalle parti, o, peggio, di valutazioni giuridiche, sarebbe un quesito nullo dal punto di vista processuale, e, nel secondo caso, fonte dì responsabilità disciplinare per il magistrato.

Ciò in quanto i chiarimentiche il consulente può richiedere alle parti sono soltanto quelli idonei ad illuminare passi oscuri od ambigui dei rispettivi atti, e non possono comportare l'introduzione nel giudizio di nuovi temi di indagine, così come le informazioniche il consulente può domandare a terzi non possono trasformarsi in prove testimoniali, né avere ad oggetto documenti che era onere delle parti depositare.

Al riguardo, nella sentenza in epigrafe si ha cura di precisare che le suddette informazioni possono riguardare solo i fatti secondari e strettamente tecnici, e non quelli costitutivi della domanda o dell'eccezione, oppure possono avere ad oggetto il riscontro della veridicità dei documenti già prodotti dalle parti.

In ordine al secondo quesito, nella pronuncia in commento si afferma che mentre il principio secondo cui il CTU non può supplire ai deficit assertivi delle parti non incontra deroghe, il principio per cui il CTU non può supplire ai deficit probatori delle parti incontra invece due deroghe.

La prima deroga ricorre quando sarebbe assolutamente impossibile per la parte interessata provare il fatto costitutivo della sua domanda od eccezione, se non attraverso il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche.

La seconda deroga, riguarda i fatti accessori o secondari, di rilievo puramente tecnico, il cui accertamento è necessario per una esauriente risposta al quesito, o per dare riscontro e verifica rispetto a quanto affermato e documentato dalle parti.

Pertanto, rispondendo al terzo quesito, i giudici di legittimità rilevano che la violazione, da parte del CTU, del principio dispositivo, commessa indagando su fatti mai prospettati dalle parti, od acquisendo da queste ultime o da terzi documenti che erano nella disponibilità delle parti, e che non furono tempestivamente prodotti, produce un'insanabile nullità assoluta, rilevabile anche d'ufficio.

Osservazioni

La sentenza che si annota è interessante sotto un duplice aspetto.

In linea generale, per avere contribuito ad individuare l'applicazione del perimetro normativo nel rispetto del quale, è possibile stabilire quali documenti il consulente tecnico d'ufficio possa o non possa esaminare; a quali condizioni possa acquisire documenti non ritualmente prodotti dalle parti; e quali siano le conseguenze dell'eventuale utilizzo, da parte del medesimo consulente tecnico d'ufficio, di documenti irritualmente acquisiti, ed in particolare, le conseguenze derivanti dall'omessa fissazione del termine ad hoc per il deposito di note - osservazioni - all'elaborato peritale redatto dal CTU, il cui fine di contrastare le opinioni del consulente tecnico d'ufficio, consente di configurarle alla stregua di un vero e proprio atto difensivo, che nel sistema della legge di riforma dell'art. 195 c.p.c. non può essere sostituito da un altro successivo atto difensivo di parte, come ad esempio, la comparsa conclusionale.

Con la pronuncia in commento viene quindi ribadito il principio di diritto secondo cui la consulenza tecnica d'ufficio ha la funzione di offrire al giudice l'ausilio delle specifiche conoscenze a carattere tecnico-scientifico che si rendono necessarie al fine del decidere una determinata controversia, ragione per cui, tale mezzo istruttorio - presupponendo che siano stati forniti dalle parti interessate concreti elementi a sostegno delle rispettive istanze - non può essere utilizzato per compiere indagini esplorative dirette all'accertamento di circostanze di fatto, la cui dimostrazione invece, rientri nell'onere probatorio delle parti in causa (Cass. civ., sez.II, 11 gennaio 2006, n.212).

In tale ottica, è stato anche affermato il correlato principio che il consulente tecnico d'ufficio ha il potere di acquisire ogni elemento necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, anche se risultante da documenti non prodotti in giudizio, sempre che non si tratti di fatti che in quanto posti direttamente a fondamento delle domande ed eccezioni, devono essere provati dalle parti (Cass. civ., sez.III, 23 giugno 2015, n.12921).

Ciò in quanto, anche nell'ipotesi di consulenza tecnica d'ufficio percipiente, ossia disposta per l'acquisizione di dati la cui valutazione sia poi rimessa all'ausiliario, quest'ultimo non può avvalersi, per la formazione del suo parere di documenti non prodotti dalle parti nei tempi e modi permessi dalla scansione processuale, pena l'inutilizzabilità, per il giudice, delle conclusioni del consulente fondate sugli stessi elementi acquisiti (Cass. civ., sez. III, 26 settembre 2016, n.18770).

In sintesi, benchè la CTU non è un mezzo di prova in senso proprio, e, non può quindi sopperire all'inerzia della parte che abbia omesso, per negligenza, di assolvere l'onere della prova a suo carico, è jus receptum che non è illegittimo il ricorso ad essa per acquisire dati la cui valutazione sia poi rimessa allo stesso ausiliario, purchè la parte li abbia allegati, ponendoli a fondamento della sua domanda ed il loro accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (Cass. civ., sez.VI, 30 ottobre 2019, n.27776; Cass. civ., sez. I, 10 settembre 2013, n.20695; Cass. civ., Sez. Un., 30 dicembre 2011, n.30175; Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2009, n.6155; Cass. civ., sez. III, 26 novembre 2007, n.24620).

In buona sostanza, secondo quanto emerge dall'orientamento della giurisprudenza di legittimità, il divieto per il consulente tecnico d'ufficio di compiere indagini esplorative può essere superato soltanto quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa essere effettuato soltanto con l'ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo, in questo caso, consentito al medesimo CTU acquisire anche ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti posti dal giudice, sebbene risultanti da documenti non prodotti dalle parti in causa, e, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza, mentre il divieto in parola è pienamente operante quando l'onere della prova sia a carico di una parte e non si rientri nella sopraindicata fattispecie eccezionale e derogatoria (Cass. civ., sez. I, 15 giugno 2018, n.15774).

Sulla sanatoria della nullità in cui può essere incorso il CTU la Cassazione precisa che molte delle nullità in cui può incorrere l'ausiliario del giudice conservano la natura di nullità relative, ma tra queste nullità, non può più farsi rientrare quelle consistite nella violazione, da parte del CTU, del principio “dispositivo”, commessa vuoi indagando su fatti mai prospettati dalle parti, vuoi acquisendo da queste ultime o da terzi documenti che erano nella disponibilità della parti, e che non furono tempestivamente prodotti.

La ragione è che quest'ultimo tipo di nullità, consistendo nella violazione di norme dettate a tutela di interessi generali, danno luogo a nullità assolute e non relative.

In tale senso depone la pronuncia resa dai giudici di legittimità, soffermandosi sulla nullità da cui è affetta la CTU resa in violazione dei suddetti principi, che si configura come assoluta, differenziandosi dalla nullità relativa, che si configura in presenza di particolari fattispecie, come ad esempio, l'omesso invio della bozza di CTU al difensore della parte costituita, come recentemente affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez.VI, 9 ottobre 2017, n.23493) laddove si è affermato che l'art. 195, comma 3, c.p.c., come sostituito dall'art. 46, comma 5, l. 18 giugno 2009, n.69, ha introdotto un subprocedimento nella fase conclusiva della consulenza tecnica d'ufficio, regolando, attraverso scansioni temporali rimesse alla concreta determinazione del giudice, i compiti del CTU e le facoltà difensive delle parti nel momento del deposito della relazione.

In base all'attuale testo dell'art. 195 c.p.c. viene infatti stabilito un doppio termine: uno per il CTU ed uno per i difensori delle parti costituite, ed il mancato inserimento nella relazione delle osservazioni di parte non comporta nullità della consulenza se il CTU ne ha comunque tenuto conto nella redazione del relativo elaborato peritale, rispondendo alle anzidette osservazioni.

In particolare, l'omesso invio da parte del CTU della bozza di relazione alla parte integra, in quanto posta a presidio del diritto di difesa, un'ipotesi di nullità relativa della consulenza, e quindi, assoggettata al rigoroso limite preclusivo di cui all'art.157, comma 2, c.p.c., sicchè, come già affermato per il caso della mancata comunicazione alle parti della data di inizio delle operazioni peritali od attinente alla loro partecipazione alla prosecuzione delle operazioni (Cass. civ., sez. III, 21 agosto 2018, n.20829 secondo cui le contestazioni ad una relazione di consulenza tecnica d'ufficio costituiscono eccezioni rispetto al suo contenuto, sicchè sono soggette al termine di preclusione di cui all'art. 157, comma 2, c.p.c. dovendo a pena di decadenza dedursi nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito. In senso conforme, cfr. Cass. civ., sez.III, 15 giugno 2018, n.15747; Cass. civ., sez. II, 5 dicembre 2017, n.29099; Cass. civ., sez. I, 3 agosto 2017, n.19427; Cass. civ., Sez. Un., 21 marzo 2017, n. 7158; Cass. civ., sez.III, 25 febbraio 2014, n.4448; Cass. civ., sez.II, 24 gennaio 2013, n.1744), tale nullità resta sanata se non eccepita nella prima istanza o difesa successiva al deposito, tenuto altresì conto che la nullità derivante dal mancato invio della bozza alle parti è suscettibile anche di sanatoria per rinnovazione, potendo il contraddittorio sui risultati dell'indagine essere recuperato dal giudice, e, ripristinato successivamente al deposito della relazione, in modo da potere esercitare con piena cognizione di causa i poteri attribuitigli dall'art.196 c.p.c., e, quindi, valutare la necessità o l'opportunità di assumere chiarimenti dal CTU, disporre accertamenti supplettivi, la rinnovazione o sostituzione del c.t.u. (Trib. Piacenza, 28 ottobre 2019, in www.iusexplorer.it), specie ove alle violazioni procedurali in sede di operazioni peritali risultino superate dall'avvenuto deposito degli allegati alla c.t.u. e della prima stesura della relazione inviata alle parti, non sussistendo in tale ipotesi, i presupposti per la dichiarazione di nullità della CTU (Trib. Milano, 5 Aprile 2019, in www.iusexplorer.it).

La stessa Cassazione, ha precisato che sulla validità della CTU non incide necessariamente l'eventuale nullità di alcune rilevazioni od accertamenti compiuti dal consulente medesimo, per violazione del principio del contraddittorio e del conseguente pregiudizio del diritto di difesa delle parti, ove tali rilevazioni od accertamenti non abbiano spiegato alcun effetto sul contenuto della consulenza e sulle relative conclusioni finali. Nell'assumere tale principio, i giudici di legittimità precisano che l'invalidità dell'attività compiuta dal consulente nominato dal giudice, perché svolta in violazione del contraddittorio ed al di fuori del necessario controllo delle parti, qualora la suddetta lesione non si sia riverberata sull'atto conclusivo della CTU - il cui onere di allegazione grava sulla stessa parte che assume essere stata lesa nel proprio diritto di difesa - non si traduce automaticamente in una nullità che possa assumere rilevanza sul piano dell'invalidità dello stesso elaborato peritale (Cass. civ., sez.II, 14 febbraio 2017, n.3893).

Aggiungasi che la patologia processuale riferita all'attività svolta dal CTU astrattamente idonea a determinare la nullità dell'elaborato peritale ed il conseguente venire meno del diritto del consulente alla liquidazione del proprio compenso, deve necessariamente essere oggetto di una declaratoria ad hoc da parte del giudice di merito cui compete in via esclusiva la relativa valutazione (Cass. civ., sez.II, 28 febbraio 2017, n.5200).

Al riguardo va opportunamente evidenziato che la cd. “bozza” di CTU in realtà è già l'elaborato peritale, definito in ogni sua parte dal consulente, in relazione al quale, le parti, possono soltanto muovere osservazioni, evidenziando la presenza di eventuali criticità od incongruenze, su cui, lo stesso CTU formula le proprie valutazioni.

Ciò significa che un'eventuale accoglimento dei rilievi critici contenuti nelle osservazioni di parte all'elaborato redatto dal CTU, non autorizzerebbe comunque quest'ultimo a modificare la propria relazione, dovendo unicamente esprimere con le proprie valutazioni in risposta alle osservazioni di parte, ovvero, il proprio punto di vista inerente le suddette osservazioni, come si evince pacificamente dal dettato normativo dell'art. 195 c.p.c., il quale impone al CTU di depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti ed una sintetica valutazione sulle stesse da parte del consulente nominato dal giudice, al quale, spetterà poi valutare l'operato del CTU al fine del decidere la questione oggetto di controversia.

Guida all'approfondimento
  • F. Agnino, Mancato invio della “bozza” di ctu: tra nullità astratta e sanatoria per omessa lesione del diritto di difesa, in www.ilprocessocivile.it;
  • C.M. Barone, In tema di consulenza tecnica d'ufficio, in Foro it., 2013, 2581 e ss.;
  • A. Farolfi, Consulenza tecnica percipiente: quando la violazione del contraddittorio non rende nulla la relazione, in www.ilprocessocivile.it;
  • C. Gamba, La consulenza tecnica nel processo civile tra principio del contraddittorio e regole processuali. Problemi applicativi, in Rivista italiana di medicina legale e del diritto in campo sanitario, 2014, 1, 15 e ss.;
  • R. Metafora, Il termine per le contestazioni alla consulenza tecnica d'ufficio, in www.ilprocessocivile.it;
  • U. Scotti, La consulenza tecnica nel processo civile, Torino, 2015.

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