Collaboratore coordinato e continuativo e applicazione del principio di automatismo
20 Gennaio 2020
Abstract
La Corte di appello di Trento con la sentenza del 25 luglio 2019, n. 76 fa proprio l'orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, in punto di applicazione del principio di automatismo delle prestazioni anche in favore dei collaboratori coordinati e continuativi.
Nel caso di specie è stata accolta la domanda di riconoscimento del diritto alla pensione di anzianità, utilizzando il principio di automatismo, per la valorizzazione della contribuzione non versata da un committente alla gestione separata, in forza del rapporto di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa a progetto intercorso. Osservazioni
La Corte di merito ritiene che l'accolta soluzione possa essere supportata dall'utilizzo della decisione della Corte costituzionale n. 374 del 1997 e dalla considerazione che le modalità di pagamento della contribuzione in favore dei collaboratori coordinati e continuativi sono le stesse di quelle fissate per i lavoratori subordinati, dato che i contributi in loro favore sono versati alla gestione separata dal committente.
Entrambi i profili argomentativi non appaiono essere dotati di quella forza necessaria per condurre a una soluzione che altera l'assetto di interessi che ruota intorno al principio di automatismo e che sino a oggi è stato costantemente utilizzato.
In questa sede e nei limiti dell'odierna trattazione, si sunteggeranno le considerazioni, i cui ragionamenti alle stesse sottese sono stati fatti altrove, che depongono a favore dell'impossibilità di un intervento giurisprudenziale che ha le caratteristiche non dell'integrazione dell'ordinamento, bensì dell'innovazione dello stesso, per giunta limitatamente a una sub categoria di lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata.
I giudici di merito utilizzano le stesse argomentazioni, per giungere all'ampliamento soggettivo della sfera di applicazione del principio di automatismo, ancorché poi le sussumano gli uni nello schema dell'interpretazione analogica, gli altri nello schema dell'interpretazione estensiva. Ancorché si rilevi l'esito è sempre quello di innovare e non di integrare l'ordinamento.
L'utilizzo da parte dei giudici di merito delle argomentazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale del 1997, pare scontare la mancata considerazione da un verso della concreta fattispecie sul quale si è innervato il giudizio incidentale di costituzionalità, da altro verso del tipo di decisione con il quale si è concluso il giudizio.
Con riguardo al primo aspetto è sufficiente constatare che si trattava di un lavoratore subordinato che lamentava il mancato trasferimento della contribuzione previdenziale da un ente a un altro, nonostante la domanda di ricongiunzione. Mancato trasferimento che era giustificato dall'ente sulla circostanza che il datore di lavoro non aveva pagato la contribuzione dovuta e pertanto non vi era provvista.
Individuata la concreta fattispecie dal quale è scaturito il giudizio di legittimità costituzionale, ove non si chiedeva se lo stesso operava per una categoria diversa da quella dei lavoratori subordinati; ma si chiedeva se, all'interno di tale categoria, era applicabile tale principio, anche in ipotesi di ricongiunzione, appare arduo ritenere che la corte costituzionale abbia utilizzato affermazioni che travalicano il caso di specie non nella sua individualità, ma nel suo essere parte di una categoria, affermando che il principio di automatismo abbia una forza espansiva che conduca a ritenere che lo stesso si applichi a tutti i lavoratori, subordinati o autonomi che siano.
Siffatta considerazione trova ulteriore corroborazione se poi si passa a valutare l'esito del giudizio di costituzionalità.
Con riguardo a quest'ulteriore profilo, come noto, la Corte ha rigettato la questione di legittimità costituzionale, pertanto si può pianamente ritenere che la decisione dei giudici non contenga alcuna novità, essendosi limitata a confermare lo status quo e pertanto le motivazioni sottese al rigetto costituiscono una mera ricognizione del reticolato legislativo. Reticolato legislativo, si osservi, che, anche al momento di emissione della decisione, era letto dalla prassi, dalla dottrina e dalla giurisprudenza avente come naturale ed esclusiva destinataria la categoria dei lavoratori subordinati. Appare arduo pertanto affidare a una sentenza di tal fatta e alle argomentazioni in essa contenute il compito di innovare significativamente il campo di applicazione soggettivo del principio di automatismo.
L'ulteriore profilo motivazionale contenuto nella sentenza della corte trentina, al pari di tutte le altre decisioni di merito rese sulla questione, si impernia sull'assunta sovrapponibilità della situazione dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi collaboratori coordinati e continuativi, con riguardo al versante di modalità di pagamento della contribuzione. Tale constatata equipollenza che, nella ricostruzione del giudice di merito, è una caratteristica esclusiva di queste due categorie di lavoratori, conduce gli stessi ad affermare che la medesima è il punto di unione fra i due tipi di lavoratori e pertanto porta a ritenere che anche per questa sola categoria di lavoratori autonomi sia applicabile il principio di automatismo.
L'affermazione sconta la mancata considerazione che tale tipo di meccanismo opera anche per altri lavoratori autonomi anch'essi iscritti alla gestione separata, e opera anche per lavoratori autonomi non iscritti alla gestione separata.
Siffatta constatazione pertanto comporta che non è predicabile alcuna corrispondenza biunivoca necessitata, come ritenuto dalla giurisprudenza di merito, fra lavoratori subordinati e lavoratori autonomi collaboratori coordinati e continuativi, che possa condurre ad applicare solo a questi e non ad altri lavoratori autonomi, per i quali i contributi sono pagati da altri soggetti, il principio di automatismo. |