Caduta del pedone a causa di una grata posta sul marciapiede a copertura di un cavedio condominiale: chi è il soggetto responsabile?

22 Gennaio 2020

Un pedone, in pieno centro cittadino, cade a causa una grata sconnessa posta sul marciapiede a copertura di un cavedio condominiale e subisce la frattura dell'omero a cui residuano postumi di natura permanente..

Un pedone, in pieno centro cittadino, cade a causa una grata sconnessa posta sul marciapiede a copertura di un cavedio condominiale e subisce la frattura dell'omero a cui residuano postumi di natura permanente.

Richiesto il risarcimento del danno al Condominio questo assume che la responsabilità dell'evento non è sua ma del Comune in quanto la grata è posta sul suolo pubblico e, pertanto, proprietario è il Comune che ha l'obbligo di manutenzione, controllo e rimozione del pericolo.

Richiesto il risarcimento del danno al Comune questo assume che la responsabilità dell'evento non è sua ma del Condominio in quanto la grata è posta a copertura di un cavedio di esclusiva proprietà del Condominio che ha l'obbligo di manutenzione, controllo e rimozione del pericolo.

Dei due chi è il soggetto responsabile?

La fattispecie rientra nella previsione normativa di cui all'art. 2051 c.c..

Tale norma che disciplina la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, infatti, si applica pacificamente non solo ai soggetti privati ma anche alla P.A. per i beni demaniali, come le strade aperte al pubblico transito e ciò a prescindere dalla maggiore o minore estensione della rete stradale in quanto il custode ha la possibilità di esercitare un effettivo potere di controllo anche sulle strade o beni analoghi, anche se di grandi dimensioni (Cass. civ., 28 giugno 2019 n. 17434; Cass. civ., 28 febbraio 2019 n. 5809; Cass. civ., 19 aprile 2018 n. 9631; Cass. civ., 14 marzo 2018 n. 6141; Cass. civ., 14 marzo 2018 n. 6139; Cass. civ., 13 marzo 2018 n. 6034; Cass. civ., 1 ottobre 2004 n. 19653, che dovrebbe essere il leading case che ha segnato un'assoluta inversione di tendenza rispetto alla giurisprudenza precedente).

La responsabilità, ex art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo (Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 1991 n. 12019, che sanando il contrasto di giurisprudenza sulla responsabilità da danno cagionato a terzi da cosa in custodia ha affermato che trattasi di responsabilità oggettiva e la cui presunzione di responsabilità a carico del custode prescinde dal suo comportamento; conf. Cass. civ., 26 luglio 2019 n. 20285).

Perché possa configurarsi in concreto la responsabilità, ex art. 2051 c.c., sono necessari due presupposti:

  • la custodia e, cioè, l'esistenza d'un potere di fatto del custode sulla cosa;
  • la sussistenza di un nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato (Cass. civ., 3 ottobre 2019 n. 24783); a tal fine deve ricorrere la duplice condizione che il fatto costituisca un antecedente necessario dell'evento, nel senso che quest'ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie di esso e che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano causale, dalla sopravvenienza di circostanze da sole idonee a determinare l'evento (Cass. civ., 30 ottobre 2013 n. 24549; Cass. civ., 21 marzo 2013 n. 7125; Cass. civ., 11 giugno 2012 n. 9429; Cass. civ., 6 ottobre 2010 n. 20757; Cass. civ., 19 dicembre 2006 n. 27168).

Ai fini della responsabilità, ex art. 2051 c.c., a nulla rileva:

  • la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario (Sez. Un. 10 maggio 2016 n. 9449) e funzione della norma (art. 2051 c.c.) è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e conservazione (Cass. civ., 14 marzo 2018 n. 6141; Cass. civ., 14 marzo 2018 n. 6139; Cass. civ., 26 maggio 2016 n. 10893; Cass. civ., 9 maggio 2012 n.7037; Cass. civ., 19 febbraio 2008 n. 4279);
  • che la cosa sia seagente o dotata di intrinseco dinamismo;
  • che la cosa sia pericolosa;
  • che il custode sia anche proprietario.

Sotto tale ultimo profilo, che rileva nel caso in esame, la custodia di cui all'art. 2051 c.c. non si identifica col diritto dominicale sulla cosa: si può essere proprietari ma non custodi, o viceversa.

L'unica circostanza che rileva, ai fini della applicabilità dell'art. 2051 c.c., è la materiale possibilità di contrectatio rei (Cass. civ., 10 ottobre 2014 n. 21398; conf. Cass. civ., 17 ottobre 1969 n. 3405, che è il leading case in tal senso ed ha affermato che «diritto di proprietà e potere di custodia non devono...necessariamente coincidere nello stesso soggetto»).

La custodia, però, in alcuni casi può far capo anche a più soggetti a pari titolo, o a titoli diversi, a condizione che importino tutti l'attuale (co)esistenza di poteri di gestione ed ingerenza, visto che il «criterio di imputazione della responsabilità per i danni cagionati a terzi da cosa in custodia è la disponibilità di fatto e giuridica sulla cosa, che comporti il potere-dovere di intervenire» (Cass. civ., 31 gennaio 2018n.2328; conf. Cass. civ., 20 novembre 2009 n. 24530; Cass. civ., 10 febbraio 2003 n. 1948).

Nel caso oggetto del quesito si può presumere la concorrente responsabilità del Condomino e del Comune.

Il Condominio, infatti, ai sensi dell'art. 1117 c.c. - che è norma che contiene un'elencazione non tassativa, ma meramente esemplificativa, delle parti comuni dell'edificio, salvo diversa volontà espressa nel titolo - può certamente presumersi proprietario del cavedio a copertura del quale è posta la grata (Cass. civ., 31 gennaio 2018 n. 2328; Cass. civ., 1 agosto 2014 n. 17556), ma non di quest'ultima in quanto si tratta di parte integrante del marciapiede, bene appartenente al Comune quale pertinenza della pubblica strada (Cass. civ., 31 gennaio 2018 n. 2328; Cass. civ., 21 luglio 2006 n. 16770).

La grata, però, assicura aria e luce al cavedio condominiale e, pertanto, il Condominio è destinatario di un'utilitas ad un bene di proprietà comune e, pertanto, è l'effettivo utilizzatore di tale res(Cass. civ., 31 gennaio 2018 n. 2328).

Il Condominio, pertanto, quale effettivo utilizzatore e custode della res, è responsabile dei danni cagionati al pedone, a meno cheil Comune non abbia riservato a sé, in via esclusiva, la custodia della grata (ma questo dagli elementi forniti in base al quesito non è dato saperlo).

Il Comune, a sua volta, è proprietario della grata posta a copertura del cavedio condominiale in quanto parte integrante del marciapiede pubblico.

Il Comune, pertanto, aveva l'obbligo:

  • di prevenire ed eliminare i pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana (art. 54, comma 4, prima parte, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267);
  • di provvedere - allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione - alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade e delle loro pertinenze (art. 14, comma 1, C.d.S.);
  • di apporre e manutenere la segnaletica (art. 37, comma 1, C.d.S.) destinata ad evidenziare o rendere noti gli ostacoli posti sulla carreggiata (art. 42, comma 1, C.d.S.).

Tali obblighi, oltre che sulle su indicate norme di legge, trovano in ogni caso un fondamento anche nel senso comune (conf., per i principi espressi, Cass. civ., 8 giugno 2011 n. 12529).

Il Comune, pertanto, quale proprietario e custode del marciapiede pubblico e della grata posta a copertura del cavedio condominiale, è responsabile dei danni cagionati al pedone.

Il Comune, in ogni caso, avrebbe avuto gli stessi obblighi (e le stesse responsabilità), anche nel caso in cui il tratto di strada ove si è verificato il sinistro fosse stato di proprietà esclusiva del Condominio.

Il Comune, infatti, è tenuto alla manutenzione, gestione e pulizia e, in generale, alla messa in sicurezza delle aree, anche di proprietà privata, latistanti le pubbliche vie, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti delle strade e, pertanto, in caso di danni causati da difettosa manutenzione di tali aree, la natura privata di queste non è, di per sé, sufficiente ad escludere la responsabilità del Comune ove, per la destinazione dell'area e per le sue condizioni oggettive, era tenuto alla sua manutenzione (Cass. civ., 7 febbraio 2017 n. 3216).

Deve ritenersi, pertanto, per tutto quanto fin qui esposto che in caso di caduta del pedone, in pieno centro cittadino, a causa una grata sconnessa posta sul marciapiede a copertura di un cavedio condominiale sono astrattamente responsabili in via solidale il Condominio ed il Comune, a meno che quest'ultimo non abbia riservato a sé, in via esclusiva, la custodia della grata.

Ciò, ovviamente, non significa che la domanda giudiziale risarcitoria verrà certamente accolta.

Il danneggiato, infatti, per l'accoglimento della sua domanda, ha l'onere di provare anche solo presuntivamente, ex artt. 2727 e 2729 c.c., il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno subito.

Il Condominio ed il Comune, a loro volta, per andare esenti da responsabilità hanno l'onere di fornire la prova liberatoria.

L'art. 2051 c.c., infatti, che è un'eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto degli artt. 2043 e 2697 c.c., determina un'ipotesi caratterizzata da un criterio di inversione dell'onere della prova e pone a carico del custode la possibilità di liberarsi dalla responsabilità oggettiva posta a suo carico mediante la prova liberatoria del fortuito.

L'esimente del caso fortuito è tradizionalmente identificata nelle seguenti tre categorie:

  • la forza maggiore e, cioè, un evento che seppur è prevedibile non può essere impedito; tale esimente, mutuata dal sistema penale che la prevede nell'art. 45 c.p., è qualificabile quale “vis cui resisti non potest” (Cass. civ., 20 giugno 2018 n. 16190; Cass. civ., 7 luglio 2016 n. 13917; Cass. civ., 7 luglio 2006 n. 15598; Cass. civ., 16 marzo 2006 n. 5825; Cass. civ., 14 dicembre 2001 n. 15832; Cass. civ., 5 dicembre 1986 n. 7240;
  • il fatto del terzo;
  • il fatto della stessa vittima (Cass. civ., 4 maggio 2015 n. 8893; Cass. civ., 4 novembre 2014 n. 23426).

Il Condominio ed il Comune, pertanto, possono liberarsi dalla responsabilità oggettiva posta a loro carico mediante la dimostrazione che il danno si è verificato per forza maggiore o per fatto del terzo o per fatto dello stesso danneggiato ed, in ogni caso, in modo non prevedibile né superabile da essi con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso.

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