Più complessa la contestazione del reato di aggiotaggio di borsa secondo la Cassazione
24 Gennaio 2020
Massima
Per la sussistenza del delitto di aggiotaggio informativo di cui all'art. 185 TUF (d.lgs. n. 58/1998), in caso di diffusione di notizie false occorre dimostrare la natura sensibile dei dati mendaci comunicati al pubblico ed il relativo onere motivazionale deve essere inteso in maniera più intensa quando, contestualmente alla diffusione di notizie false, sulla valutazione dei titoli incidano anche circostanze ulteriori, come una generalizzata crisi borsistica o siano diffuse altre, veritiere, comunicazioni in grado di influire sul valore delle quote azionarie. Il caso
In sede di merito, diversi imputati, componenti del consiglio di amministrazione di una società di assicurazioni, erano assolti dal reato di aggiotaggio finanziario con riferimento alla diffusione a mezzo di un comunicato dei dati relativi al bilancio consolidato della società da loro gestita, occultando significative perdite e propalando notizie idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo dei titoli. La Corte d'appello aveva ritenuto che la contestata condotta non avesse concretato il delitto di cui all'art. 185 d.lgs. n. 58/1998 (TUF) in quanto, pur se il possibile squilibrio finanziario determinato dalla sottovalutazione di alcune possibili perdite future (in particolare si contestava la sottovalutazione della voce “riserve sinistri”) non era stato precisato con un dato numerico si era pur sempre evidenziata la criticità e quindi la notizia non poteva ritenersi decettiva. Inoltre, si sosteneva che la sottovalutazione, pari ad 538 milioni di euro secondo i consulenti del pubblico ministero, era da ritenersi insussistente alla luce (oltre che delle interessate ricostruzioni dei consulenti delle difese) dall'analisi effettuata dagli ispettori dell'ente di controllo delle imprese assicurative, che aveva condotto ad una minore rettifica della posta, pari ad euro 314 milioni, imputati, poi, alle annualità precedenti al 2010 e senza ulteriore squilibrio per quest'ultimo esercizio. La Corte, per giungere a tale conclusione, aveva affrontato la questione relativa ai metodi di calcolo, matematici ed attuariali, della posta in oggetto, la "riserva sinistri", rilevando la, almeno parziale, opinabilità della sua misura, tanto da non potersi affermare, in riferimento innanzitutto al delitto di false comunicazioni sociali, il sicuro superamento delle soglie di punibilità, previste dall'art. 2622 c.c. Il giudice del gravame non riteneva poi che si fosse configurato neppure l'ulteriore elemento oggettivo del contestato delitto, l'idoneità del dato, diffuso e ritenuto falso, ad alterare sensibilmente il corso dei titoli della società considerata, ritenendo non corretto - come affermato dai consulenti del pubblico ministero – concludere in tal senso sulla base della circostanza del sensibile ribasso, pari al 7,1%, subito dal titolo immediatamente dopo la diffusione del successivo comunicato stampa in cui il dato occultato era stato, invece, reso manifesto agli investitori. Infatti, secondo i giudici id appello tale considerazione finiva per escludere ogni rilevanza agli avvenimenti economico-finanziari che si erano nel frattempo succeduti (da marzo a dicembre 2011), particolarmente pregnanti quell'anno, quali, in via generale, il negativo andamento dei mercati e l'innalzamento dello spread dei titoli di Stato italiani (detenuti dalla società per un controvalore di ben 19 miliardi di euro) e, in particolare, la grave crisi finanziaria che aveva colto il gruppo di cui la società faceva parte a partire quantomeno dall'agosto 2011, tutti elementi che erano stati, invece, puntualmente illustrati dal consulente della difesa. In proposito, si evidenziava come il titolo Fondiaria, dopo il comunicato di cui si assumeva la falsità, che aveva comunque gettato un chiaro allarme sui conti del gruppo (il risultato finale era in perdita, in decisa crescita rispetto all'anno precedente), avesse subito una decisa flessione, nelle due settimane successive, pari 16,5 % del suo valore. Contro la decisione della Corte di appello ha presentato ricorso per cassazione la Consob, lamentando l'erronea conclusione circa la non falsità della notizia diffusa con il comunicato. La Corte di appello non aveva ritenuto decettiva la notizia, relativa alla riserva sinistri, diffusa nel comunicato perché in esso si erano riportati dati comunque negativi sull'andamento economico della società, anche palesemente ammettendo una possibile deficit della posta in questione, ma - secondo il ricorrente - la notizia diffusa era indubitabilmente falsa, in quanto non rispondente al vero (a tacere dell'opinione della dottrina che considera manipolatorie anche i dati riferiti in modo esagerato e/o tendenzioso) e la stessa Corte territoriale aveva infatti ammesso che l'entità del ribasso della riserva sinistri, pari a circa 538 milioni di euro, aveva indubbiamente inciso sul risultato consolidato relativo all'esercizio 2010 (nella misura del 37%). Quanto al requisito della price sensivity della notizia, ovvero la sua idoneità a determinare la sensibile alterazione del prezzo dei titoli, si evidenzia che il contenuto del comunicato era viziato proprio dalla falsa quantificazione della riserva sinistri e la Corte d'appello non aveva ritenuto che tale notizia fosse price sensivity, deducendolo dal fatto che, quando era stato diffuso l'ulteriore nota in cui si era manifestato il vero, quanto al deficit della predetta riserva, la variazione del prezzo, certamente sensibile, poteva essere derivata dalle ulteriori notizie negative diffuse in ordine all'andamento del gruppo e, più in generale, dal negativo andamento del mercato borsistico. Un giudizio che la CONSOB ritiene errato perché l'effettiva alterazione del prezzo costituisce solo uno degli indici che consentono di verificare l'idoneità della condotta a produrla, nella prospettiva punita dall'art. 185 TUF e perché non si era operato il necessario giudizio di prognosi postuma, non valutandosi il possibile impatto della notizia al momento della sua mancata diffusione, nel marzo 2011. La questione
Come è noto, il delitto di manipolazione del mercato è stato introdotto nel nostro ordinamento, nella attuale versione, dalla legge n. 62 del 2005 e presenta evidenti analogie con il delitto di cui all'art. 2637 c.c., che prevede e punisce ipotesi di aggiotaggio c.d. bancario oltre che su strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato. Il delitto di cui all'art. 185 T.U.F. si iscrive quindi, come specie, nel più vasto genere dei delitti di aggiotaggio e la differenza rispetto alla citata norma del codice civile si rinviene nell'oggetto materiale della condotta che, nel reato in commento, a differenza di quello previsto dall'art. 2637 c.c., è costituita esclusivamente da strumenti finanziari ammessi alla negoziazione o per i quali è stata presentata richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato italiano o di altro paese UE. Il bene giuridico alla tutela del quale mira il reato in commento è costituito dal regolare funzionamento del mercato e del meccanismo di formazione del prezzo degli strumenti finanziari (ZANNOTTI, Il nuovo diritto penale dell'economia. Reati societari e reati in materia di mercato finanziario, Milano, 2006, 406), meccanismo che viene irrimediabilmente pregiudicato quando notizie false, operazioni simulate o altri artifici vengono diffusi sul mercato o altrimenti usati; è usuale anche il richiamo alla integrità dei mercati finanziari e alla fiducia che il pubblico nutre nei valori mobiliari e negli strumenti derivati (MELCHIONDA, Aggiotaggio e manipolazione del mercato, in Lanzi, Cadoppi, I reati societari, Padova, 2007). Il reato può essere commesso, come indica la norma, da chiunque, non essendo necessario che l'agente ricopra una qualche carica o una determinata posizione dal momento che chiunque è in grado di propalare sul mercato notizie false o di tenere comportamenti artificiosi in ipotesi tali da alterare il regolare meccanismo di formazione dei prezzi; così, anche se nella normalità dei casi i soggetti attivi (c.d. manipulators) saranno in qualche modo in contatto con la società emittente, si possono sicuramente dare i casi di manipolazioni del mercato attuate da investitori, analisti finanziari e perfino da revisori. Il reato di manipolazione del mercato si struttura in tre condotte distinte, costituite dalla diffusione di notizie false, dalla realizzazione di operazioni simulate e dalla attuazione di altri artifici; tutte e tre le condotte devono essere concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari; nessun dubbio quindi, anche perché lo dice la norma stessa, che si tratti di reato di pericolo concreto, come si dirà oltre più diffusamente. La prima modalità esecutiva del reato di manipolazione del mercato è la diffusione di notizie false; si tratta del c.d. aggiotaggio informativo o manipolazione informativa (Information based manipulation) che si realizza non appena la notizia falsa sia comunicata ad un numero indeterminato di persone attraverso qualsiasi mezzo, così che rientrano nell'ipotesi in commento interviste, comunicati stampa, comunicazioni telematiche e simili. La norma parla di notizie e quindi intende far riferimento a dati di fatto dotati di una qualche oggettiva pregnanza; non saranno pertanto qualificabili come "notizia" ai sensi della norma in commento situazioni prive dei cennati profili di oggettività, quali voci, opinioni, apprezzamenti e simili. Non è specificato quale forma la comunicazione debba avere per essere penalmente rilevante ai sensi della norma in commento; si ritiene che il silenzio della legge, in uno con la finalizzazione che la condotta deve avere, sia indice della scelta di penalizzare qualsiasi forma di esternazione di notizie tale da influire concretamente sul prezzo degli strumenti finanziari. La norma attuale parla infine di notizie false, senza fare alcuna allusione al carattere esagerato o tendenzioso che la notizia può assumere, come avveniva nella precedente versione della norma; il carattere di falsità che la notizia deve avere allude a rappresentazioni erronee della realtà che mirino a creare, nei destinatari, falsi convincimenti e che siano dotate quindi di attitudine ingannatoria e suggestiva. La seconda modalità esecutiva del reato di manipolazione del mercato è la realizzazione di operazioni simulate, di operazioni cioè che le parti non hanno voluto (simulazione assoluta) o hanno voluto in modo diverso da quello che appare (manipolazione relativa); si tratta, unitamente alla realizzazione degli altri artifici, di forme di c.d. aggiotaggio manipolativo o manipolazione operativa (market based manipulation). Le ipotesi descritte in dottrina sono solitamente quelle relative alla compravendita di strumenti finanziari che non comportano una reale modifica della proprietà o del rischio di mercato (c.d. action based manipulation); le negoziazioni orchestrate al fine di dare l'impressione di fluttuazioni del prezzo di uno strumento finanziario; la immissione nel sistema di ordini di acquisto notevolmente superiori (o inferiori) all'ultima offerta disponibile per poi ritirarli prima che vengano eseguiti. La terza modalità esecutiva del reato di manipolazione del mercato è rappresentata dalla realizzazione di "altri artifici"; si tratta di ipotesi chiaramente residuale, che fa riferimento, sia pure in termini giudicati concordemente come troppo vaghi ed indefiniti, a condotte caratterizzate da attitudine fraudolenta, ingannatoria e decettiva capace di indurre in errore i destinatari; la fraudolenza poi riguarda l'oggettiva valenza ingannatoria dei mezzi che il soggetto attivo ha usato e la valenza artificiosa andrà individuata ed accertata in riferimento alla reattività del mercato nel quale il comportamento artificioso è destinato ad operare e sul quale è finalizzato ad influire (FONDAROLI, Aggiotaggio mediante altri artifici, disvalore del fatto e disvalore del contesto, in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., 2003, 747; LUNGHINI, La manipolazione del mercato, in Dir. Pen. Proc., 2005, 1474; MUCCIARELLI, L'abuso di informazioni privilegiate: delitto e illecito amministrativo, in Dir. Pen. Proc., 2005, 1465; PEDRAZZI, Turbativa dei mercati, in Digesto pen., XIV, Torino, 1999, 421; PREZIOSI, L'aggiotaggio (art. 2637), in ROSSI (a cura di), Reati societari, Torino, 2005, 459; ROSSI, Le fattispecie penali di aggiotaggio e manipolazione del mercato: problemi e prospettive (artt. 2637 c.c. e 185, D.Lgs. 24.2.1998, n. 58), in Dolcini, Paliero (a cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, III, Milano, 2006, 2637; SEMINARA, L'aggiotaggio (art. 2637), in Giarda, Seminara (a cura di), I nuovi reati societari: diritto e processo, Padova, 2002, 543). La diffusione di notizie false o le altre condotte artificiose indicate nell'art. 185 T.U.F. devono essere concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari (c.d. "price sensivity"); l'accenno al requisito della concretezza è segno evidente che si tratta di reato di pericolo concreto. In ragione della accennata concretezza del pericolo, bisognerà dunque accertare non solo se effettivamente la notizia falsa o l'operazione simulata o artificiosa sia stata in grado di determinare sul mercato una qualche alterazione del prezzo degli strumenti finanziari ma anche se tale alterazione possa effettivamente considerarsi sensibile e quindi quantitativamente e qualitativamente ulteriore rispetto alle normali fluttuazioni che i prezzi degli strumenti stessi ordinariamente hanno sul mercato; tale accertamento, quindi, non potrà che essere condotto alla stregua delle concrete situazioni e congiunture di mercato, con valutazione delle quantità dei titoli scambiati a seguito delle operazioni simulate o degli altri artifici e dei mezzi attraverso i quali la falsa notizia è diffusa (comune è l'osservazione critica circa la sostanziale indeterminatezza del requisito in argomento: ZANOTTI, Il nuovo diritto penale, cit., 406; MELCHIONDA, Aggiotaggio, cit., 240). L'elemento soggettivo del delitto di manipolazione del mercato è costituito dal dolo generico, che resta realizzato non appena vi sia nell'agente la coscienza e volontà delle condotte descritte nella norma; sarà quindi necessario accertare la consapevolezza della reale falsità della notizia comunicata, della difformità effettiva tra operazione realizzata e quella realmente voluta nel caso di operazioni simulate nonché della oggettiva attitudine ingannatoria degli altri artifici; a tutto ciò dovrà poi accompagnarsi la consapevolezza della natura price sensitive delle notizie diffuse o delle condotte tenute; trattandosi di semplice dolo generico, quindi, è escluso dalla rappresentazione e volontà dell'agente qualsiasi profilo o finalità di speculazione; in quanto reato di pericolo, sia pure concreto, non è richiesta poi alcuna reale volontà di turbativa del mercato o alterazione del prezzo degli strumenti finanziari (In dottrina si evidenzia come l'assenza di una qualche specificazione del dolo in termini finalistici e la sufficienza quindi del mero dolo eventuale per la realizzazione dell'elemento soggettivo del reato in commento offra il destro alla punizione di condotte in effetti colpose, quantomeno nella forma della colpa con previsione, MELCHIONDA, Aggiotaggio, cit., 206). Il reato in commento si consuma non appena le notizie siano diffuse o siano realizzate le operazioni e gli altri artifici; v'è solo da osservare che, quando vi sia sfasatura temporale tra il momento della diffusione e quello della ricezione della notizia, il reato è consumato quando la notizia sia appunto ricevuta o abbia comunque effettivamente raggiunto i suoi destinatari. Quando invece il reato risulti realizzato mediante operazioni simulate o altri artifici, il momento consumativo resta concretato con il perfezionamento della operazione o con la realizzazione del comportamento artificioso. Le soluzioni giuridiche
La Cassazione, pur ritenendo ammissibile il ricorso della parte civile CONSOB – contrariamente a quanto lamentato dalle difese -, ritiene comunque lo stesso infondato. Con riferimento alla falsità della notizia propalata al pubblico degli investitori con il comunicato viene osservato che – pur essendo il fatto penalmente rilevanti in ipotesi, non potendosi sostenere, come fatto dalle difese, che i dati di bilancio comunicati con la ricordata nota stampa non erano stati ancora approvati dall'assemblea dei soci e non erano pertanto divenuti "definitivi", posto che la previa comunicazione aveva comunque i crismi dell'ufficialità essendo inerente a dati approvati dal Consiglio di amministrazione della società, relativi al bilancio consolidato del gruppo ed al bilancio della capogruppo, dati che sarebbero stati poi sottoposti all'approvazione dell'assemblea ma che rivestivano già l'ufficialità e la concretezza derivanti da tale previa, necessaria, deliberazione –, la Cassazione evidenzia la genericità delle censure della parte ricorrente la quale non si confronta con le diverse conclusioni assunte dall'ente di controllo del settore assicurativo, secondo cui andava riconosciuta la presenza di elementi valutativi nella quantificazione della posta, così da rendere problematico un giudizio di sua falsità (cfr. Cass., Sez. Un., 31 marzo 2016, n. 22474, - in questo portale, con nota di Zanchi, Rubino, Langè, Il controverso concetto di “verità” e di “fatto materiale” nelle false comunicazioni sociali - in tema falso su poste di bilancio di tipo valutativi, riscontrabile solo se l'agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni) e la circostanza che il deficit della riserva sinistri non si sarebbe trasferito, automaticamente e nell'identica misura, sul risultato economico dell'anno, poiché la stessa trovava collocamento nello stato patrimoniale e non concretava pertanto una perdita di eguale misura nel conto economico, così da incidere in misura assai poco significativa sull'esito finale dei bilanci. E' importante sottolineare che la Cassazione, pur rigettando sul punto il ricorso, mostra di non condividere (ed anzi la qualifica come illogica) la considerazione dei giudici di merito circa il fatto che l'eventuale sottovalutazione della voce “riserva sinistri” era comunque resa “inoffensiva” per gli interessi dei risparmiatori dalla circostanza che nel medesimo comunicato era presente un allarme sulla congruità della riserva sinistri: infatti, secondo la Cassazione l'avviso di insufficienza della posta non poteva che riguardare le future annualità e non certo quella in corso di approvazione, costituendo, se così fosse stato, una illogica ammissione della incongruità della voce di cui si chiedeva all'assemblea la conferma. Quanto infine all'idoneità della notizia falsa, diffusa con il comunicato, ad alterare sensibilmente il prezzo dei titoli, secondo la Corte di legittimità, se è vero che il delitto di aggiotaggio manipolativo è un reato di mera condotta e di pericolo concreto, per la cui integrazione è sufficiente che siano posti in essere comportamenti diretti a cagionare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari, senza che sia necessario il verificarsi di tale evento (Cass., sez. V, 14 settembre 2019, n. 54300), è altresì certo che in presenza di una forte discesa dei corsi della azioni di una società ai cui amministratori si attribuisce la propalazione di notizie false occorre dimostrare che il prezzo delle azioni sarebbe ulteriormente calato qualora, in luogo delle falsità, fossero stati comunicati dati veritieri, tanto più nel caso in cui la rilevanza economica e percentuale dei dati occultati risulti non particolarmente rilevante rispetto al risultato economico finale. Inoltre, in questa valutazione circa la sussistenza della prova della price sensivity della notizia, il giudice penale non può esimersi da un giudizio complessivo sulla condotta degli amministratori nella loro scelta di comunicare dati al pubblico: in particolare, quando, come accaduto nel caso di specie, la pubblica accusa sostiene che in una comunicazione al pubblico vengano occultati dati negativi per l'impresa ma siano contestualmente fornite notizie negative sull'andamento economico della società, allora particolarmente rigorosa deve essere la dimostrazione circa la natura sensibile delle notizie occultate, dovendosi spiegare come il contenuto delle stesse avrebbe potuto influenzare il prezzo di un titolo su cui hanno già inciso gli altri elementi negativi comunicati al pubblico.
Conclusioni
La sentenza della Cassazione è rilevante per due profili. Il primo, attinente non al solo delitto di aggiotaggio, ma più in generale a qualsiasi illecito in tema di falso in materia contabile – quindi anche con riferimento ai reati di falso in bilancio di cui agli artt. 2621 e 2622 c.c. -, riguarda la rilevanza penale delle valutazioni mendaci. Come è noto, la Cassazione a Sezioni Unite ha inequivocabilmente concluso nel senso di riconoscere la possibile rilevanza penale delle valutazioni scorrette, le quali sono quindi tacciabili di falsità (Cass., sez. un., 31 marzo 2016, n. 22474). Sul punto, la decisione non torna indietro ma – correttamente, a nostro avviso – sottolinea come le conclusioni da assumere in tali ipotesi debbano essere assai prudenziali nel caso in cui la redazione e definizione della posta valutativa della cui correttezza si discute presenti profili di discrezionalità: in tali circostanze, infatti, è evidente il rischio di confondere la censura sul modo con cui la valutazione è stata operata con un giudizio di falsità sulla stessa, mentre la valutazione falsa non è semplicemente la valutazione erronea o scorretta ma è un appostamento contabile che, oltre ad essere effettuato in maniera difforme dai criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni (CINCOTTI, La rilevanza penale del falso valutativo tra contabilità, valutazioni e stime, in Giur. Comm., 2016, 1215; MUCCIARELLI, Le Sezioni Unite e le false comunicazioni sociali: tra legalità e ars interpretandi, in Dir. Pen. Proc., 2016, 1128; ALESSANDRI, La falsità delle valutazioni di bilancio secondo le Sezioni Unite, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2016, 1463; D'ALESSANDRO, Le false valutazioni al vaglio delle Sezioni Unite: la nomofilachia, la legalità e il dialogo interdisciplinare, in Cass. Pen., 2016, 2790; ROSSI, La rilevanza penale del falso valutativo: la motivazione "di conferma" delle Sezioni Unite, in Giur. It., 2016, 2007). In secondo luogo, la Cassazione ribadisce l'attenzione che il giudice penale deve riservare alla verifica circa la sussistenza della price sensivity, la quale non può essere desunta dalla presenza (o mancanza) di un alterazione di valore dei titoli, deve do la sua definizione essere commisurata alla particolare condizione del caso ed alla natura dello strumento su cui l'operatore va ad incidere con la sua condotta (CAIA, Manipolazione del mercato: il ruolo dirimente dell'idoneità concreta della condotta nella giurisprudenza di legittimità, in Arch. Pen. Web; POGGI, L'accertamento del pericolo concreto nel delitto di manipolazione del mercato, in Cass. Pen., 2017, 290).
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