L'assicurazione della responsabilità civile del tour operator e l'esclusione della vacanza rovinata dai danni risarcibili

Giuseppe Sileci
29 Gennaio 2020

Le agenzie di viaggio hanno l'obbligo di stipulare congrue polizze assicurative a garanzia dell'esatto adempimento degli obblighi assunti verso i clienti con il contratto di viaggio in relazione al costo complessivo dei servizi offerti (art. 19 del d.lgs. 23 maggio 2011 n. 79 Codice del Turismo).

L'Agenzia di viaggio X, che svolge la attività di organizzazione e/o intermediazione di viaggi, si assicura per la responsabilità civile con la impresa Y, la quale si obbliga a tenerla indenne di quanto dovesse pagare per danni corporali o materiali involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi durante l'esercizio della propria attività. Accade che, durante un viaggio organizzato dalla Agenzia X, si verificano una serie di disservizi e ritardi a causa dei quali successivamente molti clienti dell'Agenzia di viaggio chiedono giudizialmente il risarcimento del danno da vacanza rovinata. Tuttavia, la Impresa Y, costituendosi in giudizio, eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva perché il danno da vacanza rovinata non è tra quelli assicurati. Conseguentemente molti dei giudizi promossi dai clienti insoddisfatti si definiscono con una sentenza di condanna della Agenzia di viaggio X e di rigetto della domanda di garanzia di quest'ultima nei confronti della Impresa Y. Può l'Agenzia di viaggio X chiedere che sia accertato giudizialmente che la Impresa Y era obbligata a tenerla indenne anche per i danni a terzi da vacanza rovinata e conseguentemente che sia affermato l'inadempimento dell'assicuratore e la risoluzione del contratto, con obbligo della Impresa Y di restituire la quota di premio già versato e di risarcire i danni, consistenti negli esborsi sostenuti dalla Agenzia di viaggi X nel pagare ai clienti il danno da vacanza rovinata nella misura accertata giudizialmente dai singoli giudici ovvero definita stragiudizialmente?

Le agenzie di viaggio hanno l'obbligo di stipulare congrue polizze assicurative a garanzia dell'esatto adempimento degli obblighi assunti verso i clienti con il contratto di viaggio in relazione al costo complessivo dei servizi offerti (art. 19 del d.lgs. 23 maggio 2011 n. 79 Codice del Turismo).

Inoltre, se oggetto del contratto è un “pacchetto turistico”, sia l'organizzatore che il venditore del viaggio debbono essere coperti da contratto di assicurazione per la responsabilità civile a favore del viaggiatore per il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione dei rispettivi obblighi assunti con i rispettivi contratti (art. 47 d. lgs. n. 79 del 2011).

Sebbene la formulazione letterale della norma non sia particolarmente felice laddove il legislatore ha fatto ricorso all'inciso “a favore del viaggiatore”, non mi pare che l'assicurazione della responsabilità civile del tour operator si discosti dallo schema classico in cui assicurato e contraente coincidono.

L'inquadramento nel modello tipico ovvero in quello dell'assicurazione “per conto” di cui all'art. 1891 c.c. in ogni caso potrebbe avere una certa importanza in sede di esecuzione del contratto, ma non nella fase “genetica” e di formazione dell'accordo negoziale.

Ed è questo il momento in cui le parti determinano l'oggetto della copertura assicurativa, indicando i rischi assicurati ed i danni risarcibili; in altri termini, è nella fase che precede la conclusione del contratto, e che poi determina i diritti e gli obblighi delle parti, che si riverbererebbe la clausola che esclude espressamente il danno da vacanza rovinata ovvero che riduce implicitamente l'oggetto della copertura assicurativa individuando esattamente i danni risarcibili senza menzionarvi quello da vacanza rovinata.

Poiché la legge obbliga il tour operator ad assicurarsi per la responsabilità civile e poiché l'attività dell'organizzatore di viaggi consiste nel vendere “pacchetti turistici” garantendo che il viaggio si svolga senza anomalie, tanto da rispondere del «danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all'irripetibilità dell'occasione perduta (art. 46 d.lgs. n. 79/2011), occorre chiedersi: a) se l'assicurazione della responsabilità civile stipulata dal tour operator debba obbligatoriamente prevedere tra i danni risarcibili anche quello da vacanza rovinata; b) se in difetto il giudice possa sostituirsi alla volontà delle parti, integrando il contenuto negoziale; c) se la questione debba essere esaminata alla luce dei principi che regolano i rapporti negoziali nella loro fase genetica e degli obblighi che oggi gravano sulle imprese di assicurazione».

In linea generale non pare potersi dubitare del fatto che nel contratto di assicurazione la delimitazione del rischio e dei danni risarcibili è ampiamente affidata alla volontà delle parti.

Il principio si desume, per ciò che concerne l'assicurazione della responsabilità civile, proprio dall'art. 1917 c.c., a mente del quale l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi deve pagare ad un terzo in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto; ma altrettanto ampia è la libertà delle parti di stabilire limiti al risarcimento del danno, in tal senso deponendo l'art. 1905 c.c. che, appunto, obbliga l'assicuratore a risarcire il danno sofferto dall'assicurato «nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto»: norma, quest'ultima, espressamente prevista per l'assicurazione contro i danni ma che sarebbe applicabile anche alla assicurazione della responsabilità civile (BOTTIGLIERI E., “Dell'assicurazione contro i danni” in Il Codice Civile – Commentario fondato da P. Schlesinger – Milano, 2010, pag. 102), che della prima altro non è che una specie (Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2014 n. 5791).

Se la volontà delle parti è sovrana, ovviamente nei limiti stabiliti dall'art. 1322 c.c. e purché l'assetto negoziale non si traduca in una non consentita limitazione di responsabilità ex art. 1229 c.c. (Cass. civ., sez. III, 7 aprile 2010 n. 8235), l'obbligo di adeguata copertura assicurativa della responsabilità civile, prevista dall'art. 47 del d.lgs. n. 79 del 2011 per il tour operator, non potrebbe interpretarsi nel senso che il contratto di assicurazione debba avere un contenuto minimo non suscettibile di essere derogato dai contraenti.

Già questa affermazione andrebbe sottoposta a rigorosa verifica tutte le volte in cui il legislatore, obbligando determinate categorie ad assicurarsi contro il rischio della responsabilità civile, demanda a norme di rango secondario la individuazione dei requisiti minimi che le singole polizze debbono necessariamente soddisfare: si pensi all'art. 10 comma 6 della l. n. 24/2017, che affida ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la determinazione dei requisiti minimi delle polizze assicurative in ambito sanitario, ovvero all'art. 12 comma 5 della l. n. 247/2012, che invece riserva al Ministro della giustizia il potere di stabilire ed aggiornare ogni cinque anni le condizioni essenziali ed i massimali minimi di polizze emesse a copertura della responsabilità civile dell'avvocato.

A maggior ragione, dunque, sarebbe difficile da giustificare una stringente limitazione della volontà delle parti in assenza di una regolamentazione di dettaglio che specifichi – come nel caso in esame – i requisiti minimi che la polizza deve soddisfare.

Se così è, le parti pertanto potrebbero escludere dalla copertura assicurativa della responsabilità civile del tour operator il danno da vacanza rovinata e questa clausola non richiederebbe neppure la specifica approvazione per iscritto perché, delimitando unicamente l'oggetto del contratto e quindi determinando i limiti entro i quali l'obbligazione assunta deve ritenersi operante, non implica una riduzione di responsabilità dell'assicuratore e pertanto non è vessatoria (Cass. civ., sez. III, 7 aprile 2010 n. 8235; Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 2007 n. 395; Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 1998 n. 1790; Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 1996 n. 1437; Cass. civ., sez. III, 8 gennaio 1999 n. 102; Cass. civ., sez. I, 17 maggio 1982 n. 3040).

Conseguentemente, nel caso di controversia in ordine alla estensione della copertura assicurativa, la interpretazione delle clausole sarebbe compito del giudice di merito e la decisione non sarebbe sindacabile in sede di legittimità se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica contrattuale e se è assistita da congrua motivazione (Cass. civ., sez. lav., 18 luglio 2006 n. 16376).

Vi è da chiedersi, a questo punto, se l'assicurato debba subire necessariamente le conseguenze di precise clausole negoziali, e dunque risarcire direttamente il danno da vacanza rovinata lamentato dal viaggiatore qualora l'assicuratore eccepisca che questo non è tra i pregiudizi risarcibili per espressa previsione contrattuale, ovvero se esiste qualche rimedio tra le pieghe dell'ordinamento.

In tale prospettiva, non sembrano affatto trascurabili tutta una serie di obblighi di informazione che il Codice delle assicurazioni impone alle imprese di assicurazione quando – tramite i loro intermediari – propongono un prodotto assicurativo.

L'art. 183 cod. ass. stabilisce un obbligo generale di diligenza, correttezza e trasparenza al quale debbono attenersi le imprese di assicurazione nella esecuzione dei contratti e (al comma 3) affida all'IVASS il potere di emanare con proprio regolamento «specifiche disposizioni relative alla determinazione delle regole di comportamento da osservare nei rapporti con i contraenti, in modo che l'attività si svolga con correttezza e con adeguatezza rispetto alle specifiche esigenze dei singoli».

A mente dell'art. 185 cod. ass., inoltre, le imprese di assicurazione sono altresì obbligate a predisporre il documento informativo precontrattuale di ciascun prodotto assicurativo da vendere e questo, quando si tratta di prodotti assicurativi danni, tra l'altro deve indicare «una sintesi della copertura assicurativa, compresi i principali rischi assicurati, la somma assicurata e, ove del caso, l'ambito geografico e una sintesi dei rischi esclusi» (art. 185-bis, comma 2, lett. b) nonché «le principali esclusioni per le quali non è possibile presentare una richiesta di risarcimento» (art. 185-bis, comma 2, lett. d).

Norme di comportamento, quelle stabilite dal Codice delle assicurazioni, da integrarsi con le disposizioni del regolamento IVASS, che attualmente è quello del 2 agosto 2018 n. 40 e che specifica le regole cui debbono attenersi le imprese ed i loro intermediari nello svolgimento della attività di distribuzione e nell'offerta di contratti di assicurazione (art. 54 e ss. Regolamento).

Tra queste vi è l'obbligo di consegnare al contraente, prima della sottoscrizione di una proposta ovvero di un contratto, una informativa precontrattuale (art. 56 Reg.).

Ma la norma regolamentare che descrive minuziosamente i doveri di comportamento cui debbono attenersi i distributori di prodotti assicurativi è l'art. 58 Reg., a mente del quale gli intermediari debbono svolgere una approfondita “disclosure” e quindi, sulla base delle informazioni raccolte e tenuto conto della tipologia di contraente e della natura e complessità del prodotto offerto, debbono fornire «al contraente medesimo, in forma chiara e comprensibile, informazioni oggettive sul prodotto, illustrandone le caratteristiche, la durata, i costi, i limiti della copertura ed ogni altro elemento utile a consentirgli di prendere una decisione informata».

Inoltre, è preciso dovere degli intermediari, che ricevano proposte assicurative non coerenti con le richieste e le esigenze del contraente, rendere edotto quest'ultimo specificandone i motivi attraverso apposita dichiarazione da fare sottoscrivere al cliente.

Infine, e più in generale, di tutta questa attività informativa dovrà rimanere traccia documentale.

Orbene, e venendo all'odierno quesito, non sembra potersi dubitare dell'interesse in astratto di un tour operator che si assicuri per la responsabilità civile di includere tra i danni risarcibili anche quello da vacanza rovinata; parimenti, non dovrebbe essere precluso al tour operator di delimitare i danni risarcibili, escludendo quello da vacanza rovinata, quando ritenga questo assetto contrattuale più conveniente alle proprie esigenze.

Questa scelta – per poter essere vincolante per l'assicurato e liberare l'assicuratore da responsabilità ove eccepisca che quel determinato danno non è compreso tra quelli risarcibili – richiederà la osservanza, da parte dell'intermediario, di tutti quegli obblighi informativi nella fase precontrattuale previsti dal Codice delle assicurazioni e dal regolamento IVASS; conseguentemente – a me pare – solo una decisione consapevole del contraente all'esito di una puntuale informazione, adeguatamente documentata per iscritto, sulle caratteristiche ottimali di una polizza responsabilità civile del tour operator (che è tale, in linea di principio, se comprende tra i danni risarcibili anche la vacanza rovinata) consentirà all'assicuratore di rifiutarsi di tenere indenne l'assicurato.

Pertanto, nei giudizi promossi dai viaggiatori contro il tour operator per farne accertare l'inadempimento contrattuale e per chiederne la condanna al risarcimento del danno da vacanza rovinata, il giudice, se è stato chiamato in garanzia l'assicuratore del tour operator e se questi ha eccepito la esclusione del danno da vacanza rovinata, non potrà fare altro che prendere atto dei limiti contrattuali e conseguentemente rigettare la domanda di manleva.

All'assicurato, però, residuerà l'azione di inadempimento nei confronti del proprio assicuratore ove ritenga, invece, che questi abbia violato il dovere di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza o comunque non abbia osservato l'obbligo di informare adeguatamente il contraente circa l'esatta delimitazione del rischio assicurato e dei danni risarcibili.

Ha recentemente affermato la Suprema Corte, infatti, che «il legislatore del codice delle assicurazioni private (d.lg. n. 209 del 2005) non ha previsto una autonoma disciplina delle conseguenze giuridiche della inosservanza delle prescrizioni formali disposte dall'art. 166, commi 1 e 2 d.lgs. n. 209 del 2005, che devono, quindi, individuarsi alla stregua della disciplina del codice civile, giusta il rinvio disposto dall'articolo 165 del medesimo decreto legislativo. Orbene, in assenza di una espressa comminatoria di nullità, del contratto o della clausola negoziale, ipotesi che ricorre nel caso in cui la clausola non sia vessatoria o pur se onerosa non ricada - per non essere contenuta in Cgc o in contratti standard - nella disciplina degli artt. 1341 e 1342 c.c., la inosservanza della prescrizione formale, in quanto violazione di una regola di condotta, non può che dare luogo al risarcimento del danno per lesione della buona fede, potendo integrare una responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto, ovvero una responsabilità contrattuale che può eventualmente condurre alla risoluzione del contratto, ove le violazioni riguardino le ulteriori attività esecutive delle disposizioni contrattuali» (Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2019 n. 15598).

Ed il principio enunciato dalla Cassazione dovrebbe applicarsi pacificamente non solo nel caso di inosservanza delle prescrizioni formali stabilite dall'art. 166 cod. ass. ma più in generale tutte le volte in cui venga in evidenza la violazione di precisi obblighi di correttezza e buona fede nella fase precontrattuale, e quindi anche quando l'assicuratore, venendo meno ai doveri a lui imposti dalla legislazione statale e da quella di rango regolamentare, abbia proposto al contraente un prodotto assicurativo (nella specie un contratto di assicurazione della responsabilità civile del tour operator) che – a causa di specifiche esclusioni – si sia dimostrato inadeguato alle esigenze dell'assicurato.