Inammissibilità del ricorso per invalidità della procura speciale: gli oneri del giudizio gravano sul difensore

30 Gennaio 2020

La questione principale esaminata dalla Suprema Corte attiene alle conseguenze della mancanza di una valida procura speciale per proporre il ricorso per cassazione in ordine all'individuazione del soggetto sul quale devono gravare gli oneri del giudizio, compreso il pagamento del raddoppio del contributo unificato dovuto in caso di inammissibilità dell'impugnazione proposta ex art. 13 del d.P.R. n. 115/2002.
Massima

Nell'ipotesi di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per difetto di una valida procura rilasciata al difensore, deve provvedersi alla dichiarazione di cui all'art. 13 del d.P.R. n. 115/2002, come novellato dalla legge n. 228/2012, relativa al raddoppio del contributo unificato, e deve trovare applicazione il principio secondo cui, trattandosi di attività processuale della quale il legale assume esclusivamente la responsabilità, grava sullo stesso e non sulla parte la pronuncia relativa alle spese processuali, anche in riferimento all'ulteriore importo dovuto a titolo di contributo unificato.

Il caso

Era proposto ricorso per cassazione contro una decisione della Corte d'appello di Napoli che aveva dichiarato inammissibile l'appello proposto in materia di protezione internazionale ai sensi dell'art. 35-bis del d.lgs. n. 25/2008 mediante la deduzione, in sede di legittimità, della violazione di una serie di norme disciplinanti la materia, con peculiare riguardo alla mancata collaborazione con il richiedente ed alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la concessione dello status di rifugiato e per la protezione sussidiaria.

La Corte di cassazione, peraltro, si sofferma sulla questione pregiudiziale della mancanza di una valida procura speciale alle liti e ne trae, ritenendola fondata e dichiarando quindi l'inammissibilità del ricorso, le conseguenze sull'individuazione del soggetto tenuto al pagamento delle spese processuali nonché del raddoppio del contributo unificato ai sensi dell'art. 13 del d.P.R. n. 115/2002.

La questione

La questione principale esaminata dalla Suprema Corte attiene alle conseguenze della mancanza di una valida procura speciale per proporre il ricorso per cassazione in ordine all'individuazione del soggetto sul quale devono gravare gli oneri del giudizio, compreso il pagamento del raddoppio del contributo unificato dovuto in caso di inammissibilità dell'impugnazione proposta ex art. 13 del d.P.R. n. 115/2002.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione affronta d'ufficio in primo luogo la questione inerente l'assenza di una valida procura speciale in capo al difensore del ricorrente.

In particolare, la pronuncia in esame richiama a riguardo in primo luogo l'orientamento, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al difensore iscritto nell'apposito albo, richiesta dall'art. 365c.p.c., è essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall'altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata e pronunciata necessariamente in epoca antecedente al rilascio della procura speciale (così, tra le altre, Cass. civ., 21 novembre 2017, n. 27540).

Ciò posto, la S.C. rileva che nella specie difetta tale procura speciale in quanto, quella spillata al ricorso, non contiene alcun riferimento al provvedimento impugnato.

Ne segue, pianamente, nel percorso motivazionale della decisione, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Il profilo di maggior interesse della decisione in commento è, in realtà, quello conclusivo nel quale la Corte di cassazione – pur non dovendosi pronunciare sulle spese processuali in ragione della contumacia della parte resistente – si interroga sul soggetto che, nella fattispecie considerata, deve essere destinatario della pronuncia relativa alla debenza del raddoppio del contributo unificato, conseguente all'inammissibilità dell'impugnazione, secondo quanto disposto dall'art. 13 del T.U. sulle spese di giustizia.

A riguardo la pronuncia in esame ritiene che mancando la procura speciale dell'attività processuale compiuta il difensore di assume in via esclusiva la responsabilità, sicché deve gravare su di esso il carico delle spese del giudizio, anche rispetto all'ulteriore importo a titolo di raddoppio del contributo unificato, direttamente correlato alla declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Osservazioni

La Corte di cassazione, mediante la decisione in commento, si conforma - con la peculiarità di estenderlo espressamente anche alla statuizione afferente la sussistenza dei presupposti per il pagamento del raddoppio del contributo unificato – all'orientamento, già affermato nella propria giurisprudenza, in virtù del quale l'inammissibilità del ricorso per cassazione per avere il difensore agito senza valida procura comporta che, non riverberando l'attività dello stesso alcun effetto sulla parte, lo stesso difensore sia parte nel processo in ordine alla questione d'inammissibilità del ricorso per difetto della procura speciale a ricorrere per cassazione, con la conseguenza che la condanna alle spese va pronunciata a carico del difensore stesso, quale unica controparte del controricorrente nel giudizio di legittimità (v., da ultimo, Cass. civ., n. 25435/2019).

La soluzione non appare, tuttavia, pienamente convincente, laddove viene ad estendere la responsabilità in questione del difensore anche per le ipotesi nelle quali abbia agito senza una valida procura speciale alle liti rispetto a quella, ben più radicale, di procura inesistente.

Difatti, come precisato in altro rilevante, sebbene più risalente, precedente di legittimità, afferente la mancanza della procura speciale alle liti, la condanna alle spese in proprio del difensore, in quanto non può ritenersi rappresentante della parte, non si correla alla ipotesi della semplice invalidità di tale procura – quale è, senz'altro, quella che viene in rilievo nel caso considerato nella quale non è indicato nel mandato spillato il provvedimento impugnato – bensì ad una radicale inesistenza della procura medesima (cfr. Cass. civ., n. 4281/2006). Nella fattispecie esaminata da quest'ultima pronuncia, infatti, come evidenziato con chiarezza in motivazione, «la riferita procura non è dunque solo carente di puntuali riferimenti al presente ricorso per Cassazione e al decreto con esso impugnando - che possano ritenersi surrogabili dalla contiguità fisica della procura stessa al ricorso ai fini dell'assolvimento del requisito indispensabile della sua "specificità - ma è espressamente ed univocamente, invece, riferita ad altro processo da instaurarsi addirittura in sede diversa da quella ordinaria, per cui in concreto non risulta il conferimento di mandato al difensore per la proposizione della odierna impugnazione».

Nel valutare la portata della più recente decisione in esame non può trascurarsi, invero, di evidenziare che la discussa questione inerente la possibilità di condannare il difensore in proprio al pagamento delle spese di lite è stata risolta, da un precedente, allo stato non disatteso, delle Sezioni Unite della Corte di cassazione che ha fatto leva proprio sulla distinzione tra procura viziata e procura inesistente. In particolare, le Sezioni Unite hanno ben sottolineato che, in materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura ad litem o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l'atto è speso), l'attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio; diversamente, invece, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem, mentre non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l'attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l'instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo (cfr. Cass. civ., Sez. Un., n. 10706/2006).

Il richiamato discrimen sancito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione deve ritenersi a nostro sommesso parere condivisibile, in quanto coerente con l'attribuzione ad opera dell'art. 91 c.p.c. alla parte e non al difensore dell'onere per il pagamento delle spese processuali per l'ipotesi di soccombenza, difensore che nella sola ipotesi radicale e residuale di mancanza del mandato può essere egli stesso equiparato alla parte a tali fini, ferma restando, negli altri casi, la eventuale responsabilità professionale nei confronti del cliente per l'inammissibilità dell'azione o dell'impugnazione proposta correlata a vizi della procura.

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