La rinuncia agli atti del processo esecutivo e la sostituzione ex art. 511 c.p.c.
30 Gennaio 2020
Il creditore procedente, nell'ambito di una procedura esecutiva, intende rinunciare agli atti del processo esecutivo, ai sensi dell'art. 629 c.p.c. Prima che egli possa, però, effettuare una valida rinuncia, un creditore dello stesso creditore procedente richiede di essere a lui sostituito ai sensi dell'art. 511 c.p.c. In questo caso la rinuncia del creditore procedente, che evidentemente verrebbe formulata dopo la sostituzione, potrebbe portare, comunque, all'estinzione del procedimento esecutivo?
Il quesito non è di poco conto e per rispondere adeguatamente dobbiamo, innanzitutto, chiederci quale sia la natura della sostituzione prevista dall'art. 511 c.p.c. Si può affermare che la “sostituzione” prevista in materia esecutiva, comporti una forma di surrogazione del creditore del creditore, nel diritto di credito che ha dato origine alla procedura esecutiva stessa. Su tale interpretazione sembra porsi anche la giurisprudenza ove si afferma che «La sostituzione del creditore nella distribuzione della somma ricavata dall'espropriazione, a norma dell'art. 511 c.p.c., rappresenta un surrogato dell'esecuzione ordinaria contro il debitore sostituito ed è ammessa nei medesimi limiti in cui sarebbe consentita tale esecuzione, tenuto conto anche dell'eventuale impignorabilità del credito vantato dal debitore sostituito nei confronti del terzo esecutato; di conseguenza, allorché tale credito sia di lavoro, la domanda di sostituzione può essere accolta solo nella misura di un quinto delle somme che dovrebbero essere attribuite al debitore in sede di distribuzione» (Trib. Cassino, 4 ottobre 1991, in Foro it. 1992, I, 2835). Ancora meglio si potrebbe identificare in una vera e propria “espropriazione” del credito operata dal creditore del creditore. In questo caso pare evidente che la rinuncia ai sensi dell'art. 629 c.p.c., effettuata dal creditore procedente legittimato non potrebbe portare ad un'estinzione del processo esecutivo; in questo caso, infatti, la rinuncia del creditore andrebbe indebitamente a comprimere, o meglio a frustrare, i diritti e le legittime aspettative di colui che si è sostituito. A questo punto dobbiamo chiederci come si effettui la domanda di sostituzione; essa segue le forme previste per l'intervento del creditore nell'esecuzione già iniziata. Di conseguenza, pare sostenibile affermare che il creditore procedente, che abbia subito la sostituzione, continui, nondimeno, ad essere il titolare della posizione processuale attiva nell'ambito del processo esecutivo; infatti, la rinuncia del solo sostituto (il creditore del creditore) farebbe “riespandere” il diritto del creditore procedente ma non avrebbe, da sola, la forza di provocare l'estinzione del processo esecutivo. Se è corretta la premessa, si può ritenere che il creditore nei cui confronti sia effettuata la domanda di sostituzione non possa validamente rinunciare all'esecuzione senza il consenso del creditore che si sia a lui sostituito proponendo rituale domanda ai sensi dell'art. 499 c.p.c. (come richiamato dall'art. 511 c.p.c.) A questo punto il creditore procedente che voglia validamente rinunciare alla procedura esecutiva dovrà procurarsi il consenso del soggetto che si sia a lui sostituito ai sensi dell'art. 511 c.p.c., consenso che, verosimilmente, dovrà seguire le stesse forme e modalità della rinuncia espressa ai sensi dell'art. 629 c.p.c. Al contrario, qualora tale consenso non vi sia, il creditore che voglia rinunciare e nei cui confronti sia stata proposta istanza di sostituzione potrà solamente contestare l'esistenza del credito vantato dal creditore che si voglia a lui sostituire e, una volta ottenuta ragione, potrà autonomamente procedere ad una valida rinuncia, altrimenti, come già detto, dovrà ottenere anche il consenso del creditore che si sia a lui sostituito. |