La cessione di azienda è configurabile solo quando vi è continuazione della precedente attività

Elisa Manoni
31 Gennaio 2020

Sono il legale rappresentante di una Società (la Beta) al quale è stato notificato un avviso di accertamento in cui, tra gli altri rilievi, vi è quello relativo al disconoscimento della detrazione dell'IVA per avere l'Ufficio riqualificato la cessione di singoli beni in cessione di azienda. In specie, l'Ufficio asserisce quanto segue: che i cespiti che la Società Alfa utilizza per lo svolgimento della sua attività sono stati acquistati dalla Società Beta; che la Società Alfa si è accollata ed ha pagato diversi debiti della Società Beta; che i fornitori ed i clienti delle due Società sono sostanzialmente i medesimi.

Sono il legale rappresentante di una Società (la Beta) al quale è stato notificato un avviso di accertamento in cui, tra gli altri rilievi, vi è quello relativo al disconoscimento della detrazione dell'IVA per avere l'Ufficio riqualificato la cessione di singoli beni in cessione di azienda. In specie, l'Ufficio asserisce quanto segue:

  • che i cespiti che la Società Alfa utilizza per lo svolgimento della sua attività sono stati acquistati dalla Società Beta;
  • che la Società Alfa si è accollata ed ha pagato diversi debiti della Società Beta;
  • che i fornitori ed i clienti delle due Società sono sostanzialmente i medesimi;

Per questi motivi a parere dell'Ufficio le operazioni di cui sopra costituiscono elementi tali da qualificare il complesso trasferito come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, secondo la definizione civilistica richiamata dagli artt. 2112 e 2555 del c.c.

Di conseguenza, ai sensi dell'art. 2, comma 3, lett. b) e dell'art. 19 e ss. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l'IVA assolta sulle operazioni passive registrate a seguito delle fatture emesse dalla Società Beta è indetraibile.

In pratica l'Amministrazione asserisce che, sulla base di una serie di circostanze sintomatiche, la Società Beta avrebbe ceduto la propria azienda alla Società Alfa sicchè avuta considerazione del principio di alternatività Iva/imposta di registro, l'atto di cessione in questione, in quanto considerato quale “cessione di azienda” non sconterebbe l'IVA che, in virtù di ciò, non sarebbe, quindi, detraibile.

Potreste fornirmi un quadro della questione in oggetto al fine di comprendere se vi sono gli estremi per una contestazione?

Al fine di fornire un inquadramento alla fattispecie in esame, occorre prendere le mosse dal dato civilistico ed, in specie, dall'art. 2555 c.c. L'azienda è definita come il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa.

La stessa si presenta come un'entità particolarmente complessa, caratterizzata dall'eterogeneità dei suoi elementi, dalla diversa natura dei diritti che assicurano il godimento dei beni aziendali e dalla presenza non solo di beni, ma anche di servizi.

Il complesso eterogeneo aziendale risulta trovare l'elemento unificante nel vincolo funzionale: la comune appartenenza all'azienda, nella quale ciascun elemento si inserisce e si organizza in relazione al fine tecnico-economico che persegue l'impresa cui l'azienda si riferisce.

Rebus sic stantibus, dal dato normativo (art. 2555 c.c.) si può inferire, senza alcun dubbio di sorta, che esiste un'organizzazione laddove si realizza una relazione sistematica, una coesione unitaria, tra i beni e le risorse impiegati, tale da rendere beni e risorse non più elementi singoli, bensì valorizzati nel loro complesso unitario, con altri elementi e rapporti giuridici, tutti funzionali (in un'ottica di complementarietà) a divenire strumento per conseguire il fine economico dell'imprenditore.

In evidenza

La lettura del dato civilistico (art. 2555 c.c.) innanzi proposta collima con l'inquadramento fornito dalla consolidata Dottrina aziendalistica, la quale qualifica l'azienda come sistema connotato dalla:

(i) presenza di più componenti, siano esse di natura materiale o immateriale;

(ii) interdipendenza tra le componenti;

(iii) attivazione di relazioni in vista del conseguimento della finalità del sistema.

Dal punto di vista strutturale, le componenti del sistema aziendale sono rappresentate dai mezzi, i quali costituiscono l'insieme delle utilità economiche destinate alla produzione o al consumo, dalle persone che, a vario titolo, partecipano allo svolgimento dell'attività aziendale ed, infine, dall'organizzazione, vale a dire dalla componente immateriale la quale combina le risorse individuando le azioni da coordinare.

Una volta individuati i predetti criteri distintivi dell'azienda, si hanno tutti i dati per poter stabilire quando sia possibile qualificare una data vicenda circolatoria come trasferimento di azienda, anziché come trasferimento di singoli beni aziendali.

La giurisprudenza, nel corso degli anni, ha inteso dare continuità al principio secondo cui “deve intendersi come cessione di azienda il trasferimento di un'entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità e consenta l'esercizio di un'attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obbiettivo; occorre, dunque, la valutazione complessiva di una pluralità di elementi, tra loro in rapporto di interdipendenza in relazione al tipo di impresa, consistenti nell'eventuale trasferimento di elementi materiali o immateriali e del loro valore, nell'avvenuta riassunzione in fatto della maggior parte del personale da parte della nuova impresa, dell'eventuale trasferimento della clientela, nonchè del grado di analogia tra le attività esercitate prima o dopo la cessione (….) Si deve, quindi, verificare che si tratti di un insieme organicamente finalizzato ex ante all'esercizio dell'attività di impresa, di per sè idoneo a consentirel'inizio o la continuazione di quella determinata attività” (Cass. civ., n. 1913 del 30.01.2007. In tal senso, anche Cass. civ., sent. n. 17182 del 28.06.2018; Cass. civ., sent. n. 1083 del 26.01.2012; Cass. civ., sent. n. 6452 del 17 marzo 2009; Cass. civ., sent. n. 8973 del 20.06.2002).

Dalle parole dei Giudici emerge una nozione di “azienda” in linea con la tendenza a focalizzare l'attenzione sull'attività (e, quindi, sull'impresa), piuttosto che sull'insieme dei beni in sè considerato, il quale deve essere finalizzato ex ante all'esercizio di una attività di d'impresa, mentre non può essere, ex post, assemblato e coordinato con i fattori occorrenti per elevare il compendio così costituito al rango di azienda che, in quanto tale, non esisteva prima del trasferimento.

Sulla scorta di tale principio il diritto vivente ha escluso la configurabilità di una “cessione di azienda”, con conseguente riconoscimento della legittima detrazione dell'Iva, in fattispecie in cui i beni ceduti erano stati impiegati dal cessionario per un'attività diversa da quella della cedente.

Esemplificativamente, si riporta il caso sottoposto al vaglio del Supremo Consesso, sez. VI e deciso con sentenza dell'11 maggio 2016, n. 9575, la società cedente aveva venduto alla società cessionaria una pressa completa di attrezzature accessorie, un forno, un impianto di imballo, un impianto tranciasfridi ed accessori, emettendo, in relazione alla vendita effettuata, due fatture consentendo, così, alla società acquirente di recuperare l'IVA sulle fatture d'acquisto.

La Suprema Corte ha ritenuto non sussistente la cessione di azienda avuta considerazione del fatto che la società cedente svolgeva attività di produzione di serramenti e profilati di alluminio coperti da brevetto di prima fascia, mentre la società cessionaria commercializzava profilati di alluminio.

Si riporta testualmente il passaggio della parte motiva rilevante: “non era possibile cogliere un coordinamento ed un'organizzazione dei beni ceduti tale da poter affermare che l'insieme degli stessi avesse conservato, nel trasferimento, una propria identità (….) Si trattava, dunque, di beni che (…) non erano idonei a consentire l'inizio o la continuazione dell'attività esercitata dalla ALL.CO s.p.a., tant'è vero che la ALUMI.L s.r.l. li ha, poi, impiegati per una attività diversa da quella della cedente, ovvero per la estrusione di profilati di alluminio di fascia bassa.

In definitiva, per individuare una cessione di azienda, si deve valutare l'idoneità del quid trasferito a consentire la continuità dell'attività imprenditoriale (precedentemente, vale a dire “ex ante” svolta dal cedente) in capo al cessionario; occorre, dunque, che quell'insieme di beni e/o rapporti consenta al cessionario di svolgere, senza sostanziali modificazioni e aggiunte, l'attività d'impresa che (almeno in potenza) il cedente svolgeva al momento del trasferimento, in un contesto, per l'appunto e si ripete, di continuità (sul punto, in particolare, Cass. civ., n. 17182 del 28.06.2018 la quale ha stabilito che “per cessione di azienda deve appunto intendersi il trasferimento di un'entità economica organizzata in maniera stabile; la quale conservi la sua identità e consenta l'esercizio di un'attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo imprenditoriale. Tali caratteristiche devono essere desunte all'esito della valutazione complessiva di una pluralità di elementi, tra loro in rapporto di interdipendenza, in relazione al tipo di attività esercitata ovvero esercitabile”. Si veda, anche, Cass. civ., sent. n. 8973 del 20.06.2002, che ha rilevato come i giudici di secondo grado hanno omesso di considerare e valutare ulteriori circostanze quali la continuazione, o non, da parte della società cessionaria, dell'attività d'impresa, svolta dalla società cedente).

Priva di fondamento giuridico è, pertanto, l'asserzione secondo cui ogni compendio globale di beni trasferito configuri una cessione di azienda, avuta considerazione del fatto che vi è l'imprescindibile necessità, per tale qualificazione, di rinvenire il requisito della finalizzazione alla produzione, il quale presuppone il collegamento soggettivo con l'imprenditore cedente; in mancanza di tale requisito, si deve ravvisare una mera cessione di singoli beni aziendali, inidonei, di per sé, ad integrare la potenzialità produttiva propria dell'impresa, in quanto beni non finalisticamente collegati in capo all'impresa alienante.

Posizione, quella appena illustrata, condivisa anche dalla stessa Amministrazione finanziaria nei propri documenti di prassi che si sono succeduti nel corso del tempo.

Si veda la risposta all'istanza di interpello n. 81 del 2019, pubblicata dall'Agenzia delle Entrate in cui il tema in questione viene affrontato in un particolare caso in cui le parti contraenti erano, rispettivamente:

  1. la società cedente: un'impresa che svolgeva servizi di gestione elettronica a clienti, i quali erano, però, materialmente resi dalla cessionaria in forza di un contratto di concessione in essere tra le due imprese;
  2. la società cessionaria: un'impresa che prestava servizi elettronici in quanto concessionaria della cedente.

L'Agenzia delle Entrate interpellata ha intravisto, nella descritta operazione, gli ingredienti minimi, ma sufficienti, a configurare un trasferimento di azienda, valorizzando in ogni caso, che l'oggetto del trasferimento era proprio l'attività che, prima della cessione, veniva svolta dall'impresa cedente per mezzo di quel contratto di concessione che le parti risolsero prima della vendita (cfr. pag. 7 dell'Interpello: “Nel caso di specie, infatti, oggetto della cessione tra le parti è proprio l'attività che prima veniva svolta da Y in forza del contratto di concessione che, a seguito dell'operazione che le parti intendono porre in essere, continua ad essere svolta da X stessa direttamente”).

L'Amministrazione ha chiaramente fatto proprio l'orientamento giurisprudenziale innanzi riportato affermando esplicitamente che “I fattori essenziali dell'azienda si possono quindi individuare nell'organizzazione, nei beni e nel loro fine per l'esercizio dell'impresa. In altri termini, quanto ceduto deve essere di per sé un insieme organicamente finalizzato all'esercizio dell'attività di impresa, autonomamente idoneo a consentire l'inizio o la continuazione di quella determinata attività da parte del cessionario”, posizione espressa, altresì, nelle risposte ad interpello n. 432 del 2019 e n. 466 del 2019.

Inquadrata la tematica sia a livello normativo, sia a livello giurisprudenziale, sia a livello di prassi, nella fattispecie che ne occupa occorre fornire dimostrazione di quanto segue:

  • la diversità di oggetto sociale tra la Società Alfa e la Società Beta: tale diversità è, di per sè sola, circostanza che elide in radice ogni contestazione in punto di asserita cessione di azienda, in quanto evidenzia come i beni trasferiti siano stati utilizzati per uno scopo diverso, venendo meno, quindi, l'organizzazione finalizzata alla produzione;
  • la differente compagine sociale;
  • l'assenza di dati di fatto e/o elementi atti a fornire evidenza di come l'articolazione funzionalmente autonoma dell'attività economica organizzata venga identificata e percepita come tale dalla cedente (Società Alfa) e dalla cessionaria (Società Beta) al momento del suo trasferimento;
  • la diversità dei clienti e dei fornitori. È da rilevare, comunque, come una eventuale identità dei clienti non può, comunque, costituire circostanza dirimente in punto di cessione di azienda.Si veda sul punto la risposta ad interpello n. 466 del 2019 fornita dall'Agenzia delle Entrate, la quale ha chiarito che “la mera cessione di un portafoglio clienti non può, da sola, integrare la struttura organizzativa aziendale, in quanto trattasi di un unico asset patrimoniale, e non di un'organizzazione idonea, nel suo complesso, allo svolgimento di un'attività produttiva. La clientela (ossia il complesso dei clienti selezionati ed acquisiti nel tempo), infatti, rappresenta una componente del valore dell'avviamento definito appunto portafoglio clienti che può essere trasferito integralmente anche in modo separato dall'azienda, in quanto suscettibile di autonoma valutazione economica. Nel caso di specie, sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi rappresentati, assunti acriticamente così come esposti nell'istanza di interpello, si ritiene che l'operazione descritta sia qualificabile come cessione di un singolo bene e non come cessione di ramo d'azienda”.

Appare innegabile come la contestazione del rilievo sia alquanto ardua, occorrendo riscontrare in concreto gli elementi di cui innanzi.

(Fonte: IlTributario.it)

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