«In tema di plusvalenze di cui all'art. 67, comma 1, lett. a) e b), d.P.R. n. 917/1986, per i terreni edificabili e con destinazione agricola l'indicazione nell'atto di vendita dell'immobile, di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base di perizia giurata a norma dell'art. 7 L. n. 448/2001 non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell'imposta sostitutiva, né la possibilità per l'Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene».
Il principio è stato affermato dalle Sezioni Unite Civili della Cassazione con la sentenza n. 2321/20, depositata il 31 gennaio.
Il caso. La CTP di Caserta accoglieva parzialmente l'impugnazione di un avviso di accertamento con cui era stato rettificato il valore dichiarato della plusvalenza realizzata dalla contribuente in seguito all'alienazione di un terreno edificatorio, pervenuto a seguito di successione, a favore di una società.
L'Ufficio aveva rilevato che la contribuente non aveva incluso la plusvalenza realizzata nella dichiarazione dei redditi, avendo precedentemente provveduto alla rivalutazione del fondo ex art. 7, comma 1, L. n. 448/2001 con perizia estimativa. L'Agenzia delle Entrate aveva dunque determinato la plusvalenza in misura pari alla differenza tra il valore di vendita e quello indicato nella dichiarazione di successione.
La CTR Campania rigettava l'impugnazione proposta dalla contribuente che ha dunque presentato ricorso per cassazione.
Plusavlenza. La ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione dell'art. 7, commi 1 e 6, L. n. 448/2001 per aver la CTR errato nell'escludere l'applicazione della disposizione agevolativa al caso di indicazione, nell'atto di vendita, di un valore inferiore a quello risultante dalla perizia. Inoltre, sempre secondo la tesi difensiva, la plusvalenza realizzata dai venditore avrebbe dovuto essere calcolata sulla differenza tra valore di cessione e valore iniziale rivalutato attraverso la perizia estimativa, senza che ciò vada ad elidere la persistente vigenza del valore dichiarato ai fini delle imposte dirette.
Le Sezioni Unite hanno ripercorso il quadro normativo di riferimento, a partire dall'art. 81, lett. a), d.P.R. n. 917/1986 (divenuto art. 67, lett. a), per effetto del D.Lgs. n. 344/2003) e dal successivo art. 82 (divenuto art. 68), ricordando che «le plusvalenze, rientranti nella categoria dei “redditi diversi”, si computano sulla base della differenza positiva tra il prezzo di cessione del bene e il valore originario di acquisto». L'art. 7 L. n. 448/2011 ha poi previsto concesso al contribuente la possibilità di rideterminare attraverso una perizia di stima il valore dell'immobile da utilizzare per il calcolo della plusvalenza, al posto del costo storico.
Affrontando il tema dell'omessa indicazione del valore rideterminato nell'atto di cessione successivo, la Corte evidenzia i diversi indirizzi interpretativi emersi nella giurisprudenza, giungendo ad affermare che «in tema di plusvalenze di cui all'art. 67, comma 1, lett. a) e b), d.P.R. n. 917/1986, per i terreni edificabili e con destinazione agricola l'indicazione nell'atto di vendita dell'immobile, di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base di perizia giurata a norma dell'art. 7 l. n. 448/2001 non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell'imposta sostitutiva, né la possibilità per l'Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene».
Per questi motivi, il ricorso viene accolto e la sentenza cassata. Infine, decidendo nel merito, la Corte accoglie il ricorso della contribuente.