Le sanzioni IVA hanno privilegio ex art. 2752 del c.c.

04 Febbraio 2020

Le sanzioni pecuniarie per la violazione di leggi tributarie commesse in data antecedente al fallimento del contribuente, costituiscono un credito che soggiace all'applicazione di tutte le regole civilistiche, sia che si verta in una fase fisiologica del rapporto obbligatorio, sia che si verta nell'ambito di una procedura concorsuale...
Massima

Le sanzioni pecuniarie per la violazione di leggi tributarie commesse in data antecedente al fallimento del contribuente, costituiscono un credito che soggiace all'applicazione di tutte le regole civilistiche, sia che si verta in una fase fisiologica del rapporto obbligatorio, sia che si verta nell'ambito di una procedura concorsuale, dovendo l'Amministrazione soddisfarsi secondo le regole del concorso, nei modi stabiliti dalla legge. Pertanto, è infondata l'eccezione per la quale, in costanza di fallimento, l'esigibilità delle sanzioni tributarie dovrebbe essere congelata, potendo l'Amministrazione finanziaria farle valere esclusivamente una volta che il fallito sia tornato "in bonis", sia perchè il fallimento non equivale alla morte dell'imprenditore, tanto che con esso il contribuente non viene privato della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, sia perchè la postergazione del pagamento dei crediti derivanti dalle sanzioni pecuniarie violerebbe la disciplina imperativa di cui all'art. 2752 c.c. e diverrebbe un modo per sfuggire al pagamento delle sanzioni amministrative in danno dell'erario.

Il caso

Con sentenza del 14 ottobre 2019, n. 25854, la Corte di Cassazione si è occupata del riconoscimento del privilegio, ex art. 2752 del codice civile, relativamente ad una sanzione dovuta ai fini IVA.

In particolare, il ricorso è stato presentato in quanto il Tribunale competente ha rigettato l'impugnazione proposta dalla curatela fallimentare avverso l'ammissione in via privilegiata dell'Agente della Riscossione (Equitalia) al passivo del fallimento della società debitrice.

La questione

Nell'atto introduttivo, la ricorrente ha dedotto che dall'afflittività che caratterizza il sistema delle sanzioni tributarie discenderebbe il carattere strettamente personale delle stesse, che impedirebbe di trasferirne il peso su un soggetto diverso dall'autore dell'illecito, nel caso di specie sui creditori concorsuali.

Secondo tali tesi, l'assoggettamento del debitore a procedura concorsuale implicherebbe una successione nella titolarità delle relative situazioni giuridiche (da fallito a procedura fallimentare), in quanto sarebbe ravvisabile una modifica o comunque una traslazione del soggetto passivo del tributo. Pertanto, in costanza di fallimento, l'esigibilità delle sanzioni tributarie dovrebbe essere congelata, potendo l'amministrazione finanziaria farle valere esclusivamente una volta che il fallito sia tornato in bonis.

Tali conclusioni, secondo parte ricorrente, non sarebbero contraddette dalla disposizione dell'art. 2752 c.c. (nella formulazione successiva alle modifiche apportate dal D.L. n. 98/2011), che opererebbe su un piano distinto da quello concernente la formazione dello stato passivo fallimentare, in quanto essa opererebbe nell'ambito delle sole procedure esecutive di carattere non concorsuale, nelle quali non si dà luogo alla liquidazione dell'intero patrimonio del debitore.

La Suprema Corte ha respinto le richieste della ricorrente, sancendo che il privilegio di cui all'art. 2752 c.c., comma 3, si applica anche alle sanzioni tributarie.

La soluzione giuridica

Il quadro normativo dei privilegi relativi all'IVA

Ai fini IVA, la disciplina del privilegio è contenuta nell'art. 62 del d.P.R. n. 633/1972, il quale rinvia sostanzialmente a quanto indicato dal codice civile.

Si ricorda, a questo punto che, l'art. 2752, rubricato “crediti per tributi diretti dello Stato per l'imposta sul valore aggiunto e per i tributi degli enti locali”, stabilisce che:

Hanno privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello Stato per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta locale sui redditi.

Hanno altresì privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse dovute secondo le norme relative all'imposta sul valore aggiunto.
Hanno lo stesso privilegio, subordinatamente a quello dello Stato, i crediti per le imposte, tasse e tributi dei comuni e delle province previsti dalla legge per la finanza locale e dalle norme relative all'imposta comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle pubbliche affissioni”.

Ai sensi dell'art. 2778 del codice civile, rubricato “Ordine degli altri privilegi sui mobili”, i crediti iva sono indicati al numero 19).

Secondo quanto previsto dall'art. 2758 del codice civile, i crediti dello Stato per i tributi indiretti hanno privilegio sui mobili ai quali i tributi si riferiscono e sugli altri beni indicati dalle leggi relative, con l'effetto da esse stabilito. Eguale privilegio hanno i crediti di rivalsa verso il cessionario ed il committente previsti dalle norme relative all'imposta sul valore aggiunto, sui beni che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio.

Relativamente, invece, ai privilegi su beni immobili, nell'art. 2780 i crediti iva sono indicati nel numero 4).

Secondo quanto previsto dall'art. 2772 del c.c., i crediti dello Stato, derivanti dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, hanno privilegio, in caso di responsabilità solidale del cessionario, sugli immobili che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio prestato.

Eguale privilegio hanno i crediti di rivalsa, verso il cessionario ed il committente, previsti dalle norme relative all'imposta sul valore aggiunto, sugli immobili che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio.

Il privilegio non si può esercitare in pregiudizio dei diritti che i terzi hanno anteriormente acquistato sugli immobili.

Fatte queste premesse normative, è possibile esaminare le conclusioni della sentenza in esame.

Osservazioni

Dalle disposizioni di cui sopra, si evince che i crediti relativi all'IVA sono privilegiati, compresi quelli relativi alle sanzioni.

La sentenza della Corte di Cassazione in esame ha respinto il ricorso sancendo che il fallimento non equivale alla morte dell'imprenditore e, per questo motivo, non si può applicare il principio di intrasmissibilità delle sanzioni.

Secondo i giudici di legittimità, infatti, al fallimento non sarebbe applicabile analogicamente il principio dell'intrasmissibilità della sanzione agli eredi, di cui all'art. 8 D.Lgs. n. 472/1997, non solo perché si deve ritenere tassativa tale ipotesi d'intrasmissibilità, ma anche in quanto il fallimento non equivale alla morte dell'imprenditore bensì costituisce una procedura concorsuale liquidatoria a carattere universale volta al soddisfacimento dei creditori dell'imprenditore il quale non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (art. 5 L.F.), senza che si verifichi alcun fenomeno successorio.

Del resto, con il fallimento il contribuente non viene privato della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario.

Infatti, ai sensi dell'art. 42 della L.F., l'imprenditore è privato, a far data dalla sentenza di fallimento, solo delle facoltà relative all'amministrazione e alla disponibilità dei suoi beni esistenti alla data stessa, che vengono passate al curatore.

Ma per questo non perde la sua qualifica di soggetto passivo d'imposta.

Come sancito dalla Corte di Cassazione (sentenza del 24 febbraio 2006 n. 4235), l'accertamento tributario (anche in materia di I.V.A.), ove inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d'imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore, in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare, o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento, ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla "definitività" dell'atto impositivo. In caso di inerzia degli organi fallimentari, ravvisabile, ad es., nell'omesso esercizio, da parte del curatore, del diritto alla tutela giurisdizionale nei confronti dell'atto impositivo, il fallito è eccezionalmente abilitato ad esercitare egli stesso tale tutela.

La stessa Suprema Corte (ordinanza del 4 aprile 2019 n. 9440) ha stabilito che sanzioni pecuniarie, conseguenti alla violazione di leggi tributarie commesse in data antecedente al fallimento del contribuente, danno luogo a un credito dell'amministrazione finanziaria per il fatto stesso che si sia verificata la violazione della legge tributaria, sia che si veda in una fase fisiologica dell'impresa, sia che si veda nell'ambito di una procedura concorsuale, ritenendo così infondata l'eccezione per la quale, in costanza di procedura concorsuale, l'esigibilità delle sanzioni tributarie dovrebbe risultare congelata.

In tal caso, infatti, si verificherebbe la postergazione del pagamento dei crediti derivanti dalle sanzioni pecuniarie in violazione della disciplina imperativa di cui all'art. 2772 c.c

Accanto a queste argomentazioni di ordine sistematico, secondo la Corte di Cassazione, vi sarebbe anche l'esigenza della certezza dell'adempimento del contribuente, non potendo trasformarsi il fallimento in un modo per sfuggire al pagamento delle sanzioni amministrative, in danno all'erario (ordinanza del 27 settembre 2018 n. 23322).

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