Se è stata prestata garanzia, il rimborso non può essere sospeso fino all'annullamento definitivo dei carichi pendenti

Leda Rita Corrado
04 Febbraio 2020

Nella sentenza n. 2320/20, depositata il 31 gennaio, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno enunciato due principi di diritto in materia di rimborso di un credito IVA.

In caso di richiesta di rimborso di un credito IVA, l'Amministrazione finanziaria, che abbia chiesto e ottenuto garanzia dal contribuente in base all'art. 38-bis, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, non può fare uso, durante il periodo di vigenza di detta garanzia, degli strumenti cautelari, rispetto ad essa alternativi, previsti dagli artt. 23, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997 e 69, r.d. n. 2440/1923;

Nel caso in cui un atto di irrogazione delle sanzioni sia stato annullato in tutto o in parte con sentenza anche non definitiva cessa di avere efficacia il provvedimento di sospensione del pagamento del credito vantato dall'autore della violazione o dai soggetti obbligati in solido nei confronti dell'Amministrazione finanziaria emesso ai sensi dell'art. 23, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997.


In applicazione di detti principi di diritto il Collegio ha rigettato il ricorso dell'Amministrazione finanziaria contro la pronuncia con la quale la Commissione Tributaria Regionale annullava il provvedimento di sospensione ex art. 23, comma 2, D.lgs. n. 472/1997 emesso – fino alla definizione del contenzioso relativo ad altro tributo – con riferimento a un rimborso di un credito IVA con fideiussione ex art. 38-bis, d.P.R. n. 633/1972.

Le norme oggetto di interpretazione. In base al testo applicabile ratione temporis dell'art. 38-bis, d.P.R. n. 633/1972, «1. I rimborsi previsti nell'art. 30 sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione prestando, contestualmente all'esecuzione del rimborso e per una durata pari a tre anni dallo stesso, ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell'accertamento, cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa, ovvero fideiussione rilasciata da un'azienda o istituto di credito, comprese le casse rurali e artigiane indicate nel primo comma dell'articolo 38, o da una impresa commerciale che a giudizio dell'Amministrazione finanziaria offra adeguate garanzie di solvibilità o mediante polizza fideiussoria rilasciata da un istituto o impresa di assicurazione. […] 3. Quando sia stato constatato nel relativo periodo di imposta uno dei reati di cui all'articolo 4, primo comma, n. 5), del decreto legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, l'esecuzione dei rimborsi prevista nei commi precedenti è sospesa, fino a concorrenza dell'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto indicata nelle fatture o in altri documenti illecitamente emessi od utilizzati, fino alla definizione del relativo procedimento penale. […] 6. Se successivamente al rimborso o alla compensazione viene notificato avviso di rettifica o accertamento il contribuente, entro sessanta giorni, deve versare all'ufficio le somme che in base all'avviso stesso risultano indebitamente rimborsate o compensate, insieme con gli interessi del 2 per cento annuo dalla data del rimborso o della compensazione, a meno che non presti la garanzia prevista nel secondo comma fino a quando l'accertamento sia divenuto definitivo».
A sua volta l'art. 23, D.lgs. n. 472/1997 dispone quanto segue: «1. Nei casi in cui l'autore della violazione o i soggetti obbligati in solido, vantano un credito nei confronti dell'amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi. La sospensione opera nei limiti di tutti gli importi dovuti in base all'atto o alla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo. 2. In presenza di provvedimento definitivo, l'ufficio competente per il rimborso pronuncia la compensazione del debito [...]».
Infine l'art. 69, comma 6, r.d. n. 2440/1923 così statuisce: «Qualora un'amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo».

I quesiti posti dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione. Con ordinanza interlocutoria n. 16567/19, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, rilevata l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in merito al rapporto tra le norme in materia di istanza di rimborso di crediti IVA, ha formulato due quesiti:

  1. se, in caso di richiesta di rimborso di un credito IVA, l'Amministrazione finanziaria che abbia chiesto e ottenuto fideiussione dalla contribuente ex art. 38-bis, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, possa fare uso dello strumento cautelare ex art. 23, comma 1, d.lgs. n. 472/1997, ovvero anche di quello previsto dall'art. 69, r.d. n. 2440/1923, ove contesti al creditore un controcredito derivante dall'irrogazione di sanzioni, nella specie conseguenti ad imposte non armonizzate;
  2. se l'art. 23, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997 trovi applicazione in caso di atto di irrogazione delle sanzioni annullato non definitivamente.

Il contrasto tra i precedenti nella giurisprudenza di legittimità. In via preliminare il Collegio rileva che la disciplina di cui all'art. 23 D.Lgs. n. 472/1997 costituisce una “declinazione specifica”, in materia tributaria, del potere discrezionale di autotutela della Pubblica Amministrazione in tema di fermo amministrativo ex art. 69, r.d. n. 2440/1923.
Quanto al primo quesito, le Sezioni Unite osservano che, secondo un primo orientamento, in caso di richiesta di rimborso dell'eccedenza IVA ex art. 38-bis, d.P.R. n. 633/1972, è preclusa al Fisco l'applicazione di misure cautelari (Cass. nn. 10199/2013, 7952/2004, 27265/2006, 15424/2009, 27784/2018, 2786/2018, 28739/2018 e 2893/2019). In base a un secondo indirizzo, in caso di istanza di rimborso dell'eccedenza IVA la disciplina di cui all'art. 38-bis, d.P.R. n. 633/1972 non è esaustiva e non preclude al Fisco l'applicazione di misure cautelari (Cass. nn. 4567 del 2004, 9863 del 2011, 4505 del 20129246 del 2013, 73200 del 2014, 5139 del 2016, 25893 del 2017 e 4038 del 2019). Inoltre in alcuni casi la Suprema Corte ha statuito che l'art. 23, D.lgs. n. 472 del 1997 ha implicitamente abrogato l'art. 38-bis, d.P.R. n. 633/1972 (Cass. nn. 16535 del 2020, 7630 del 2013, 19755 del 2013).
Quanto al secondo quesito, talvolta la Suprema Corte ha affermato l'operatività della sospensione ex art. 23 D.Lgs. n. 472/1997 fino al sopraggiungere di una pronuncia passata in giudicato (Cass. n. 16535 del 2010), talaltra l'ha esclusa (Cass. n. 2893 del 2019).

La motivazione della sentenza richiama il principio di collaborazione e buona fede tra Amministrazione finanziaria e contribuente. Quanto al primo quesito, dopo aver escluso che le disposizioni in materia di IVA si pongano in rapporto di specialità rispetto alle altre, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione affermano che, anche in tale specifico ambito, l'Amministrazione finanziaria può avvalersi del potere di sospensione del pagamento ex artt. 23, D.lgs. n. 472/1997 e 69, r.d. n. 2440/1923, «a salvaguardia dell'eventuale compensazione legale del credito che l'Erario abbia o pretenda di avere con quello del contribuente suo creditore, istituti di cui va […] riaffermata la portata generale, […] in quanto essi mirano a garantire la certezza dei rapporti patrimoniali tra i cittadini e lo Stato, mediante la concorrente estinzione delle poste reciproche, attive e passive».


Il Collegio esclude la possibilità di cumulo delle garanzie, giacché l'Amministrazione finanziaria non può cautelarsi due volte in riferimento allo stesso credito, anche se si perseguono finalità diverse: «tale duplice cautela risulta, da una parte, ingiustificata per l'Erario, che può rivalersi sulla garanzia già prestata e a sua disposizione, ed implica, dall'altra, un carico eccessivo per il contribuente, che, oltre all'onere della prestazione della garanzia, vede il medesimo suo credito sottoposto a fermo». Diversamente opinando sarebbe leso il principio di collaborazione e buona fede tra Amministrazione finanziaria e contribuente, diretto corollario del principio di solidarietà economica e sociale ex art. 2 Cost..
Quanto al secondo quesito, il Collegio valorizza la littera legis dell'art. 23 D.lgs. n. 472/1997, secondo cui la sospensione del pagamento «opera nei limiti della somma risultante dall'atto o dalla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo».