Notifica di intimazione di sfratto ad associazione non riconosciuta

Sergio Matteini Chiari
06 Febbraio 2020

La questione giuridica sottoposta alla Suprema Corte nella pronuncia in esame è stata quella di stabilire se dovesse ritenersi conforme al rito la notificazione dell'intimazione di sfratto (con citazione per convalida) ad un'associazione non riconosciuta a mani del legale rappresentante della medesima senza spedizione dell'avviso ai sensi dell'art. 660, ultimo comma, c.p.c.
Massima

Nel caso di notificazione dell'intimazione di sfratto a un'associazione non riconosciuta a mani del legale rappresentante non è necessaria la spedizione dell'avviso ai sensi dell'art. 660, ultimo comma, c.p.c., dovendo applicarsi analogicamente la disciplina della notificazione alle persone giuridiche e, quindi, il principio secondo il quale, ove tale intimazione sia consegnata a uno dei soggetti indicati dall'art. 145, comma 1, c.p.c., il predetto adempimento non deve essere compiuto, poiché esso riguarda l'ipotesi di notifica non a mani proprie del soggetto intimato, configurabile ex art. 138 c.p.c. soltanto in relazione alle persone fisiche.

Il caso

AAA, proprietaria di un immobile dato in comodato all'Associazione Sportiva Dilettantistica BBB, intimava alla comodataria sfratto per morosità, contestualmente citandola per la convalida.

L'Associazione intimata resisteva.

II Tribunale adito dichiarava la risoluzione del contratto e condannava l'intimata al risarcimento del danno in favore degli eredi di AAA (nel frattempo deceduta).

L'Associazione BBB proponeva gravame e la Corte di merito adita confermava la pronuncia di risoluzione del contratto e, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava l'insussistenza di alcun diritto degli eredi di AAA al chiesto risarcimento dei danni.

A fondamento della decisione assunta, la Corte, per ciò che interessa in questa sede, confermava l'infondatezza delle eccezioni di carattere pregiudiziale e preliminare sollevate dall'Associazione BBB, tanto in relazione alla nullità del giudizio (asseritamente per l'invalido compimento, ad opera di controparte, degli atti della fase introduttiva, giusta notificazione dell'intimazione di sfratto per morosità e della contestuale citazione per la convalida dopo il decesso della parte sostanziale), quanto in relazione alla ritualità del mutamento di domanda (da risoluzione di un contratto di locazione a risoluzione di un contratto di comodato) avvenuto con memoria ex art. 426 c.p.c.

Avverso tale pronuncia l'Associazione proponeva ricorso per cassazione. Gli intimati resistevano con controricorso.

La questione

La questione giuridica sottoposta alla Corte Suprema di cassazione, che interessa in questa sede, è stata quella di stabilire se dovesse ritenersi conforme al rito la notificazione dell'intimazione di sfratto (con citazione per convalida) ad un'associazione non riconosciuta a mani del legale rappresentante della medesima senza spedizione dell'avviso ai sensi dell'art. 660, ultimo comma, c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

A parere dell'Associazione ricorrente, la Corte di merito avrebbe erroneamente omesso di rilevare la nullità degli atti del giudizio di primo grado «per essere stato introdotto a seguito del decesso della parte attrice» (proposizione tratta dalla sentenza in commento), per il mancato rilievo dell'intervenuta estinzione del mandato rilasciato dall'intimante AAA a persona che in corso di causa sarebbe divenuta sua erede, ai fini della proposizione del giudizio, nonché di quello rilasciato dalla mandataria al relativo difensore, in ragione del fatto che il decesso di AAA doveva ritenersi avvenuto prima del perfezionamento (mediante spedizione di avviso all'intimata ex art. 660, comma 7, c.p.c.) della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio.

La Corte Suprema ha rilevato che, stando agli atti di causa, l'intimazione di sfratto per morosità e la contestuale citazione per convalida erano state notificate a mani proprie del legale rappresentante dell'associazione in data precedente al decesso dell'intimante, dovendosi, pertanto, ritenere la notificazione correttamente perfezionata prima di tale, stante l'irrilevanza della mancata successiva spedizione dell'avviso ex art. 660, comma 7, c.p.c.

Ciò sul rilievo che alle associazioni non riconosciute debbono applicarsi, per analogia, le medesime norme processuali vigenti in tema di notificazione alle persone giuridiche; trovando, conseguentemente, applicazione, nel caso di specie, il principio, sancito dalla giurisprudenza della S.C., secondo cui, nell'ipotesi di notificazione dell'intimazione di sfratto a una persona giuridica mediante consegna di copia dell'atto ad uno dei soggetti indicati dall'art. 145, comma 1, c.p.c., non è necessaria la spedizione dell'avviso all'ente intimato prevista dall'ultimo comma dell'art. 660 dello stesso codice, atteso che tale adempimento è previsto solo in caso di notifica non a mani proprie del soggetto intimato, ipotesi non configurabile nel caso di notifica a persona giuridica, in quanto l'art. 138 c.p.c. prevede la «notificazione a mani proprie» solo in relazione a persone fisiche.

Né risultava ipotizzabile alcuna nullità per mancata osservanza dei disposti dell'art. 299 c.p.c., giacché il giudizio risultava essere proseguito regolarmente dopo il decesso dell'intimante, mediante la costituzione in giudizio degli eredi.

Osservazioni

i) Ai sensi dell'art. 660, comma 7, c.p.c. qualora l'intimazione di sfratto non sia stata notificata in mani proprie, l'ufficiale giudiziario deve dare corso ad un ulteriore adempimento, deve, cioè, spedire avviso all'intimato dell'effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata, e allegare all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione.

Mediante tale previsione, si mira ad assicurare, nella maggiore misura possibile, che il conduttore abbia effettiva conoscenza dell'intimazione rivoltagli, in considerazione della gravità degli effetti (convalida dello sfratto – art. 660, comma 3, c.p.c.) che nel procedimento speciale in questione derivano dalla mancata comparizione o dalla mancata opposizione dell'intimato (Cass. civ., sez. III, 11 aprile 1997, n. 3171; Cass. civ., sez. III, 15 giugno 2004, n. 11289).

A parere dell'Associazione ricorrente, la notifica dell'intimazione e della citazione per convalida si sarebbe dovuta ritenere non perfezionata, in difetto della spedizione del suddetto avviso.

A tale assunto, come già sancito dalla sentenza in commento, non può essere concesso alcun pregio.

Ed invero, la notifica «a mani proprie» è, all'evidenza, configurabile unicamente nei casi di notifica a persone fisiche (Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2002, n. 11702).

L'adempimento previsto dall'art. 660, comma 7, c.p.c. non era, pertanto, in alcun modo necessario.

Ai fini del perfezionamento della notifica dell'intimazione di sfratto con contestuale citazione per la convalida si sarebbero dovute, osservare, come in concreto avvenuto (consegna dell'atto a mani del legale rappresentante dell'Associazione), le forme previste dall'art. 145, comma 2, c.p.c.

Ai sensi di tale disposizione, la notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute ed ai comitati di cui agli artt. 36 e ss. c.c. deve essere fatta, con le stesse modalità stabilite dal precedente comma per la notificazione alle persone giuridiche, vale a dire nella loro sede (indicata nell'art. 19, comma 2, c.p.c.), mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa oppure al portiere dello stabile oppure, in alternativa, alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale.

ii) Va rammentato che è consolidato il pensiero secondo cui il suddetto adempimento (spedizione dell'avviso ai sensi dell'art. 660, comma 7, c.p.c.), essendo escluso nel solo caso di notifica a mani proprie dell'intimato, deve essere compiuto in tutte le restanti ipotesi, ivi compresa quella di notificazione a mezzo posta, ancorché l'agente postale, non avendo rinvenuto in loco il destinatario, abbia rilasciato a costui l'avviso previsto dall'art. 8, della legge n. 890/1982, che non equivale all'ulteriore invio della raccomandata prescritta dall'ultimo comma dell'art. 660, la cui omissione costituisce valido motivo di opposizione tardiva nei sensi del successivo art. 668 (Cass. civ., sez. III, 11 aprile 1997, n. 3171; Cass. civ., sez. III, 15 giugno 2004, n. 11289 e, nello stesso senso, in un caso di piego consegnato dall'agente postale a «persona abilitata», Cass. civ., sez. VI, 9 novembre 2017, n. 26539).

Va, tuttavia, segnalato che in sede di merito, con riguardo a notifiche eseguite a mezzo posta elettronica certificata, è stato affermato che le stesse sono assimilabili alla notificazione a mani proprie, con produzione di effetti a questa equipollenti (Trib. Roma, sez. VI, 13 marzo 2018), nonché, con riguardo di intimazione di sfratto via PEC ad una società, che l'omissione della spedizione dell'avviso di cui all'art. 660, comma 7, c.p.c. non possa configurare un'irregolarità legittimante il ricorso all'opposizione tardiva tutte le volte in cui si dia l'evidenza, anche mediante il ricorso a presunzioni, che l'accesso alla casella elettronica del destinatario era prerogativa esclusiva del rappresentante legale o di persona appositamente deputata (Trib. Palermo, sez. II, 28 maggio 2018, in www.Ilprocessocivile.it).

iii) Va, infine, posto in evidenza, con riguardo all'annotazione della Suprema Corte relativa alla non ipotizzabilità di alcuna nullità per mancata osservanza dei disposti dell'art. 299 c.p.c. (ultimo periodo del precedente paragrafo), che deve ritenersi consolidato il principio secondo cui le norme che disciplinano l'interruzione del processo sono preordinate alla tutela della parte colpita dal relativo evento, la quale è l'unica legittimata a dolersi dell'irrituale continuazione del processo nonostante il verificarsi della causa interruttiva; conseguendone che la mancata interruzione del processo non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, né essere eccepita dall'altra parte come motivo di nullità (Cass. civ., sez. I, 19 agosto 2016, n. 17199; Cass. civ., sez. II, 22 marzo 2017, n. 7316).

La relativa eccezione, peraltro infondata, non poteva essere, pertanto, sollevata dall'Associazione ricorrente.

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