Atti osceni in condominio: il singolo condomino può presentare la querela per violazione di domicilio rispetto alle parti comuni dell'edificio

Redazione scientifica
07 Febbraio 2020

Anche il singolo condomino e non solo l'amministratore può presentare la querela per violazione di domicilio rispetto alle parti comuni dell'edificio. Il proprietario esclusivo deve infatti ritenersi titolare di una legittimazione concorrente o eventualmente surrogatoria rispetto all'organo di gestione se l'imputato si introduce nell'androne del palazzo salendo poi le scale contro la volontà del soggetto che dispone del diritto.

Il GUP aveva assolto l'imputato dai reati di cui ai capi A) e B), riqualificati ai sensi dell'art. 527 c.p.p., perché il fatto non era previsto dalla legge come reato; tuttavia, lo aveva condannato alla pena di anni uno di reclusione, oltre al risarcimento dei danni alla parte civile per atti osceni previsti dall'art. 527 c.p., comma 2 (capo E). In particolare, da quanto appreso in sentenza, l'uomo si era introdotto nell'androne del palazzo e, in ascensore, aveva mostrato i genitali alla vittima condomina del predetto fabbricato. Secondo l'imputato, tuttavia, l'azione non poteva essere iniziata o proseguita in assenza di querela del condominio: nel caso di pertinenza condominiale, la querela doveva essere proposta non solo dalla vittima ma anche dal condominio. La Corte d'appello, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell'udienza preliminare, ha condannato l'imputato anche per il reato di violenza privata, di cui all'art. 610 c.p. e, ritenuta la continuazione con gli altri fatti, ha rideterminato la pena in anni 1 e mesi 2 di reclusione, oltre spese a favore della parte civile. Avverso tal pronuncia, Tizio ha proposto ricorso in Cassazione eccependo, tra le varie censure, la violazione di domicilio; in particolare, secondo il ricorrente, si trattava di violazione semplice, qualificabile ai sensi dell'art. 614, comma 1, c.p. siccome non commessa con violenza sulle cose o sulle persone.

Nel giudizio di legittimità, la S.C. ha precisato che la legittimazione a tutelare la proprietà privata appartiene al singolo condomino e soltanto in via eccezionale all'amministratore, quando c'è l'unanime richiesta dei condomini che gli conferiscono l'incarico ad hoc. Pertanto, non vi è alcun motivo ostativo alla tutela del singolo condomino in sede penale rispetto al reato di violazione di domicilio allorché, come nella specie, l'imputato si sia introdotto, contro la volontà del soggetto che disponeva del diritto, nel fabbricato, occupando l'androne condominiale e le scale. Egli era infatti certamente titolare del diritto e come tale aveva una legittimazione, quanto meno concorrente con quella dell'amministratore, o eventualmente surrogatoria, a presentare la querela. Per le suesposte ragioni, sono state rigettate le doglianze sulla violazione di domicilio da parte del ricorrente; tuttavia, in merito alle questioni prettamente di natura penale, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B) perché non previsto dalla legge come reato ed ha eliminato la relativa pena di mesi due di reclusione.

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