Quando il mancato rilascio della fideiussione determina la nullità del preliminare di immobile da costruire

07 Febbraio 2020

La proposizione della domanda di nullità del contratto preliminare per mancanza della garanzia accessoria ex art. 2 D.Lgs. n. 122/2005, una volta che sia stata rilasciata la garanzia prescritta per legge in data successiva alla stipula del preliminare e senza che nelle more si sia manifestata l'insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l'interesse del promissario acquirente alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame, costituisce abuso del diritto e non può quindi essere accolta.
Massima

La proposizione della domanda di nullità del contratto preliminare per mancanza della garanzia accessoria ex art. 2 D.Lgs. n. 122/2005, una volta che sia stata rilasciata la garanzia prescritta per legge in data successiva alla stipula del preliminare e senza che nelle more si sia manifestata l'insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l'interesse del promissario acquirente alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame, costituisce abuso del diritto e non può quindi essere accolta.

Il caso

Il promissario acquirente di un immobile da costruire agiva in giudizio lamentando che la fideiussione prescritta dal D.Lgs. n. 122/2005 fosse stata rilasciata in data successiva alla conclusione del preliminare e per un importo inferiore al prezzo riscosso dal venditore.

Il tribunale adito, accogliendo la domanda, dichiarava nullo il preliminare concluso il 28 febbraio 2009 e i due contratti a esso collegati (un precedente preliminare di permuta di terreno contro immobile da costruire concluso il 5 aprile 2006 e la compravendita del terreno su cui l'immobile sarebbe dovuto sorgere stipulata il 6 aprile 2009).

La sentenza veniva parzialmente riformata in appello: i giudici di seconde cure ritenevano, in particolare, che la nullità del preliminare scaturente dal tardivo rilascio della fideiussione non potesse comunicarsi agli altri due contratti, vuoi perché la permuta era stata conclusa allorché non era stato ancora richiesto il permesso di costruire (difettando, quindi, il requisito legale di applicabilità del D.Lgs. n. 122/2005), vuoi perché la successiva compravendita del terreno costituiva contratto perfetto in tutti i suoi elementi.

Il promissario acquirente proponeva quindi ricorso per cassazione, dolendosi del fatto che la corte di appello, pur avendo ravvisato il collegamento negoziale tra i tre contratti, aveva nondimeno escluso che la nullità del preliminare potesse estendersi agli altri negozi; la società costruttrice, con ricorso incidentale, contestava invece l'applicabilità, nel caso di specie, della disciplina di cui al D.Lgs. n. 122/2005 e, con il terzo motivo, addebitava ai giudici di seconde cure di avere erroneamente escluso la sanatoria della nullità comminata dall'art. 2 D.Lgs. n. 122/2005 a fronte del rilascio (seppure tardivo) della fideiussione e della conseguente rimozione della situazione di fatto incidente sull'invalida formazione del contratto.

La questione

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondate le censure proposte con il ricorso incidentale e ha cassato la sentenza d'appello, affermando il principio di diritto riportato in massima.

I giudici di legittimità hanno affermato che l'azione di nullità proposta dal promissario acquirente integrava un abuso del diritto, nel momento in cui l'interesse protetto dalla norma (la ricostituzione di una posizione di equilibrio tra i contraenti) non potesse comunque reputarsi leso: nel caso di specie, la fideiussione era sì stata rilasciata dopo la conclusione del preliminare (in violazione di quanto prescritto dalla legge), ma, poiché nelle more non si era verificata la situazione di crisi del costruttore (i cui effetti pregiudizievoli in danno del promissario acquirente la garanzia mira a sterilizzare), invocare la nullità di protezione prevista dall'art. 2 D.lgs. n. 122/2005 integrava un utilizzo strumentale e distorto del mezzo di tutela approntato dalla legge.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione torna a occuparsi della fideiussione disciplinata dall'art. 2 D.lgs. n. 122/2005; questa volta i giudici di legittimità hanno affermato che il ritardo nel suo rilascio da parte del costruttore (ossia l'assenza di contestualità con la conclusione del preliminare avente per oggetto un immobile da costruire) non può essere sempre e comunque sanzionato con la nullità del contratto, laddove non vi sia stata un'effettiva lesione dell'interesse tutelato dalla norma.

Per quanto, infatti, il rilascio successivo alla conclusione del preliminare integri violazione della previsione dettata dall'art. 2 D.Lgs. n. 122/2005, la particolare natura della nullità contemplata dalla norma ha indotto la Suprema Corte ad approfondirne il meccanismo di operatività, analogamente a quanto avvenuto in altri settori del diritto nei quali il legislatore ha pure introdotto ipotesi di nullità di protezione.

Anche l'art. 2 D.Lgs. n. 122/2005, infatti, configura una fattispecie di nullità relativa, invocabile solo da parte del promissario acquirente e finalizzata a tutelare il suo interesse a recuperare le somme versate al costruttore nel caso in cui la situazione di crisi in cui incorresse quest'ultimo impedisse il perfezionamento dell'operazione negoziale (ovvero l'acquisto della proprietà dell'immobile da parte dell'acquirente).

Nella sentenza si precisa, quindi, che tale nullità rappresenta “una forma “forte” di controllo sulla regolarità dell'operazione nel suo complesso … nell'ambito di fattispecie negoziali con riguardo alle quali la legge ritiene che la disparità tra le parti sia tale da impedire a una di esse l'effettivo esercizio della sua autonomia contrattuale”, ma, nel contempo, mira anche ad assicurare la protezione di interessi generali, di rilevanza costituzionale, quali il corretto funzionamento del mercato e l'uguaglianza quantomeno formale tra contraenti forti e deboli, visto che lo squilibrio contrattuale influisce anche sulle dinamiche concorrenziali tra le imprese.

In quest'ottica, la nullità di protezione o relativa (caratterizzata dal fatto che può essere fatta valere solo da uno dei contraenti, ossia quello a tutela del quale è prevista) non può essere assimilata all'annullabilità, discendendone l'impossibilità, per esempio, di invocare l'istituto della convalida disciplinata dall'art. 1444 c.c. ai fini del recupero del negozio invalido. Tra l'altro, nel caso esaminato dalla sentenza che si annota, il rilascio successivo della fideiussione da parte del promittente venditore non poteva comunque integrare una convalida, che presuppone un comportamento posto in essere dal soggetto a favore del quale è concessa l'azione di annullamento e non da quello costretto a subirla.

A differenziare la nullità di protezione dall'annullabilità contribuisce anche la sua rilevabilità officiosa, che, come affermato da Cass. civ., sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242, si estende a tutte le nullità negoziali e, dunque, pure a quelle di protezione, che rappresentano una species del più ampio genus costituito dalle prime.

La nullità di protezione configura pur sempre, dunque, un'ipotesi di nullità, come tale regolata, in assenza di una normativa specifica (che il D.Lgs. 122/2005 non detta), dalle previsioni generali, ivi compresa quella recata dall'art. 1423 c.c., che disciplina la convalida o la conferma del contratto nullo, limitandola ai soli casi espressamente previsti dalla legge. Anche in questi casi, peraltro, la disponibilità del diritto di fare valere la nullità va riconosciuta solo ai soggetti a favore dei quali è prevista la tutela legale, sicché non rileva la volontà o la condotta dell'altro contraente successive al verificarsi della nullità (nello specifico, il rilascio della fideiussione da parte del costruttore dopo la conclusione del preliminare, anziché contestualmente a essa).

La Corte di cassazione esclude anche che, ai fini dell'applicazione dell'art. 1423 c.c., potessero assumere rilievo, da un lato, il fatto che il preliminare prevedeva espressamente che la garanzia venisse rilasciata dopo la conclusione del contratto (trattandosi nella sostanza di una non consentita rinuncia preventiva alla nullità) e, dall'altro lato, il fatto che la fideiussione era stata comunque accettata dal promissario acquirente (ma su questo secondo aspetto, senz'altro più significativo del primo, la pronuncia non prende apertamente posizione, in quanto non emergente dalla sentenza impugnata e, quindi, non suscettibile di accertamento nel giudizio di legittimità).

Sulla scorta di ciò, è stata esclusa la possibilità di ravvisare una qualsivoglia forma di convalida o sanatoria nella fattispecie sottoposta a giudizio.

Nondimeno, la Corte si è interrogata sulla persistenza di una legittimazione del promissario acquirente a chiedere l'accertamento della nullità del contratto, in assenza della compromissione dell'interesse protetto dalla norma: più precisamente, non essendosi manifestata l'insolvenza del venditore nel lasso di tempo trascorso tra la conclusione del preliminare e il successivo rilascio della fideiussione e non avendo l'acquirente manifestato, in tale arco temporale, l'intento di invocare l'invalidità del contratto, i giudici di legittimità si sono domandati se, a fronte del successivo rilascio della fideiussione ed essendo stata così assicurata – sia pure tardivamente – la tutela dell'interesse della parte debole del rapporto, fosse comunque consentito a quest'ultima agire per fare accertare la nullità comminata dall'art. 2 D.Lgs. n. 122/2005.

Sebbene l'azione di nullità sia imprescrittibile e non sia esplicitamente prevista alcuna preclusione al suo esperimento, da parte dell'acquirente, successivamente all'acquisto della proprietà dell'immobile promesso in vendita, la Corte di cassazione ha ritenuto che all'ammissibilità di tale azione osti comunque il soddisfacimento dell'interesse del contraente debole protetto dalla norma e l'impossibilità, quindi, che possa ancora essere messo in pericolo.

Una tale inammissibilità può costituire il portato di una sostanziale carenza di interesse ad agire dell'acquirente (ma, nel caso specifico, un interesse sussisteva pur sempre, giacché il promissario acquirente mirava – in virtù del collegamento negoziale ravvisato tra i tre contratti – a estendere l'invalidità del preliminare anche agli altri due e a recuperare, così, la proprietà del terreno su cui avrebbe dovuto sorgere l'immobile e trasferito al costruttore con il successivo contratto di compravendita del 6 aprile 2009), o, piuttosto, di un esercizio abusivo del diritto, opportunisticamente piegato all'ottenimento di uno scopo diverso da quello protetto dal legislatore.

In virtù dell'obbligo generale di correttezza e buona fede oggettiva, che costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione del principio di solidarietà sociale avente rilievo costituzionale, il titolare del diritto, pur in assenza di divieti formali, non può esercitarlo con modalità che si pongano in contrasto con tale obbligo, causando uno sproporzionato e ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, al solo ed evidente scopo di conseguire risultati ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà sono stati attribuiti dalla legge.

In considerazione di ciò, la sentenza in commento ha ritenuto abusiva la condotta del promissario acquirente, che aveva invocato la nullità del preliminare in presenza di una violazione formale (il rilascio della fideiussione solo dopo la conclusione del contratto), che, tuttavia, non aveva prodotto alcun effetto pregiudizievole nei suoi confronti, non essendosi medio tempore verificata una situazione di crisi del costruttore e non essendo, quindi, stata messa concretamente in pericolo la possibilità dell'acquirente di ripetere gli acconti eventualmente versati al costruttore.

Di qui, il principio di diritto riportato in massima, secondo cui non può essere accolta, in quanto abusiva, la domanda di nullità del contratto preliminare per tardivo rilascio della garanzia fideiussoria prevista dall'art. 2 D.Lgs. n. 122/2005 quando, nelle more, non si sia manifestata l'insolvenza del promittente venditore, ovvero quando non risulti altrimenti pregiudicato l'interesse del promissario acquirente.

Osservazioni

La sentenza in esame contribuisce a definire ulteriormente il perimetro delle tutele introdotte dal D.Lgs. n. 122/2005 a favore dell'acquirente di immobili da costruire, facendo seguito ad altre pronunce che già lo avevano delimitato e circoscritto: si ricorderà, infatti, che la pronuncia della Corte di Cassazione n. 5749 del 10 marzo 2011 aveva escluso che fossero riconducibili nell'ambito di applicazione del d.lgs. 122/2005 i contratti aventi per oggetto immobili da costruire per i quali non fosse ancora stata presentata domanda volta al rilascio del permesso di costruire, mentre la più recente sentenza n. 21792 del 29 agosto 2019 ha escluso la possibilità di escutere la fideiussione prevista dall'art. 2 quando il contratto preliminare sia stato risolto prima del verificarsi della situazione di crisi del costruttore.

La pronuncia si inserisce, altresì, nel novero di quelle che hanno decisamente contingentato il regime di operatività delle nullità di protezione, al fine di evitarne utilizzi strumentali: il riferimento è, da ultimo, a Cass. civ., sez. un., 4 novembre 2019, n. 28314, che, in materia di intermediazione finanziaria, ha prospettato come potenzialmente abusiva la condotta dell'investitore che faccia un uso selettivo dell'azione di nullità con riguardo al contratto quadro di investimento, invocandone la nullità ai sensi dell'art. 23 D.Lgs. n. 58/1998 ma circoscrivendone gli effetti solo ad alcune delle operazioni poste in essere in esecuzione del rapporto (sempre in tema di contratti bancari, si veda anche Cass. civ., sez. I, 29 novembre 2018, n. 30885, secondo cui la mancata sottoscrizione del contratto da parte dell'istituto di credito non legittima il cliente a invocarne la nullità ai sensi dell'art. 117 D.Lgs. n. 385/1993, giacché il requisito formale va inteso in senso funzionale – essendo posto a garanzia della più ampia conoscenza, da parte del cliente, del regolamento negoziale predisposto dalla banca – e deve reputarsi integrato laddove il contratto sia stato redatto per iscritto, ne sia stata consegnata una copia al cliente, vi sia la sottoscrizione di quest'ultimo e il consenso della banca sia desumibile da fatti concludenti).

Con lo stesso spirito pragmatico, la Corte di Cassazione, con la sentenza annotata, ha affermato l'inammissibilità dell'azione del promissario acquirente che chieda di accertare l'invalidità del preliminare per essere stata rilasciata la fideiussione solo successivamente alla sua conclusione, quando non è concretamente ravvisabile alcun pregiudizio effettivo al suo interesse a vedersi garantita la restituzione degli acconti versati al costruttore nel caso in cui la situazione di crisi di quest'ultimo impedisca il trasferimento della proprietà dell'immobile promesso in vendita.

La soluzione proposta dai giudici di legittimità, senza dubbio apprezzabile perché improntata al principio dell'effettività della tutela apprestata dal legislatore, presta nondimeno il fianco ad alcune perplessità.

Seguendo il ragionamento esposto nella sentenza, si dovrebbe pervenire alla medesima conclusione anche laddove la fideiussione non sia stata affatto rilasciata e la nullità del preliminare venga invocata dal promissario acquirente a ridosso della stipula del contratto definitivo senza che il costruttore sia incorso in una situazione di crisi: anche in questo caso, infatti, non vi è stata, di fatto, alcuna concreta ed effettiva lesione dell'interesse tutelato dalla norma, perché il risultato dell'operazione negoziale (l'acquisto della proprietà dell'immobile da parte dell'acquirente) è certamente conseguibile.

Da un lato, ci troveremmo in presenza di una violazione senz'altro più grave del semplice ritardo nel rilascio della fideiussione, ma, dall'altro lato, sarebbe ancora più evidente la condotta opportunistica (e dunque abusiva) del promissario acquirente, giacché quest'ultimo mirerebbe a sciogliersi dal contratto, evidentemente reputato non più conveniente, proprio quando è giunto il momento di darvi esecuzione e nulla vi osti.

Inoltre, se nell'ottica dell'accoglimento o del rigetto dell'azione di nullità proposta dal promissario acquirente bisogna verificare la ricorrenza o meno di una condotta abusiva di quest'ultimo, c'è il rischio di dare la stura a comportamenti che potrebbero avere quale effetto lo snaturamento delle garanzie e delle tutele apprestate dal D.Lgs. n. 122/2005: financo la rinuncia preventiva al rilascio della fideiussione cui abbia fatto da contraltare uno sconto sul prezzo di acquisto dell'immobile da costruire, per quanto inefficace, potrebbe infatti essere considerata elemento propositivo dell'abusività della successiva iniziativa del promissario acquirente diretta a fare accertare la nullità del preliminare, in considerazione del divieto di venire contra factum proprium.

A tutto ciò va aggiunto anche che, a seguito delle recenti modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 14/2019, il contenuto standard della fideiussione dovrà essere individuato con apposito decreto ministeriale, per cui bisognerà vedere se e in che modo eventuali disallineamenti da tale modello saranno passibili di sanzione, sempre nell'ottica di evitare azioni strumentali o abusive.

Non resta, quindi, che attendere di verificare in che modo verrà declinato il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione: sarebbe davvero paradossale che, per evitare un abuso, ne venissero indirettamente legittimati altri.

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