La sospensione soggettiva parziale o impropria

10 Febbraio 2020

Il presente scritto si propone di esaminare, alla luce della recente giurisprudenza di merito e di legittimità edita sul punto, il problema delle conseguenze che il provvedimento di sospensione dell'esecuzione adottato nei confronti di uno solo dei creditori della procedura esecutiva è in grado di produrre su quest'ultima.
Premessa. La latitudine soggettiva della sospensione dell'esecuzione

Come è noto, la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, laddove il provvedimento sospensivo reso dal giudice dell'impugnazione (o dal giudice della opposizione a precetto) sopravvenga rispetto all'inizio dell'esecuzione, comporta ordinariamente la sospensione dell'esecuzione ai sensi dell'art. 623 c.p.c., al pari di quanto accade ai sensi dell'art. 624 c.p.c. in pendenza di un'opposizione esecutiva.

Questo dato, ovvio laddove la procedura esecutiva riguardi un solo creditore, ossia il creditore procedente che abbia richiesto ed ottenuto il pignoramento, apre a questioni più complesse laddove nella procedura esecutiva siano presenti una pluralità di creditori; potrebbe, difatti, accadere che ad essere sospeso sia solo uno dei titoli posti a base della procedura.

Secondo autorevole dottrina, il provvedimento di sospensione emesso nell'ambito dell'opposizione all'esecuzione proposta contro il creditore procedente sarebbe efficace anche nei confronti dei creditori intervenuti e ciò sebbene questi ultimi non siano parti del giudizio di opposizione. Partendo dal presupposto che «la sentenza che, accogliendo l'opposizione, invalidi il pignoramento, è sempre efficace, di riflesso, anche nei confronti dei creditori intervenuti» e che il provvedimento sospensivo «tende a garantire anticipatamente l'efficacia di una eventuale sentenza di accoglimento dell'opposizione all'esecuzione», quest'indirizzo afferma che la sospensione opera «nei confronti di quei medesimi soggetti, che per effetto della sentenza stessa non potrebbero ulteriormente esercitare la loro azione esecutiva nell'ambito del processo iniziatosi col pignoramento, invalidato dall'opposizione del debitore» (Garbagnati, Il concorso dei creditori nel processo di espropriazione, Milano, 1959, 56-58; analogamente già Andrioli, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957, 387).

Questa risalente tesi, seppur autorevolmente sostenuta, non pare più condivisibile.

È stato giustamente osservato che la sentenza di accoglimento dell'opposizione è in grado di produrre «effetti nei confronti dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo nelle sole ipotesi in cui si constati un vizio che sia anche a questi imputabile e quindi esclusivamente un vizio del processo esecutivo e non invece un vizio riguardante i presupposti della (o gli atti prodromici alla) azione esecutiva» (Petrillo,Sui poteri processuali dei creditori intervenuti, muniti di titolo esecutivo, in caso di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo del procedente. Sui poteri di sospensione del G.E. e sui possibili rimedi, REF, 2007, 548 ss.).

Inoltre, come è stato affermato in dottrina (Romano, Espropriazione forzata e contestazione del credito, Napoli, 2008, 301, 369; Farina, Caducazione del titolo esecutivo e chiusura anticipata dell'espropriazione: quali effetti nei confronti dei creditori intervenuti e dell'acquirente in vendita forzata?, GC 2010, 2033) e ribadito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. civ., 7 gennaio 2014, n. 61, CorG, 2014, 971, con nota di Metafora), il creditore titolato, intervenendo nel processo, propone un'autonoma azione, fondata su un titolo esecutivo diverso ed autonomo rispetto a quello del creditore procedente, per cui è vero che si avvantaggia del pignoramento posto in essere dal primo creditore, ma la sua azione esecutiva rimane legittimata dal suo titolo, tanto che, nonostante il venir meno del titolo del primo procedente, l'espropriazione può proseguire proprio grazie e a causa del titolo esecutivo portato nella procedura dal creditore interveniente.

Invero, la prosecuzione del processo non è automatica, giacché ad avviso delle Sezioni Unite, la salvezza della procedura esecutiva può ipotizzarsi solo nell'eventualità in cui l'azione esercitata dal creditore procedente sia originariamente sorretta da un valido titolo esecutivo, solo successivamente caducato. Diverso è il caso in cui il pignoramento sia stato posto in essere un soggetto privo di titolo esecutivo: in questo caso «l'originaria mancanza di titolo esecutivo o l'invalidità originaria del pignoramento minano la legittimità stessa dell'esecuzione e la rendono viziata sin dall'origine. Sicché, agli interventi manca lo stesso presupposto legittimante al quale validamente riferirsi».

Alla luce di quanto appena affermato, pare dunque più corretto affermare (anche alla luce del principio del contraddittorio, pienamente operante all'interno del processo di esecuzione (Tarzia, Il contraddittorio nel processo esecutivo, RDP, 1978, 193 ss.), che «la sospensione ha effetto solo rispetto al creditore, nei cui confronti è stata proposta l'opposizione. Se vi sono altri creditori intervenuti e muniti di titolo non vi è ragione perché essi non possano svolgere la loro azione. [...] La loro azione resterebbe preclusa solo se i motivi dell'opposizione fossero comuni (es. impignorabilità dei beni)» (Satta, Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, 1959-1965, 505).

Si è espressa in senso analogo già in tempi risalenti, la Cassazione, secondo cui «nel procedimento di esecuzione forzata, a cui partecipano più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo invocato da uno dei creditori (sospensione, sopravvenuta inefficacia, estinzione) non possono ostacolare la prosecuzione dell'esecuzione sull'impulso del creditore il cui titolo abbia pacificamente conservato la sua forza esecutiva» (Cass. civ., 17 agosto 1973, n. 2347).

Tale conclusione è stata ribadita dalla dottrina anche più di recente (Petrillo, op. cit., 552), richiamandosi quell'orientamento che, negando la predicabilità di un' ipotesi di litisconsorzio necessario nell'opposizione all'esecuzione con la quale si contesta l'an exequandum (che dipende dalla validità del titolo di ciascun creditore), afferma invece che nelle opposizioni agli atti sono sempre litisconsorti necessari tutti i soggetti del processo esecutivo indicati dall'art. 485, comma 1, c.p.c.e ciò perché l'opposizione formale si chiude con una pronuncia che incide su un atto esecutivo e quindi sul relativo processo, sicché riguarda tutti i partecipanti ad esso (Vaccarella, Opposizioni all'esecuzione, in Enc. giur., XXI, Roma, 1990, 6 e 13).

Si può allora in via di prima approssimazione affermare che si avrà la completa paralisi della procedura esecutiva nell'ipotesi in cui la sospensione sia stata disposta sulla base di una opposizione idonea a caducare l'intera procedura esecutiva nei confronti di tutti i creditori. Laddove l'accoglimento dell'azione non sia in grado di travolgere l'intera esecuzione, ma riguardi solo la posizione di uno dei creditori, procedente o intervenuto, essa si riverbererà solo sulla posizione del soggetto opposto, con salvezza della posizione degli altri creditori; in tal caso, laddove sia stato dimostrato dall'opponente il fumus della propria azione, ad essere sospeso sarà solo il titolo del creditore opposto (Cass. civ., 28 gennaio 1978, n. 427; Cass. civ., 27 maggio 1975, n. 2114). Sembra infatti ingiusto che il creditore procedente o intervenuto, ove sussista il fumus boni iuris relativamente alle ragioni dell'opposizione, possa, ciononostante, proseguire l'azione esecutiva da lui avviata o (nel caso di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo del procedente) continuare l'esecuzione da altri iniziata (Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Milano, 2017, 2206).

La tesi dell'ammissibilità della sospensione soggettiva parziale. Sua critica

Così opinando, sembrerebbe potersi offrire adeguata tutela al debitore che manifesti un interesse concreto e attuale ad ottenere la sospensione soggettiva parziale, come nei casi in cui l'esclusione dell'intervento incida sulla somma da sostituire ai beni pignorati per ottenerne la liberazione in sede di conversione del pignoramento o, ancor prima, sulla possibilità stessa dell'istanza di conversione, giacché l'esclusione di un creditore, incidendo sul quantum da versare ai fini della liberazione del bene pignorato, potrebbe influire negativamente sulla scelta del debitore di avvalersi di tale facoltà.

Ammettere che l'esecuzione si arresti solo per uno solo dei creditori coinvolti nella procedura pone tuttavia il problema di stabilire cosa accada al processo laddove si giunga alla fase distributiva.

La scarna giurisprudenza di merito che si è occupata della questione si pone in termini antitetici.

Una prima (e più risalente) decisione ha affermato l'applicabilità dell'art. 510, comma 3, c.p.c. nell'ipotesi di intervento fondato su un titolo esecutivo revocato durante la pendenza del procedimento esecutivo (Trib. Padova, 13 febbraio 2007).

Sennonché, si dubita della possibilità di applicare in via diretta (o analogica) l'art. 510 c.p.c. all'ipotesi in esame, trattandosi di una norma concepita per disciplinare una situazione diversa, i.e. quella dei creditori intervenuti non muniti di titolo i cui crediti siano stati disconosciuti.

A prescindere o meno dal carattere eccezionale o meno dell'art. 510, comma 3, c.p.c., resta fermo ed indiscutibile che la diversità ontologica della posizione del creditore titolato che si è visto sospendere l'efficacia esecutiva del titolo rispetto a quella del creditore sprovvisto di titolo il cui credito sia stato disconosciuto dal debitore rende impossibile l'applicazione della norma appena citata.

Una seconda decisione, più recente, discostandosi dichiaratamente dal precedente appena riportato, ha statuito che in caso di sospensione (anche solo parziale) dell'efficacia esecutiva di un titolo posto a base dell'esecuzione si deve procedere ad una pronuncia di sospensione (parziale) della distribuzione, con conseguente accantonamento delle somme spettanti, sulla base del piano di riparto, al creditore (in quel caso intervenuto) destinatario del provvedimento inibitorio (Trib. Rovigo, 13 giugno 2018, v. G. Lauropoli, Effetti della sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo sulla procedura esecutiva in corso, su www.ilProcessoCivile.it).

Ora, in linea teorica, permettere l'accantonamento della somma vantata del creditore il cui titolo sia stato nel frattempo sospeso consente di tutelare l'interesse dei creditori non coinvolti dal provvedimento di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo ad ottenere una immediata distribuzione delle somme ricavate dalla vendita ed al contempo di garantire anche la posizione del creditore destinatario del provvedimento di sospensione, prevedendosi l'accantonamento delle somme spettanti al creditore attinto dal provvedimento di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo fino al venir meno della causa di sospensione.

Al risultato si giunge, osservandosi che la sospensione parziale della procedura è in grado di portare all'immediata distribuzione delle somme ricavatedalla procedura in favore dei creditori non colpiti dall'ordinanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo e all'accantonamento della somma spettante, sulla base del piano di riparto, al creditore il cui titolo sia stato sospeso nella sua efficacia esecutiva, fino al venir meno della causa di sospensione (v. G. Lauropoli, Effetti della sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo sulla procedura esecutiva in corso, su www.ilProcessoCivile.it). In sostanza, non si tratta di sospensione parziale della distribuzione ex art. 512, comma 2, c.p.c. che può essere disposta soltanto in pendenza di una controversia sorta nella fase distributiva, ma del riflesso che la sospensione, esterna o interna, pronunciata nei confronti di un creditore produce nel processo esecutivo.

La soluzione favorevole alla sospensione soggettiva parziale, tuttavia, pone più dubbi che certezze.

Come si è visto, ammettere tale possibilità crea il problema della giustificazione giuridica dell'accantonamento in sede di distribuzione della somma vantata dal creditore che si è visto sospendere l'efficacia esecutiva del proprio titolo.

Inoltre, a ben vedere, la sospensione soggettiva parziale del processo esecutivo non è testualmente prevista dall'art. 624 c.p.c. e non ha nulla a che fare con la sospensione parziale dell'efficacia esecutiva o con la sospensione oggettiva parziale. Quest'ultima è certo ammissibile perché «è prevista dalla legge: ogni aggressione a un bene del debitore infatti costituisce un processo esecutivo a parte che solo per economia processuale è trattato unitamente a quello avente ad oggetto altro bene: sospendere dunque l'esecuzione su un bene (es. per ritenuta sussistenza di gravi motivi in relazione alla relativa impignorabilità), non devia minimamente dal solco tracciato dagli artt. 615, 623 e 624 c.p.c.» (Crivelli, Appunti in tema di opposizione all'intervento, in www.inexecutivis, 20 giugno 2018, § 3).

La tesi contraria sostenuta da Trib. Matera, 6 agosto 2019

Sembra dunque maggiormente persuasiva la tesi, di recente avanzata da parte della giurisprudenza di merito (Trib. Matera, 6 agosto 2019), secondo cui «la sospensione consentita al giudice dell'esecuzione può avere ad oggetto solo la prosecuzione o meno del processo esecutivo non essendo configurabile un potere di sospensione che abbia ambito applicativo solo soggettivo risolvendosi nella proseguibilità dell'esecuzione forzata a favore solo di alcuni creditori». Pertanto, la sospensione “dell'intervento”, i.e. la sospensione del titolo del creditore intervenuto, non impedisce la proseguibilità dell'esecuzione forzata.

Ad avviso del giudice del merito, peraltro, tale conclusione non pregiudica la posizione del debitore, «neppure a fronte della possibilità di accesso ad istituti quali la riduzione del pignoramento o la conversione rispetto alla cui operatività non si potrebbe comunque prescindere dal considerare anche il credito dell'intervento sospeso». Difatti, in presenza di una istanza di riduzione, il giudice dell'esecuzione ha l'obbligo di tenere in considerazione l'importo del credito vantato dall'intervenuto il cui titolo sia stato sospeso, in modo da garantire la eventuale futura soddisfazione del creditore, il cui intervento sia stato fatto oggetto di opposizione.

Del pari, laddove sia stata domandata la conversione del pignoramento, ai fini della determinazione dell'importo utile per la liberazione del bene staggito, occorre tener conto delle pretese dei creditori, procedente ed intervenuti, indipendentemente da eventuali contestazioni delle stesse. «Anche a fronte della proposizione di un'opposizione all'esecuzione infatti, solo la pronuncia di una sentenza passata in giudicato consentirebbe di prescindere dalla posizione creditoria contestata ai fini della valutazione dell'ammissibilità dell'istanza di conversione» (Trib. Matera, 6 agosto 2019, cit.).

Guida all'approfondimento
  • Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2010, 920 ss.;
  • Furno, La sospensione del processo esecutivo, Milano, 1956, 27, 111;
  • Luiso, Sospensione del processo civile: processo di esecuzione forzata, in ED, XLIII, Milano, 1990, 67;
  • Oriani, Opposizione all'esecuzione, in Digesto civ., XIII, Torino, 1995, 589.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario