È possibile sollevare critiche alla consulenza tecnica d'ufficio per la prima volta nella comparsa conclusionale?
11 Febbraio 2020
Il caso. Nel 2002 i due acquirenti di un immobile convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Tivoli, le due venditrici. Affermavano che queste ultime avevano dolosamente nascosto loro l'assenza del certificato di abitabilità dell'immobile, inducendoli ad acquistarlo ad un prezzo superiore al suo valore. Il giudice adito accoglieva la domanda di risarcimento del danno - identificato nella somma necessaria a fronteggiare gli interventi e i costi per ottenere il rilascio del certificato di abitabilità dal Comune - e condannava le convenute a pagare la somma quantificata dal consulente tecnico d'ufficio, pari a circa 50mila euro. Le due venditrici proponevano ricorso dinanzi alla Corte d'appello di Roma, la quale, nel 2017, emetteva sentenza di rigetto. Avverso la decisione veniva proposto ricorso per cassazione per due motivi. La causa, inizialmente assegnata alla trattazione in Camera di consiglio, veniva rimessa alla pubblica udienza.
Motivi di impugnazione. I ricorrenti, con il primo motivo, si dolevano del fatto che la Corte d'appello non avesse tenuto conto delle osservazioni e dei rilievi formulati nella comparsa conclusionale circa la quantificazione del danno operata dal CTU, comparsa nella quale erano stati spiegati i motivi per i quali la relazione dell'ausiliare doveva ritenersi inattendibile. Con il secondo motivo, sostenevano che la Corte romana aveva errato nel ritenere implicitamente accettate, da parte delle convenute-appellanti, le conclusioni del consulente tecnico, in ragione della non tempestiva contestazione, con conseguente non riproponibilità in appello, delle critiche tardivamente svolte nella conclusionale depositata in primo grado.
Osservazioni della Corte di cassazione. La questione di diritto sottoposta alla S.C. è se le parti possano contestare i risultati di una consulenza tecnica d'ufficio per la prima volta in una comparsa conclusionale e se tali contestazioni, una volta reputate tardive in primo grado, possano essere proposte in appello. I Giudici della II sezione osservano, in primo luogo, che la soluzione alla questione non è univoca nella giurisprudenza di legittimità: -) secondo l'orientamento maggioritario, condiviso dall'appello capitolino, le osservazioni critiche alla consulenza tecnica d'ufficio non possono essere formulate in una comparsa conclusionale, e, pertanto, se in essa contenute, non sono esaminabili dal giudice, perché in tal modo rimarrebbero sottratte al contraddittorio e al dibattito processuale, inoltre, le contestazioni ad una relazione di CTU costituiscono eccezioni rispetto al suo contenuto e sono soggette al termine di preclusione di cui al secondo comma dell'art. 157 c.p.c., dovendo, pertanto, dedursi, a pena di decadenza, nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito. -) accanto a questo primo orientamento ce n'è uno minoritario, secondo il quale, invece, la parte, con la comparsa conclusionale, può svolgere nuove ragioni di dissenso e contestazione, avverso le valutazioni e conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, trattandosi di nuovi argomenti su fatti già acquisiti alla causa, che non ampliano l'ambito oggettivo della controversia. L'ordinanza in esame aggiunge che la posizione maggioritaria è stata sottoposta a revisione critica da una sentenza della S.C. del 2016, poi seguita da altre decisioni, la quale, traendo argomento da un principio espresso dalle Sezioni Unite nel 2013 (secondo cui la consulenza tecnica di parte costituisce semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, la cui produzione non può ricondursi al divieto di cui all'art. 345 c.p.c.), ha affermato che i rilievi delle parti alla consulenza tecnica di ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, costituiscono argomentazioni difensive, sebbene non di carattere tecnico giuridico, che possono essere svolte nella comparsa conclusionale sempre che non introducano in giudizio nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove, e purché il breve termine a disposizione per la memoria di replica non si traduca in un'effettiva lesione del contraddittorio e del diritto di difesa. Ciò detto, la decisione in commento ha affermato che la posizione espressa nella sentenza del 2016 pone problemi di compatibilità essenzialmente con il meccanismo delineato negli artt. 191 e 195 c.p.c.
Conclusione. Con l'ordinanza interlocutoria in oggetto, i Giudici della Seconda Sezione civile della Corte di cassazione, trattandosi di “questione di massima di particolare importanza”, ritengono sussistenti le condizioni per la rimessione del procedimento al Primo Presidente, affinché valuti l'opportunità di assegnare la trattazione e la decisione del ricorso alle Sezioni Unite.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it |