Riders: per la Cassazione si applica la disciplina del lavoro subordinato ma il loro rapporto non costituisce un “tertium genus”
11 Febbraio 2020
Massima
L'art. 2, d.lgs.n. 81 del 2015, è norma di disciplina che non crea una terza tipologia di rapporto di lavoro intermedia tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Essa svolge una funzione sia di prevenzione, volta a scoraggiare l'adozione di schemi contrattuali elusivi rispetto alle tutele del rapporto di lavoro subordinato, sia rimediale: quando l'eteroorganizzazione si esplica in un'ingerenza tale nell'esecuzione della prestazione svolta dal collaboratore da assimilarla al potere direttivo che esercita il datore nei confronti del lavoratore subordinato, se sussistono gli altri due requisiti della personalità e della continuità della prestazione, al rapporto di lavoro deve applicarsi la disciplinaintegraledel lavoro subordinato. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto che ai riders si debbano applicare le tutele previste per i lavoratori subordinati poiché le modalità di coordinamento della prestazione erano totalmente imposte dal committente). Il caso
La Corte d'appello di Torino, con sentenza n. 26 del 4 febbraio 2019, aveva parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Torino n. 778 del 7 maggio 2018 riconoscendo che ai ciclofattorini di Foodora dovessero essere applicate alcune delle tutele del rapporto di lavoro subordinato. Aveva ritenuto non corretta l'esegesi dell'art. 2 del d.lgs.n. 81 del 2015, fornita dalla sentenza di I grado nella parte in cui aveva sostenuto, accogliendo la tesi difensiva di Foodora, che l'art. 2 del d.lgs.n. 81 del 2015, fosse una norma apparente, priva di applicazione pratica poiché l'eteroorganizzazione in essa stabilita costituisce un tratto tipico del lavoro subordinato puntualmente descritta nell'art. 2094 c.c. Secondo il Giudice di I grado, dalla lettura dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, si ricavava una nozione di subordinazione con un campo di applicazione più ristretto rispetto a quello derivante dall'art. 2094, c.c. Nell'art. 2 del d.lgs.n. 81 del 2015 applicabile ratione temporis (il testo preso in considerazione dalla Suprema Corte è quello previgente alle modifiche apportate dal d.l.3 settembre 2019 convertito con modificazioni dalla l. 2 novembre 2019, n. 128) la prestazione doveva essere disciplinata dal committente anche -ma non solo- nei tempi e nei luoghi della prestazione, elementi che, invece, non sussistevano nel rapporto di lavoro con i riders i quali gestivano in autonomia i tempi di lavoro e di riposo.
Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di prime cure la Corte d'appello riteneva che l'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, avesse un suo campo d'applicazione specifico, quello delle collaborazioni eteroorganizzate che costituivano un terzo genere di rapporto di lavoro che si colloca nel mezzo tra la subordinazione e l'autonomia. La caratteristica che distingue tale forma di rapporto dalle altre due tipologie è, per l'appunto, l'eteroorganizzazione. Questa si realizza quando il committente determina le modalità e le tempistiche di esecuzione della prestazione che diviene parte integrante dell'organizzazione produttiva. L'etero-organizzazione presenta queste caratteristiche in più della semplice coordinazione, tipica delle collaborazioni coordinate continuative di cui all'art. 409, comma 3, c.p.c., In quest'ultima ipotesi il lavoratore esegue la propria attività lavorativa in piena autonomia, salvo il fatto che l'opera o il servizio fornito rispecchi le esigenze del committente (in altre parole, quindi, si coordini).
La Corte d'appello aveva ritenuto sussistente nel caso dei ciclo-fattorini di Foodora l'etero-organizzazione poiché le modalità di esecuzione della prestazione erano determinate dal committente. Per questo motivo aveva applicato le tutele del rapporto di lavoro subordinato condannando Foodora al versamento delle differenze retributive sulla base delle retribuzioni stabilite per i dipendenti di V livello del CCNL logistica trasporto merci. Aveva, tuttavia, escluso quelle tutele tipiche del lavoro subordinato inapplicabili, a suo giudizio, ad un rapporto di lavoro diverso rispetto alla subordinazione vera e propria, prima tra tutte quella per i licenziamenti illegittimi.
Avverso la sentenza della Corte d'appello ricorre in Cassazione Foodora riproponendo le censure di diritto già mosse nei precedenti gradi di giudizio.
Nel primo motivo del ricorso si richiama alla tesi dell'inapplicabilità dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, in quanto norma apparente. Nello sviluppare tale primo motivo critica, sempre sotto il profilo della violazione o falsa applicazione della norma, la decisione della Corte D'appello di applicare l'art.2, d.lgs. n. 81 del 2015.
Secondo la ricorrente, dall'istruttoria era emerso che il committente non aveva determinato le prestazioni dei fattorini “anche con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro”. La stessa sentenza impugnata aveva riconosciuto che i riders erano liberi di accettare o meno i turni di servizio predisposti dalla piattaforma digitale oltre al fatto che erano liberi di revocare la disponibilità data. Le questioni
L'art. 2 del d.lgs.n. 81 del 2015 è una norma apparente oppure ha un suo campo di applicazione?
L'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015 introduce una nuova forma di rapporto di lavoro oppure è una norma di disciplina? Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte conferma la sentenza di II grado ritenendo applicabile le tutele previste dal rapporto di lavoro subordinato ai ciclo-fattorini.
Pur non modificando le conclusioni della sentenza della Corte d'appello non ritiene corretta l'opinione in base alla quale l'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, ha introdotto una nuova forma di rapporto di lavoro.
In relazione alla prima censura mossa dalla difesa di Foodora, in merito alla non applicabilità dell'art. 2 del d.lgs.n. 81 del 2015, la Suprema Corte parte dal presupposto che l'operatore giuridico, anche in presenza di norme di scarsa intellegibilità, deve fornirne un'interpretazione delle stesse affinché queste possano avere qualche effetto. Sul punto pone in essere un parallelismo con l'art. 1367, c.c., in tema d'interpretazione del contenuto di un contratto e delle singole clausole.
Prosegue contestualizzando la norma all'interno dei veri decreti che costituiscono il cd Jobs Act.
La ratio ispiratrice di fondo della riforma organica della disciplina del rapporto di lavoro avvenuta nel 2015 è stata quella di rendere la forma tipica del rapporto di lavoro quella subordinata a tempo indeterminato. Per raggiungere tale finalità il Legislatore ha operato sotto molteplici aspetti. Anzitutto ha inserito una serie d'incentivi dal punto di vista contributivo nel caso di assunzioni a tempo indeterminato. In secondo luogo, ha ampliato la possibilità di mutare le mansioni alle quali adibire il lavoratore attraverso una profonda modifica dell'art. 2103, c.c. In terzo luogo (aggiunge lo scrivente) ha reso meno rigide le tutele nel caso di licenziamento illegittimo rendendo la tutela indennitaria la regola e la reintegrazione l'eccezione. In ultimo ha eliminato la disciplina dei contratti a progetto ed al suo posto ha, per l'appunto, previsto che in presenza di collaborazioni coordinate e continuative, nella quali le prestazioni vengono determinate unilateralmente dal committente, trovino applicazione le tutele del lavoro subordinato.
Secondo la Cassazione con l'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, il Legislatore ha abbandonato la necessaria riqualificazione del rapporto da autonomo a subordinato per poter applicare le tutele di quest'ultima tipologia contrattuale. In presenza dell'etero-organizzazione si applicano le tutele del lavoro subordinato senza dover valutare se il rapporto presenti tutte le caratteristiche della subordinazione.
Una lettura organica della norma rispetto all'intento ispiratore del Legislatore permette una corretta interpretazione dell'inciso “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” che ha valore meramente esemplificativo e non costituisce, invece, una condizione necessaria per l'applicazione della norma.
Ad ulteriore prova dell'intenzione del Legislatore di estendere il più possibile il campo d'applicazione delle tutele del rapporto subordinato a prescindere da problematiche qualificatorie sovvengono le successive modifiche apportate dal Legislatore all'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, che ha eliminato l'inciso “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” ed ha espressamente previsto che “le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.
Pur non applicandosi al caso preso in considerazione dalla Suprema Corte, le modifiche successive all'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, non lasciano spazio ad equivoci in merito alla volontà ab origine del Legislatore di estendere le tutele del rapporto subordinato anche a forme di rapporto non propriamente subordinate.
L'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, costituisce una norma sia di prevenzione che rimediale. Lo sviluppo tecnologico e le modifiche al sistema produttivo permettono la creazione di rapporti di lavoro che non sono sussumibili nella fattispecie subordinata classica delineata dall'art. 2094, c.c.
Dall'altra parte è evidente la debolezza contrattuale dei collaboratori e, per questo motivo, il Legislatore ha previsto che, a prescindere dalla riqualificazione del rapporto, si debbano applicare le tutele del contratto di lavoro subordinato. Osservazioni
La sentenza in commento ha il merito di indicare il campo di applicazione dell'art. 2 del d.lgs.n. 81 del 2015 sconfessando le teorie di parte di autorevole dottrina che sosteneva l'inapplicabilità in concreto della norma sul presupposto che fornisce una definizione di subordinazione più ristretta di quella presente nell'art. 2094, c.c.
Il discrimine tra una collaborazione etero-organizzata ex art. 2 del d.lgs.n. 81 del 2015 ed una collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409, c.p.c., comma 3, è il seguente: nel caso in cui le modalità di esecuzione della prestazione siano imposte dal committente si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Quando, invece, le modalità di coordinamento della prestazione sono decise di comune accordo il rapporto mantiene la sua disciplina autonoma.
Restano, tuttavia, alcuni quesiti non risolti poiché non oggetto del ricorso principale e neppure di quello incidentale.
La prima questione è “l'applicazione selettiva” delle tutele del rapporto di lavoro subordinato. La Corte d'appello di Torino aveva ritenuto applicabile ai riders quelle economiche equiparando le loro prestazioni a quelle degli addetti ai quali si applica il V livello del CCNL logistica trasporto merci oltre a quelle di sicurezza sul luogo di lavoro escludendo, invece, quelle sui licenziamenti.
Pur non essendo investita della questione, la Suprema Corte evidenzia da una parte il fatto che la norma richiami la disciplina del rapporto di lavoro subordinato senza operare alcuna esclusione. Dall'altra parte a livello dogmatico lascia trasparire una certa difficoltà nell'applicare alcune tutele ontologicamente incompatibili con forme di collaborazione, ma non nasconde come la scelta di quali tutele applicarsi non possa essere rimessa all'arbitrio dell'organo giudicante.
Allo stato attuale sembra desumersi che, senza specificazioni da parte del Legislatore, la Cassazione possa propendere per l'applicazione dell'intero apparato delle norme a tutela del lavoro subordinato. Non a caso la Corte utilizza più volte l'aggettivo “integrale” associato alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato quando ne afferma la sua applicabilità alle collaborazioni etero-organizzate.
E' evidente che la sentenza in questione, pur avendo il pregio di definire che cosa sia una collaborazione etero-organizzata, non costituisca la fine del vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale in merito alla corretta interpretazione e applicazione dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015.
La Corte non può spingersi oltre la riconferma della natura etero-organizzata della collaborazione poiché la domanda principale volta all'accertamento della natura subordinata non è stata ripresentata nel ricorso incidentale depositato dai ciclo-fattorini.
Cionondimeno la stessa Suprema Corte, nell'analizzare le modifiche apportate all'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, nello specifico l'espressa indicazione che l'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, si applica anche nel caso in cui le modalità della prestazione siano regolate da piattaforme digitali, rileva come in base al principio dell'indisponibilità del tipo negoziale più volte ribadito dalla Corte costituzionale (C. cost. sent. 25-29 marzo 1993, n. 121; C. cost. 23-31 marzo 1994, n. 115; C. cost. 15 aprile 2015, n. 76) anche una collaborazione qualificata come etero-organizzata possa essere riqualificata dal Giudice come lavoro subordinato qualora nell'esecuzione del rapporto si rientri nei canoni descritti dall'art. 2094, c.c.
A parere di chi scrive la partita sulla natura effettivamente subordinata del lavoro effettuato dai ciclo-fattorini non può dirsi chiusa.
Sfugge, infatti, allo scrivente ove possa sussistere un margine di autonomia nella prestazione di consegnare del cibo a domicilio, a maggior ragione se persino il tragitto da percorrere viene imposto dall'applicazione fatta scaricare sui cellulari dei ciclo-fattorini dal committente.
Quanto argomentato trova conferma in un precedente della Suprema Corte, la sentenza n. 16377 del 4 luglio 2017, che affronta un caso del tutto simile a quello di cui trattasi: la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro dei fattorini di una società che distribuisce pizze a domicilio. Secondo la Corte i vettori, una volta data la disponibilità ad essere inseriti nei turni predisposti dalla società, erano tenuti ad operare secondo le modalità stabilite dalla stessa che non lasciavano alcun margine di autonomia. L'assenza di autonomia risultava ulteriormente confermata alla luce della natura esecutiva della prestazione che rendeva arduo intravedere reali margini di autonomia. Conclusioni
In base a quanto fin qui esposto la Suprema Corte ritiene l'art.2 del d.lgs. n. 81 del 2015 una norma di disciplina e non di fattispecie fermo restando che, in base al principio di indisponibilità del tipo, se la collaborazione etero-organizzata nei fatti presenta le caratteristiche della subordinazione, né il Legislatore né le parti possono negare la natura di rapporto di lavoro subordinato.
Se finora il principio d'indisponibilità del tipo è stato ancorato al rapporto di lavoro subordinato, occorre domandarsi la tenuta delle esclusioni al campo di applicazione della norma stabilite nel successivo comma 2.
Il principio d'indisponibilità del tipo trova la sua giustificazione nell'art. 3, Cost., quindi nel principio di ragionevolezza. E sulla base di questo articolo è lecito porre il quesito se, a fronte di un rapporto che presenta il requisito dell'etero-organizzazione, sia ragionevole non applicare le tutele del rapporto di lavoro subordinato perché si rientra in uno dei casi stabiliti dal secondo comma dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015.
Pare, infatti, discriminatorio che le tutele del collaboratore etero-organizzato possano essere sacrificate sull'altare “delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore” se esiste un accordo collettivo stipulato da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che preveda una disciplina specifica riguardante il trattamento economico e normativo.
Anzitutto la norma, a tacer della questione della misurazione della rappresentatività, pare generica dal momento che non descrive minimamente il requisito della specificità della disciplina. A ciò si aggiunga che un mero rinvio formale a ragioni produttive potrebbe impedire al Giudice di verificare il rapporto causa effetto che giustifichi la deroga. L'analisi in concreto delle ragioni economiche potrebbe essere esclusa dall'art. 30 del collegato lavoro anche se si potrebbe obiettare che la norma in questione non si riferisce alle scelte della contrattazione collettiva.
Proseguendo brevemente nell'analisi della altre eccezioni se, come traspare dalla sentenza in commento, bisogna adattare la disciplina del rapporto di lavoro alle caratteristiche dell'attuale mondo del lavoro, pare non ragionevole escludere l'applicazione dell'art.2, d.lgs. n. 81 del 2015, nel caso in cui il collaboratore sia iscritto ad un albo.
È circostanza notoria che molti grandi studi professionali hanno al loro interno numerosi giovani (e anche meno giovani) professionisti collaboratori privi di qualsiasi autonomia.
Se può risultare arduo accertare l'esistenza del potere direttivo dinnanzi ad una prestazione di natura intellettuale è possibile fare riferimento, ai fini qualificatori, ad altri elementi come, ad esempio, la continuità della prestazione, il rispetto di un orario predeterminato, la percezione a cadenze fisse di un compenso prestabilito, l'assenza in capo al lavoratore di rischio e di una seppur minima struttura imprenditoriale (cfr. Cass., sez. un., n. 379 del 1999; n. 13935 del 2006; n. 4500 del 2007; n. 9252 del 2010).
In presenza di elementi tipici del rapporto di lavoro subordinato o quanto meno dell'etero-organizzazione pare irragionevole, proprio in forza del principio d'indisponibilità del tipo, l'esclusione a priori operata dal Legislatore a riguardo dei lavoratori iscritti agli albi (v. ad es. Cass., sez. lav., 27 febbraio 2007, n. 4500).
V. anche i commenti a Tribunale Torino, sez. lav., 7 maggio 2018, n. 778 rispettivamente di F. Meiffret, La natura autonoma (?) del rapporto di lavoro dei riders di Foodora e M. Giardetti, Lavoro autonomo, libertà di inizio e di svolgimento concreto della prestazione; F. Meiffret, L'appello di Torino sul caso dei riders di Foodora: la terza via tra autonomia e subordinazione (commento a Corte appello Torino, sez. lav., 4 febbraio 2019, n. 26); M.T. Crotti, Osservazioni sul regime di tutela applicabile ai “riders” (e agli altri gig workers).
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