Il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data dal giudice all'azione?

13 Febbraio 2020

Due sono le questioni poste dalla sentenza in commento: la possibilità o meno che il giudicato scenda sulla qualificazione giuridica dell'azione; l'impossibilità che tale qualificazione passi in giudicato se implicitamente impugnata attraverso motivi di gravame logicamente incompatibili con essa.
Massima

Il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data dal giudice all'azione, quando essa abbia condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito e la parte interessata abbia omesso di proporre specifica impugnazione sul punto. Di contro non si può formare giudicato sulla qualificazione giuridica dell'azione, quando l'appellante abbia formulato difese in merito incompatibili con essa, pur non avendola impugnata espressamente.

Il caso

A seguito della mancata conclusione di un contratto definitivo, l'aspirante acquirente chiede la restituzione della caparra versata sul presupposto che il contratto preliminare fosse risolto in virtù della clausola in esso contenuta. Il giudice di primo grado non condividendo l'impostazione del ricorrente, ne respinge la domanda.

La decisione del giudice di primo grado viene impugnata dal soccombente in appello. La Corte d'appello rigetta l'impugnazione sul presupposto che sia sceso giudicato sulla qualificazione giuridica tanto della clausola contrattuale, quanto del comportamento della parte inadempiente e che, perciò, non possa essere modificata la decisione che da tale qualificazione dipende.

La sentenza d'appello viene impugnata davanti alla Corte di cassazione. Il primo motivo di ricorso è quello di nostro interesse perché viene contestato il passaggio in giudicato della qualificazione giuridica dell'azione. La Cassazione accoglie questo motivo di ricorso, ritenendo che le contestazioni espresse nell'atto di appello siano logicamente incompatibili con l'impostazione di diritto data dal giudice di prime cure alla causa. Considerando assorbiti tutti gli altri motivi di ricorso, la sentenza viene cassata con rinvio ad un giudice di pari grado.

La questione

Due sono le questioni poste dalla sentenza in commento che appaiono di particolare interesse: la possibilità o meno che il giudicato scenda sulla qualificazione giuridica dell'azione; l'impossibilità che tale qualificazione passi in giudicato se implicitamente impugnata attraverso motivi di gravame logicamente incompatibili con essa.

Le soluzioni giuridiche

Da quasi un trentennio è costante la giurisprudenza di Cassazione (si veda: Cass.civ., 18 ottobre 1991, n.11022; Cass. civ., 17 dicembre 1993, n.12499; Cass. civ., 7 agosto 1996, n. 7260; Cass. civ.,7 novembre 2005, n.21490; Cass. civ., 1° agosto 2013, n.18427; Cass. civ.,19 marzo 2018, n. 6716) nel ritenere che il giudicato si estenda anche alla qualificazione giuridica data dal giudice all'azione, nel momento in cui essa abbia condizionato l'impostazione della sua indagine e la conseguente decisione di merito. Di contro, non posso essere ideone al giudicato mere enunciazioni di diritto fini a se stesse.

Sulla questione la Suprema Corte ha specificato: «…non si tratta di introdurre, nell'interpretazione del contenuto decisorio del giudicato, un elemento esterno alla sentenza, quale è la domanda contenuta nell'atto di citazione, ma un elemento interno alla stessa sentenza, quale è la domanda come percepita e riportata dal giudice nella sentenza» (Cass. civ., 7 novembre 2005, n. 21490).

La Cassazione ha precisato anche che tale qualificazione giuridica non deve risultare necessariamente dal dispositivo della sentenza, ma può risultare anche dalla complessiva lettura della motivazione (si veda sul punto le sentenze sopra citate).

Essendo la qualificazione giuridica dell'azione un capo di sentenza autonomo è necessario che esso venga impugnato per evitarne il passaggio in giudicato.

Perciò, il giudice d'appello non può modificare la qualificazione giuridica stabilita dal giudice di primo grado, se le parti non la contestano nei loro atti introduttivi. Infatti, l'effetto devolutivo dell'appello (ben espresso dal brocardo tantum devolutum quantum appellatum) esclude che possa essere considerato ancora sub iudice l'oggetto del giudizio di primo grado che non sia stato espressamente o implicitamente impugnato dall'appellante principale o incidentale.

Nel caso in cui l'appellante abbia formulato motivi di appello che logicamente si pongono in contrasto la qualificazione giuridica data all'azione in primo grado, pur non essendo stato espressamente impugnato il relativo capo, anche quest'ultimo deve essere considerato parte del giudizio di impugnazione.

Il giudicato sulla qualificazione giuridica dell'azione è un giudicato interno rilevabile anche d'ufficio dal giudice dell'impugnazione (si veda L. Di Cola, Giudicato, su www.ilProcessoCivile.it).

Osservazioni

La rilevanza della qualificazione giuridica dell'azione è tale da condizionare l'impostazione dell'intero giudizio di merito. Le parti possono anche decidere di sottoporre tale questione in via preliminare al giudice, quando l'accoglimento di una posizione piuttosto che un'altra possa determinare la prosecuzione o meno del giudizio di merito. Nel primo caso avremmo una sentenza non definitiva, impugnabile immediatamente o insieme alla sentenza definitiva se viene fatta riserva d'appello; nel secondo caso una sentenza non definitiva.

Il giudice può risolvere anche implicitamente la questione relativa alla qualificazione giuridica dell'azione e tale impostazione potrebbe essere arguita non solo dal dispositivo, ma anche dalla motivazione.

L'impostazione giuridica della causa è di esclusiva pertinenza del giudice, perciò si può ritenere che quando essa emerga implicitamente dal complesso della decisione, per evitare che su di essa scenda giudicato implicito sia necessario impugnarla espressamente.

Guida all'approfondimento
  • Carratta – Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2019, II, 453;
  • Cavallini, L'efficacia (riflessa) della sentenza nel pensiero di E.T. Liebman, in Riv. dir. proc., 2007, 1221 ss.;
  • Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2019, I e II;
  • Menchini, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987, 197 ss.;
  • Menchini, Il giudicato civile, Torino, 1988; Id., Reigiudicata civile, in Dig. civ., Torino, 1997, IV, 404 ss.;
  • Montesano, Diritto sostanziale e processo civile di cognizione nell'individuazione della domanda, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1993, 63 ss.;
  • Montesano, La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1994;
  • Poli, Giusto processo e oggetto del giudizio d'appello, in Riv. dir. proc., 2010, 48.

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