Il concorso fra l'opposizione agli atti esecutivi ed il reclamo ex art. 630 c.p.c.
13 Febbraio 2020
In un procedimento esecutivo viene dichiarata l'estinzione dello stesso dal giudice dell'esecuzione. Cosa succede nel caso in cui il creditore proponga sia l'opposizione agli atti esecutivi che il reclamo ex art. 630 c.p.c., avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che dichiari l'estinzione del processo esecutivo?
Sul punto la giurisprudenza ha avuto modo di esprimersi in più di un'occasione, dato che si verifica, sovente, che vengano proposti entrambi i mezzi di impugnazione in un'ottica di tuziorismo difensivo. Così, Cass. civ., sez. VI, 27 ottobre 2011, n. 22440, ha avuto modo di affermare che «Nell'ipotesi in cui il creditore intervenuto nella procedura esecutiva presso terzi proponga due distinti rimedi, ovvero un'opposizione agli atti esecutivi, ai sensi degli artt. 617 e 618 c.p.c., ed un reclamo, ai sensi dell'art. 630 c.p.c., avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione dichiarativa dell'estinzione del procedimento esecutivo a seguito dell'accertato soddisfacimento dei creditori, senza subordinare una domanda all'altra, il giudice dell'esecuzione deve dare corso ad entrambi, non potendosi rimettere al medesimo giudice la scelta, che è in esclusiva facoltà della parte, del rimedio esperibile avverso un determinato provvedimento». A parre di chi scrive, però, forse sarebbe più opportuno affermare che il mezzo idoneo di impugnazione sia quello previsto dal terzo comma dell'art. 630 c.p.c. e non l'opposizione agli atti esecutivi, che è un rimedio che viene previsto in via generale qualora non ve ne sia un altro specifico. Orbene, in questo caso, il rimedio specifico è previsto dall'art. 630 c.p.c.; di conseguenza la proposizione di un'opposizione agli atti esecutivi potrà essere ammessa solo ove il rimedio specifico non possa più essere esperito e si sia ancora in termini per proporre il rimedio generale di opposizione agli atti esecutivi. Questa considerazione, comunque, consiglia, qualora si vogliano proporre entrambi i rimedi, di subordinare l'uno all'altro in modo da non incorrere in censure sulla loro ammissibilità. |