Legittima la delibera che autorizza il passaggio di tubi del gas sulla facciata

Redazione scientifica
14 Febbraio 2020

È valida la delibera che autorizza l'uso della colonna di scarico dei rifiuti e il passaggio di tubi del gas sulla facciata. Di conseguenza, è irrilevante che solo alcuni partecipanti possano usufruire dell'iniziativa perché l'utilizzazione delle parti comuni non deve essere paritetica.

Alcuni condomini impugnarono davanti al Tribunale la delibera assembleare del Condominio con la quale, all'unanimità dei presenti, Tizio era stato autorizzato al passaggio della tubazione del gas in facciata e all'uso dell'attuale pattumiera per alloggiare il nuovo contatore e l'eventuale caldaia di produzione di acqua calda. In primo grado, il Tribunale rigettò l'opposizione. In secondo grado, la Corte d'appello, in parziale accoglimento dell'impugnazione degli attori, annullò la delibera, assumendo che essa, implicando una innovazione, avrebbe dovuto essere approvata con la maggioranza rinforzata dei due terzi. Nel giudizio di legittimità, la Corte di cassazione, cassò la decisione d'appello per avere erratamente affermato che la delibera costituisse un'innovazione. Nel successivo giudizio, in sede di rinvio, la Corte territoriale accolse l'appello e annullò la delibera. Secondo questa pronuncia, la nuova utilizzazione del tubo di scarico dei rifiuti era limitata ai soli condomini della verticale con veduta anche sul cortile, mancando invece per ragioni strutturali la possibilità per gli altri condomini di farne lo stesso uso con conseguente lesione del diritto d'uso della cosa comune. Avverso tale decisione, il Condominio ha proposto ricorso in Cassazione eccependo che il pari uso doveva intendersi potenziale, ma non assolutamente paritetico. Difatti, secondo il Condominio, non era prevedibile che altri condomini diversi da quelli posti in corrispondenza della canna potessero giammai usare la stessa al fine autorizzato.

Nel giudizio di legittimità, la S.C. contesta il ragionamento espresso nel provvedimento impugnato. Difatti, la nozione di pari uso della cosa comune, agli effetti dell'art. 1102 c.c., non va intesa nei termini di assoluta identità dell‘utilizzazione del bene da parte di ciascun comproprietario, in quanto l'identità nel tempo e nello spazio di tale uso comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio, pure laddove non risulti alterato il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell'oggetto della comunione. Ne consegue, pertanto, che i limiti posti dall'art. 1102 c.c. all'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino, ossia il divieto di alterarne la destinazione e l'obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri comproprietari, non impediscono al singolo, se rispettati, di servirsi del bene anche per fini esclusivamente propri e di trarne ogni possibile utilità. Per le suesposte ragioni, il ricorso del Condominio è stato accolto; per l'effetto, la pronuncia è stata cassata e decisa nel merito con contestuale rigetto dell'appello.

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