Somministrazione di energia elettrica: malfunzionamento del contatore e riparto dell'onere della prova
18 Febbraio 2020
Massima
In tema di somministrazione di energia elettrica, in forza del principio di vicinanza della prova, spetta all'utente contestare il malfunzionamento del contatore - richiedendone la verifica - e dimostrare l'entità dei consumi effettuati nel periodo (avuto riguardo al dato statistico di consumo normalmente rilevato in precedenti bollette e corrispondente agli ordinari impieghi di energia); incombe, invece, sul gestore l'onere di provare che lo strumento di misurazione è regolarmente funzionante e, in questo caso, l'utente è tenuto a dimostrare che l'eccessività dei consumi è imputabile a terzi e, altresì, che l'impiego abusivo non è stato agevolato da sue condotte negligenti nell'adozione di misure di controllo idonee ad impedire altrui condotte illecite. Il caso
In conseguenza del mancato pagamento di alcune fatture relative alla fornitura di energia elettrica, riferite a consumi superiori alla norma, dovuti al superamento del livello di potenza disponibile, la società fornitrice otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di una società utente, per il pagamento degli importi contenuti in alcune fatture e. L'utente proponeva opposizione, contestando la pretesa creditoria e la stessa debenza degli importi ivi indicati, ma l'opposizione era rigettata nei primi due gradi di giudizio. La società utente proponeva ricorso innanzi alla Corte di cassazione. I giudici di legittimità rigettavano il ricorso, rilevando che – avendo i contraenti del contratto di somministrazione accettato il contatore come strumento di contabilizzazione dei consumi – nel caso in cui la pretesa creditoria contestata si fondi proprio su misurazioni ritenute anomale dall'utente, sarà onere di quest'ultimo di dedurre la circostanza che tale anomalia è dovuta a cause a lui non imputabili quali, ad esempio, il malfunzionamento o l'azione dei terzi, dimostrando la reale entità dei consumi effettuati, eventualmente facendo riferimento a quelli rilevati in periodi analoghi a quello considerato, nei quali egli ha normalmente svolto la sua abituale attività. La questione
La questione in esame è la seguente: nel contratto di somministrazione di energia elettrica, in caso di consumi eccessivi a chi spetta l'onera della prova del malfunzionamento del contatore? Le soluzioni giuridiche
Come noto costituisce principio consolidato quello per cui la fattura è titolo idoneo per l'emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l'ha emessa, ma nell'eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell'esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall'opposto (Cass. civ., n. 5915/2011). Questo principio si deve coordinare, nel caso di contratti di somministrazione in cui i consumi sono contabilizzati mediante un contatore, con il valore di attendibilità riconosciuto dall'ordinamento al sistema di lettura a contatore. La pronuncia in commento consolida il tradizionale principio a mente del quale, in tema di riparto dell'onere probatorio, l'obbligo del gestore di effettuare gli addebiti di traffico sulla base delle indicazioni del contatore centrale non si può risolvere in un privilegio probatorio fondato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta, sicché l'utente conserva il relativo diritto di contestazione e il gestore è tenuto a dimostrare il corretto funzionamento del contatore centrale e la corrispondenza tra il dato fornito e quello trascritto nella bolletta. Può quindi affermarsi che, nei contratti di somministrazione caratterizzati dalla rilevazione dei consumi mediante contatore, la rilevazione dei consumi è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità (Cass. civ., n. 23699/2016; Cass. civ., n. 10313/2004). Pertanto, in caso di contestazione dei consumi da parte del somministrato, grava sul somministrante l'onere di provare che il sistema di rilevazione dei consumi (ovvero il contatore) sia perfettamente funzionante, mentre grava sul fruitore l'onere di provare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con una diligente custodia dell'impianto ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore ovvero determinare un incremento dei consumi. Riguardo all'onere della prova in subiecta materia, la Corte di cassazione ha condivisibilmente affermato che in tema di contratto di somministrazione relativo a utenza idrica e nell'ipotesi in cui l'utente lamenti l'addebito di un consumo anomalo ed eccedente le sue ordinarie esigenze, una volta fornita dal somministrante la prova del regolare funzionamento degli impianti, è onere dell'utente provare di avere adottato ogni possibile cautela, ovvero di avere diligentemente vigilato affinché intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del contatore (Cass. civ., n. 13193/2011). Detta pronuncia, seppure si fondi su un parallelismo storico rispetto all'approdo giurisprudenziale concernente il contratto di utenza telefonica, si pone sostanzialmente in linea con il già citato insegnamento di Cass. civ.,Sez. Un., n. 13533/2001, sulla cd. vicinanza della prova. Del resto, riguardo al principio della c.d. presunzione di buon funzionamento del contatore, è stato recentemente ribadito che in tema di contratti di somministrazione, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante l'onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un'attenta custodia dell'impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi (Cass. civ., n. 19154/2018; Cass. civ., n. 30290/2017; Cass. civ., n. 23699/2016). Ciò chiarito, è dunque il gestore del servizio idrico, in caso di contestazione, a dover fornire in primo luogo la prova del corretto funzionamento dell'impianto, spostandosi poi detto onere - una volta assolto quello del gestore stesso - sull'utente, per i profili prima indicati. Lo stesso utente può quindi limitarsi, in prima battuta e ove lamenti un non corretto computo dei propri consumi, ad allegare il cattivo funzionamento dell'impianto. Osservazioni
I rapporti tra l'ente erogante un servizio pubblico e l'utente possono inquadrarsi nella generale categoria dei cd. contratti di utenza pubblica: essi si caratterizzano per essere il servizio - attinente a beni o utilità essenziali per gli utenti, come l'acqua potabile, il gas, l'energia elettrica, i servizi di telefonia - erogato da un soggetto che opera in regime di monopolio o di concorrenza, e per essere la relativa disciplina caratterizzata dalla intima commistione di elementi privatistici e pubblicistici, questi ultimi spesso dettati da atti di natura normativa o amministrativa, in considerazione delle esigenze strutturali, organizzative e programmatiche del soggetto gestore del servizio. Tale incidenza eteronormativa - rispetto all'aspetto più propriamente privatistico - si manifesta non solo nel momento: a) genetico del contratto, ma anche in quello b) contenutistico ed in quello c) dinamico-esecutivo: nel primo, perché le modalità costitutive del rapporto sono di regola specificamente eterodeterminate; nel secondo, perché le esigenze pubblicistiche inerenti al servizio influenzano parte del contenuto precettivo del negozio; nel terzo, perché le scelte operative e programmatiche del gestore possono comportare e giustificare una deviazione rispetto al normale regime della responsabilità per inadempimento (totale o parziale) derivante dal diritto comune. In generale, all'interno dei contratti di somministrazione in cui il consumo sia contabilizzato con sistema a contatore, è il somministrante che deve dare la prova del regolare funzionamento del contatore stesso (o del suo malfunzionamento che ne ha reso necessaria la sostituzione, come nella specie) in caso di contestazione laddove il somministrato è gravato dall'onere di provare che i consumi eccessivi riportati da un contatore funzionante siano dovuti a cause esterne alla sua volontà ed a lui non imputabili. A ciò si aggiunga che laddove, la prova tecnica di funzionamento (pur richiesta dal somministrato - opponente al decreto ingiuntivo) non possa essere esperita a causa del comportamento del somministrante (che ha provveduto alla sostituzione del contatore al di fuori del contraddittorio e lo ha eliminato, impedendo ogni verifica tecnica), non può addebitarsi al somministrato -opponente, la mancata prova dell'inesattezza dei calcoli eseguiti dall'a società fornitrice. In una situazione in cui il ricalcolo dei consumi è avvenuto, da parte dell'azienda somministrante, dopo la sostituzione di un contatore avvenuta al di fuori del contraddittorio e del quale la stessa non dispone più e quindi sul cui corretto funzionamento o meno non possa più essere svolto alcun accertamento (seppur richiesto dal consumatore) ed in cui il contenuto della prova liberatoria non concerna la mancata fruizione della prestazione, o la sorveglianza esercitata sull'immobile ove è erogata la prestazione, ovvero la prova che la stessa non sia stata fruita da terzi nel periodo in discussione, bensì la prova del funzionamento dell'impianto di verifica e controlli dei consumi, non può ricadere sul fruitore della prestazione l'impossibilità di fornire la prova tecnica del corretto funzionamento del contatore sostituito (e quindi dei consumi originariamente rilevati) perché la stessa non è più fornibile per fatto stesso di chi su questa prova aveva la facoltà di controllo, ovvero del somministrante. L'impossibilità di fornire la prova tecnica liberatoria, ovvero la prova che il contatore sostituito non sia mal funzionante a vantaggio del fruitore della prestazione, se è determinata dal comportamento del creditore, che ha sostituito il contatore senza dar modo al debitore di verificarne il malfunzionamento al momento della sostituzione, e lo ha distrutto o comunque reso non più suscettibile di verifica in corso di giudizio, non può che andare a discapito del creditore, che a questa situazione ha dato causa mettendo il debitore nell'impossibilità di fornire la prova liberatoria, per il caso che ne fosse gravato. Né i termini della questione possono mutare in considerazione del tipo di azione proposta dalla società, in termini di accertamento negativo del credito, giacché è noto (Cass. civ., n. 16197/2012) che in tema di riparto dell'onere della prova ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo.
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