Nessuno sgravio per chi assume lavoratori a seguito di un trasferimento di azienda (anche di fatto)
18 Febbraio 2020
Abstract. Non possono essere riconosciuti gli sgravi contributivi previsti per l'assunzione di lavoratori licenziati a seguito di procedura di mobilità, qualora tale assunzione avvenga nell'ambito di un trasferimento di azienda (o di un suo ramo).
È onere del datore di lavoro fornire la dimostrazione degli elementi di novità intervenuti nella struttura societaria e delle significative integrazioni apportate al complesso originario per consentire a quello ceduto di svolgere autonomamente la propria funzione produttiva.
Il caso. La Corte di appello di Brescia, riformando la pronuncia di primo grado, annullava la cartella dell'INPS tesa a recuperare i benefici contributi relativi all'indebito godimento degli sgravi previsti dal (all'epoca vigente) art. 8 della l. n. 223 del 1991 in favore di imprese che assumono personale licenziato a seguito di procedure di mobilità. Nello specifico, l'Istituto si doleva dell'illegittima fruizione di tali benefici in relazione all'assunzione di tre lavoratrici in mobilità poiché, in una sintesi estrema, avvenuta a seguito di un fattuale trasferimento di azienda e senza alcun effettivo incremento occupazionale. Nell'avviso dei Giudici di merito, invece, le lavoratrici «pur continuando a svolgere la medesima attività nello stesso luogo, erano in effetti state assunte in contesto aziendale nuovo e non si era realizzata alcuna cessione e/o trasferimento di ramo d'azienda». Contro tale pronuncia l'INPS ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando un unico motivo.
I benefici contributivi possono essere fruiti solo qualora l'assunzione risponda ad effettive esigenze imprenditoriali… In particolare, e per quanto qui interessa esaminare, l'Istituto ricorrente si doleva della violazione dell'art. 8 della l. n. 223 del 1991, per avere la Corte di merito omesso di applicare il condiviso principio per cui «ai fini dell'attribuzione degli sgravi in esame, occorre fare riferimento ad una nozione d'impresa in senso oggettivo, senza che possano assumere rilievo tutte le variazioni intervenute nella titolarità della stessa». Nel caso di specie, ad avviso dell'Istituto ed in estrema sintesi, si era nei fatti verificato un trasferimento di ramo d'azienda che riguardava anche la posizione delle tre lavoratrici in relazione alle quali, pertanto, nessuno sgravio avrebbe potuto essere goduto. Motivo che viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, accoglie il ricorso. Preliminarmente la Corte ribadisce come, ai fini in discorso, sia "necessario accertare che la situazione di esubero sia effettivamente sussistente e che l'assunzione del personale, in ordine al quale si pretendono gli sgravi, da parte di una nuova impresa risponda a reali esigenze economiche e non concreti condotte elusive finalizzate al solo godimento degli incentivi", con la conseguenza che "il diritto ai benefici va escluso ove tra le due imprese sia intervenuto un contratto di affitto del complesso dei beni aziendali, idoneo a configurare un trasferimento di azienda che, ai sensi dell'art. 2112, c.c., importa la continuazione dei rapporti di lavoro con l'acquirente".
…e comporti un "incremento occupazionale netto". Prosegue la Corte chiarendo come, ai fini in discorso e coerentemente alla disciplina comunitaria, tutti i benefici per nuove assunzioni presupponevano implicitamente un «incremento occupazionale netto» in colui che procedeva alle assunzioni. Principio peraltro assurto oggi a norma positiva con l'art. 31 del d.lgs. n. 150 del 2015. In altre parole, nell'avviso della Corte, «gli incentivi all'occupazione possono essere fruiti dai datori di lavoro solo ove l'assunzione per cui si chiede il beneficio faccia registrare all'interno dell'impresa richiedente un incremento dell'occupazione; in caso contrario l'incentivo non può essere riconosciuto e occorre procedere al recupero di quello indebitamente già goduto dall'impresa».
Requisiti pacificamente assenti nell'ipotesi di trasferimento d'azienda. Requisiti indubitabilmente assenti nell'ipotesi di "un trasferimento di azienda che, ai sensi dell'art. 2112, c.c., importa la continuazione dei rapporti di lavoro con l'acquirente", sussistendo in tal caso "un obbligo di assunzione ostativo alla percezione dei benefici […] riferito al medesimo complesso produttivo che ha collocato i lavoratori in mobilità, senza che ne rilevi la diversa titolarità". In conclusione, ritiene la Cassazione che «qualora sia stata accertata la presenza di significativi elementi di permanenza della preesistente struttura aziendale» è onere del datore di lavoro richiedente provare "gli elementi di novità intervenuti nella struttura" unitamente alle "significative integrazioni apportate" e dunque l'obiettiva diversità rispetto all'impresa cedente con la conseguente "effettiva creazione di nuovi posti di lavoro".
(Fonte: Diritto e Giustizia)
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