Legittimo il sistema installato nelle parti comuni di un immobile ad uso abitativo per garantire la sicurezza e la tutela di persone e beni

Redazione scientifica
20 Febbraio 2020

La Corte di Giustizia UE si pronuncia sulla conformità al diritto comunitario dell'installazione di un sistema di videosorveglianza nelle parti comuni di un immobile ad uso abitativo.

La questione. In Romania, su richiesta di alcuni comproprietari, il condominio approvava l'installazione di telecamere di sorveglianza nell'immobile stesso. In esecuzione di tale decisione, venivano installate tre telecamere di sorveglianza in alcune parti comuni dell'immobile: la prima orientata verso la facciata dell'immobile, la seconda e la terza telecamera installate, rispettivamente, nell'atrio del piano terra e nell'ascensore dell'immobile. A tal proposito, uno dei condomini si era opposto all'installazione a motivo del fatto che esso costituiva una violazione del diritto al rispetto della vita privata. Di conseguenza, il condomino aveva adito il Tribunale al fine di ingiungere all'associazione dei comproprietari la rimozione delle telecamere.

Il rinvio. Il Tribunale adito, investito della decisione, sospese il procedimento e, mediante rinvio alla Corte di Giustizia UE, aveva posto l'interrogativo se era possibile utilizzare la videosorveglianza per garantire la sicurezza e la tutela delle persone, dei beni e dei valori e per la realizzazione di legittimi interessi, senza il consenso della persona interessata.

La soluzione della Corte di Giustizia UE. Secondo i giudici europei,l'art. 6, par. 1, lett. c, e l'art. 7, lett. f, direttiva n. 95/46, letti alla luce degli artt. 7 e 8 della Carta di Nizza, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a disposizioni nazionali, le quali autorizzino la messa in opera di un sistema di videosorveglianza, installato nelle parti comuni di un immobile ad uso abitativo, al fine di perseguire legittimi interessi consistenti nel garantire la sicurezza e la tutela delle persone e dei beni, senza il consenso delle persone interessate, qualora il trattamento di dati personali effettuato mediante il sistema di videosorveglianza in parola soddisfi le condizioni enunciate nel succitato art. 7, lett. f, direttiva n. 95/46, aspetto questo la cui verifica incombe al giudice del rinvio.

In conclusione. il giudice del rinvio dovrà verificare se il legittimo interesse del trattamento dei dati perseguito mediante la videosorveglianza controversa non possa ragionevolmente essere raggiunto in modo altrettanto efficace mediante altri mezzi meno pregiudizievoli per le libertà e i diritti fondamentali delle persone interessate.